Racconti

30 e non sentirli

Di Massimo Zelli pubblicato il 15/05/11

La polizia è ferma a bordo strada con dei ragazzi, stanno facendo un controllo.
Io ho la macchina carica di robba da pesca e non mi filano proprio mentre passo ai sessanta all’ora ... o no? Come non detto. S’alza la paletta e: "patente e libretto per favore"  e poi "dovrebbe soffiare qui, grazie". Non ci posso credere, stavolta m’hanno beccato, passano i secondi più lunghi della mia vita prima di sentire: "E’ andata bene stavolta, può andare"

Faccio per accendere la macchina e l’agente: "ma lei scusi, ha l’abitudine di far colazione col gin-lemon?" Li per lì, non m’ero reso conto di puzzare ancora come una distilleria e, ovviamente, tutta la macchina puzzava, così il tipo aveva mangiato la foglia. Non rispondo alla provocazione, saluto educatamente, lo mando al diavolo, tra me e me,  mi rimetto in auto e parto. Il ronzio sornione del mille e sei benzina pare il suono più bello del mondo, il pensiero di non poterlo ascoltare per un tempo più o meno lungo, con tutto quel che ci va dietro, m’ha fatto "cagare" sotto. Vorrei abbracciarlo quel piccolo motore che ronza inconsapevole della sua grande utilità. Stanotte ho tirato dritto, mi sono alzato alle 6 di venerdì, ho lavorato fine alle 7 di sera,  sono andato in palestra fino alle 9, sono stato con Sara dalle 10 alle 4: mi sono ammazzato di sigarette, di  gin lemon e ... di Sara. Non ne posso più di tutte e tre  e alle 5 di sabato mattina, decido che questo lungo venerdì è ora che finisca.

Quando  rimetto piede in casa, trovo i gatti svegli. Hanno sempre fame loro. Hanno sempre una scusa per venirti vicino, darsi una strusciata, chiederti da mangiare ed io, che fondamentalmente sono uno dal cuore tenero, li accontento. Tanto ho già deciso che mi rivedranno stasera, in un modo o nell’altro. Non c’è pericolo che mangino troppo. Mi siedo sul letto e faccio per togliermi le scarpe ma, l’attrattiva verso il cuscino non è delle migliori: quando una giornata t’ha fatto vivere troppo si fa una grossa fatica a spegnersi. Resterei di certo per un paio d’ore ficcato nel letto a girarmi e rigirarmi come una cotoletta, ripensando ad oggi. Soprattutto alle ultime ore. Oramai è qualche mese che giro a questi ritmi tra alti e bassi. In linea di massima sto facendo a 30 anni quello che non ho fatto tra 20 e 30, quindi, finchè la pompa spinge, facciamola spingere. E comunque a 30 è più bello.

I vestiti da pesca sono li, piegati in ordine su una sedia. "E se mi infilassi questi al posto del pigiama?" "Massì! Perchè no?". Mi do una sciacquata al viso. Non ho sonno per nulla. Ho semplicemente voglia di togliermi gli odori della notte di dosso: quell’appiccicaticcio da nicotina ed alcool, mi dispiace solo... per Sara.  Il suo odore mi piace molto, ci penso ancora un attimo prima di lavarmi la faccia poi, un barlume di lucidità mi prende e tuffo il viso nell’acqua gelata.

Qualche minuto dopo sono col culo sul sedile, direzione “il fiume”, ancora un po’ alticcio, io, non il fiume. Il fiume è in condizioni perfette, quanto a me, sono sano abbastanza da guidare. E anche la polizia la pensa così e se va bene a loro, va bene a tutti. Anche se oggi erano più simpatici del dovuto.
 
Il giallo dei lampioni sull’asfalto ed il nero delle zone buie si intervallano. Pare di camminare sulla schiena di una tigre ... giallo, nero, poi giallo, poi nero , poi giallo, poi ... quel bar sulla strada,  sembra vivo a sufficenza: è giallo quel bar. Non so se la tigre ce l’ho addosso e voglio liberarla oppure se sono io la tigre. Potrei persino essere il cacciatore. So soltanto che in questo periodo della mia vita non me ne frega poi molto di capire chi sono. Ho solo una gran voglia di prendere le cose come vengono, di vivere gli eventi, non voglio lasciarmi vivere da loro.

Se le emozioni le ho dentro, se sono io le mie emozioni o se soltanto devo andarne a caccia, sono argomenti di studio da filosofi. Ed io adesso, voglio un cappuccio, una pasta e una lucky strike e ... che si faccia fottere anche la tigre.  Fermo la macchina nel mezzo del safari e scendo. M’accosto al bancone in silenzio, m’avvicino sotto vento e con passo felpato, ben altro tipo di tigre è nascosta dietro di esso.  Chiedo un cappuccio e una pasta. Sbadiglia sorniona lei, un esemplare d’una certa bellezza, è più sui quaranta che sui trenta. Ha un aria assonnata e felina lei, quella di chi ha dormito poco ma bene, un po’ come fanno i gatti. Non c’è nessuno, mi sorride e mi chiede  "dove vai bel pescatore?"

Le chiedo se ce l’ho scritto in fronte che vado a pescare, lei annuisce ed io ... calco la mano: "sono a caccia questa mattina, vuoi partecipare? Come preda intendo" M’aspettavo qualcosa di gentile tipo: "vai in quel posto" or something similar... Si limita semplicemente ad un "perchè no, non ho molto di meglio da fare ora". La tengo nel mirino mentre sorseggio un cappuccio, quello si, fatto davvero male, si vede proprio che ha sonno. Un cappuccio del genere non te lo servono manco in autogrill all’ora di punta. E si che ho bevuto cose atroci negli autogrill.

Sto per sparare ... un bel sorriso, mentre penso a come “farla secca” ma il telefono mi distrae. C’è qualcun’altro oltre me che non dorme. E’ il presidente. Vuole sapere se domani gareggio. Rispondo che "se c’arrivo a domani ci sono". Il messaggio di risposta arriva quasi in contemporanea: "Lasciale stare!!! Ti fa male cominci ad avere un età!!" Sgancio l’otturatore, rimetto nel fodero il fucile e mi congedo con un "ti verrò a trovare un’altra volta" e poi "tanto t’ho presa tigre". Mi guarda storto. Parecchio storto. Stavolta si. Mi guarda come se davvero volesse dire "ma cosa vuoi da me?"

Per un attimo la tensione si fa tangibile, io sono consapevole della “licenza poetica” azzardata, diciamo pure usurpata. Lei non si fa capace di cotanta faccia di bronzo, è imbarazzata ed io, mantengo lo sguardo fisso su di lei, serio e ammiccante. Si ce la faccio a guardarla, pur avendo platealmente pisciato fuori dal vaso, senza sudare ne diventare rosso. Con la stanchezza che ho addosso, diventare rosso è proprio lì’ultima cosa che potrei fare. Poi però, lei si scioglie un attimo. La tensione cala. Cede alla curiosità lei  e mi fà: "Allora sei un cacciatore e non un pescatore?"

Sta volta il sorriso glielo sparo, al volo di stoccata, tanto oramai sono sulla porta.
Ci resterà un po’ male che vado via così, pazienza. Poi le canne in macchina diventano gelose e poi quando si va a pescare, si va a pescare. Faccio ancora 10 minuti di strada e mi fermo dal panettiere, non ho fame. Non ho mai fame mentre pesco, è quindici anni che è così, con mezzo frigo di birre ghiacciate posso tirare avanti tutta la giornata. Oggi ne ho tre, ben fredde: le faremo bastare. Non mi trattengo molto oggi. Debbo soltanto comprare del cibo per altre tigri. Quelle tigri si che le conosco bene. La mia dimestichezza con la gnocca è di livello piuttosto normale e qualche “vaffa” lo rimedio spesso, con i cavedani invece,   me la cavo egregiamente, mi ci mandano meno a fare in culo. Quelle tigri si, sono gialle ed hanno la schiena nera.

"Se passa qualcuno gli dico che vado “a tigri” anzi che a cavedani" Penso tra me e me.

"Può darsi che mi prenda per matto"
"Almeno non mi domanda che cazzo è un cavedano"
"E’ ogni volta la stessa storia"
Oramai ho preso a rispondere a quegli incauti che si fermano a domandare che "sono merluzzi" Almeno nessuno fa domande. Tutti sanno cos’è un merluzzo. Un cucciolo di merlo o no? Forse no. Quasi nessuno sa che se la pazia ha il nome di un pesce questo nome è cavedano, si, il pesce dagli occhi gialli. Un pescatore di cavedani deve avere una mente matematica e logica, si perchè solo quando conosci ciò che è logico puoi addentrarti nei meandri dell’illoggico e dell’irrazionale, tocca essere dei bei matti per giocare con i cavedani. Ho sempre pensato che uno più è matto, più è suonato come una campana, più sti pesci li capisce.


L’esistere è fatto di equilibri fragili che mutano alla velocità  con cui viviamo ma esistere non è vivere. Vivere è buttarsi nel letto sfiniti e soddisfatti proprio perchè abbiamo vissuto. E scusate, ma era un pezzo che non vivevo, non ai miei livelli, non come si confà ad uno che dentro ha l’argento vivo, come un cavedano. Anzi no, quelli ce l’anno fuori l’argento.

L’equilibrio del momento manca di una stabilità affettiva vera, ma forse, è molto meglio così per me. Almeno adesso lo è. E’ soltanto imparando quanto stiamo bene con noi stessi che possiamo pesare bene il valore di chi avrà l’occasione di starci vicino. Si "l’occasione" perchè dovrà ritenersi fortunata quella persona ed al contempo speciale. A volte un po’ di sano autocompiacimento rafforza l’autostima, è positivo.

Come ora, la fiammata arriva nettissima, non può avvicinarsi al fuoco senza bruciarsi le dita  ed infatti.
Un quarto di secondo dopo la 180 è piegata a bestia. Quel vecchio pazzo, che tira sbattendo il muso e bestemiando, tra i sassi e le alghe del fondo, c’è rimasto arrosto come un pollo nel trovarmi sveglio e frizzante alla prima passata. Forse s’aspettava che dormissi ... e invece sono vivo. Peso e fotografia e poi via in acqua senza nassa. Il fiume qui è largo abbastanza da non risentire di tali comportamenti inoltre, sto pescando a 25 metri da riva. Non c’è possibilità che faccia dei danni spostandomi il branco. Anzi, da come vomitava, il marrano, direi che il fornaio ha fatto davvero un ottimo lavoro... la pastura s’apre che è una bellezza e lui aveva la bocca murata.

Reinnesco un fiocchetto di pane, l’amo è un 229 del 20 ad occhiello e la lenza oggi è “una lenza alla Sandro”. L’acqua va per 10 grammi, io ho messo un 4: torpille secca e 10 pallini del 7. Il tutto in non più di 50 cm tra piombo ed amo. La seconda passata è un’altra fiammata.

Questo sistema di pesca mi rilassa, una volta che si è fatto il fondo con 10 palle ci si deve concentrare solo sulla passata. Alla pastura ci si ripensa quando smette di mangiare. I cavedani sono rabbiosi nelle loro sfuriate. Diventano permalosi se li pungi sul vivo. Quando la mangiata è molto franca, come adesso,  significa che cadono nel tranello con tutte le scarpe. Sono tutto agganciati bene sul labbro superiore, devo usare lo slamatore ad ogni giro. L’incredibile semplicità del pane: se ci fosse sandro avrebbe i lacrimoni vedendomi pescare in questo modo. Altro giro: lancio 7-8 metri contro corrente, da un colpetto alla lenza per stenderla con la punta a valle. Chiudo l’archetto e lascio sfilare la lenza finchè non arriva a 4 metri dal punto x poi, recupero, metto in tiro e passo con una trattenuta leggera. L’antenna guarda appena monte, immaggino il fiocchetto che passa come una foglia portata dal vento in autunno, gira con le altre nel turbine e ... sbam!    10 cavedani dopo, il pesce pare impazzito. Fallisco la prima mangiata del giorno ma quel ti-tic lo conosco bene.  Allugo appena un po’ il fondo per poggiare 5 cm di finale.  Ti-tic e ... C’è!

Scarta lateralmente mitragliando per cercare di salire in superfice. Non è un pesce grosso ma lo perdo di certo  se non metto la punta in acqua. Lo riporto alla ragione, la 180 gli sussurra amorevoli parole con la cima ed io mi sento tranquillo con un finale del 10. So di chi si tratta ma per scaramanzia sto zitto, qui hanno una propensione particolare a slamarsi... loro. Quando la boccuccia quadrata esce dall’acqua non ho più dubbi. La prima savetta arriva al coppo alle 9:00, la seconda alle 12:00. Nel frattempo mi tocca contentare di 4 scardole. Pesci bellissimi, livrea integra e corpo muscoloso. Pesci da mezzo kg ai 7 etti. Ad averne di fiumi con questi pesci. Ah si, dimenticavo,  ho preso anche 30 cavedani in mezzo a quelle due savette. In macchina, sulla via di casa, il tratteggio bianco della striscia sembra l’affondata di quei cavedani.

Ne conto 30 direi che bastano. Cerco di non pensare a nulla, avere pensieri troppo complessi e troppo stupidi al tempo stesso siginifica che il colpo di sonno è in agguato. Trovo un area di servizio con un pelo d’ombra. Non posso procedere in questo modo, rischio davvero che non arrivi a casa sveglio. Dormirò una mezz’oretta e poi riprenderò la via di casa... Suona il telefono. E’ Daniela.

"A che ora passi a prendermi?"  Io sono in stato comatoso, ho le ossa rotte , un cerchio alla testa che pare mi abbiano messo una bicicletta per cravatta. Le chiedo:"perchè che ore sono?" "Sono le 8..."
 Me lo rivedo davanti quello “sbam” della ferrata. Sono io quello preso adesso. Cavolo che dormita!!! Su cervello! Forza! Ce la puoi fare! Pensa a qualcosa di intelligente da dire! Veloce!

 "Daniela" pausa di ricca di charme e significato "Non avevamo appuntamente alle 8 e 30?"

Detto fatto. Forse un premio nobel avrebbe potuto fare di meglio? Non lo sapremo mai. "A si? Ok forse mi sono sbagliata". Riaggancio. Mezz’ora per fare 10 Km, una doccia, scaricare la macchina.
Si! Ce la possiamo fare!  E poi,  c’è sempre la tolleranza di progetto anche se arrivo alle 9:00 chi se ne accorge? Ecco! Ho ricominciato a pensare cavolate. Significa che il sonno non m’è passato. Sarà meglio che mi dia una svegliata.

PS  i 30 li faccio il 12 agosto, questi li considero il mio personale regalo in anticipo e... buona vita a tutti.

PPS un grazie particolare a chi mi ha detto “ quando si chiude una porta s’apre un portone...”  parole sante amico mio.


FacebookTwitterGoogle+Invia per email

Collabora


Ti potrebbero interessare anche: