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A lezione di Storia della Pesca con Piscor:

Di redazione pubblicato il 22/04/21

 A lezione di Storia della Pesca con Piscor: Dal bambù alle fibre innovative, l’evoluzione darwiniana della canna da pesca by Tubertini.

E’ dall’alba dei tempi, precisamente dalla preistoria, che l’uomo si ingegna per catturare e nutrirsi di pesce, in principio l’ausilio primario dell’essere umano per pescare le creature ittiche era rappresentato dalle nude mani o tuttalpiù da rudimentali fiocine.

Con l’avvento dell’età antica fecero la loro apparizione le reti, intrecciate con fibre vegetali resistenti ed immergibili in acqua; le popolazioni antiche, come greci e romani, furono degne rappresentanti della pratica di tale tipologia di pesca.

Durante l’alto medioevo apparvero in oriente i primi esempi di canna da pesca, costituita da un fusto di Bambù, arbusto molto flessibile, che veniva essiccato al sole ed alla cui estremità veniva allacciato un filamento vegetale (o talvolta dei crini di cavallo intrecciati) terminante con un grossolano uncino (il progenitore dell’amo).

Col passare dei secoli si consolidò sempre più la convinzione che la canna da pesca fosse l’attrezzo ideale per poter praticare la pesca indirizzata a soddisfare il fabbisogno giornaliero di pesce del singolo (per la pesca intensiva invece le reti non sono state mai dismesse nel corso di due millenni) e l’uomo - pescatore iniziò a partorire nuove idee per quel che concerne l’impiego di materiali per realizzare canne da pesca.

 La comparsa di materiali sintetici verso la meta del XX Secolo ha coinvolto anche il mondo (allora ancora essenzialmente acerbo) della pesca, e le canne hanno iniziato ad essere munite di anelli in metallo (in alcuni casi) e costruite in un materiale derivante dalla fibra di vetro, chiamato resina fenolica o più semplicemente fenolo.

E’ comunque con l’introduzione del carbonio (elemento chimico presente in natura soprattutto nella grafite) nella realizzazione delle canne da pesca che queste ultime raggiungono quella “dimensione” definitiva di attrezzo ufficiale, indispensabile per poter pescare pesci, con efficienza e profitto massimi.

L’impiego del carbonio nella costruzione delle canne vede tra i pionieri l’azienda Tubertini di Bazzano (BO); la realtà imprenditoriale emiliana, sapientemente guidata da Gabriele Tubertini, è infatti tra le prime, nel panorama nazionale, a comprendere in pieno l’importanza dell’impiego di tale elemento chimico nella realizzazione delle canne, tanto da sperimentare sempre nuove formule di commistione del carbonio con le resine che costituiscono il fusto, fino ad arrivare al capolavoro assoluto targato Tubertini con l’introduzione della ben nota tecnologia R18.

 E’ questa una combine finemente studiata di resine e carbonio, capace di conferire alle canne standard di leggerezza, flessibilità ed allo stesso tempo potenza, mai dimostrati in precedenza.

Oggigiorno il materiale R18 è presente nelle migliori canne da pesca di Tubertini, dalla tradizionale bolognese alle canne da barca, dalle canne da spinning Seika alle canne fisse e canne roubasienne, decretando di fatto l’avvenuta evoluzione darwiniana della “specie” canna da pesca, ammesso che, nel mondo frenetico ed in continua crescita in cui viviamo, non vengano fuori altri materiali ancora più innovativi per le canne da pesca del futuro.


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