Itinerari Italia

A Cavedani sull'Oglio

Di Mauro De Simone & Gianprimo Bonassi pubblicato il 21/06/11

Il fiume Oglio, nel tratto compreso dalla sua uscita dal Lago d’Iseo fino all’abitato di Urago, nella bassa Padania, ospita cavedani bellissimi che aspettano solo di essere pescati. Le dimensioni medie dei pinnuti qui presenti sono davvero notevoli, ma a causa della limpidezza e trasparenza delle acque, non è affatto facile riuscire a stanare uno di questi grossi mammalucchi fluviali. Per aumentare le probabilità di successo, in questa uscita ci siamo affidati ai consigli esperti ed alla rassicurante compagnia di Gianprimo Bonassi, che queste acque le conosce come le sue tasche, essendo non solo un accanito appassionato del cavedano padano, ma anche titolare del negozio di pesca ed articoli sportivi di Cividate al Piano, dove ha modo con i suoi fedeli clienti, report dopo report, di sapere  esattamente dove e come mangiano i branchi di cavedani, quali sono i periodi migliori e le tecniche più catturanti, stagione dopo stagione.

Per questa uscita siamo andati a bagnare la lenza proprio nel tratto di Cividate, soprannominato “al Santuario” per la presenza di una caratteristica chiesetta storica, posizionata proprio vicino al fiume. Qui i pesci ci sono, tutti belli e di dimensioni davvero ragguardevoli. Oltre agli omnipresenti cavedani, si possono pescare anche barbi e carpe di tutto rispetto, ma noi ovviamente abbiamo preferito dedicarci completamente alla ricerca dello Squalus, che con la sua vista attenta e modi circospetti è davvero difficile da stanare e quindi più gratificante da un punto di vista qualitativo.

Le caratteristiche dell’ Oglio in questa zona sono quelle del grande fiume di pianura, con corrente costante ed anche abbastanza sostenuta, soprattutto quando è da qualche giorno che piove. A Cividate, l’ Oglio si incanala verso una diga e quindi viene delimitato da due argini in cemento, da cui è molto comodo e facile pescare, ma dove e’ anche pericoloso sostare a causa della profondità elevata dell’ acqua, che qui arriva anche fino a 4-5 metri. Qualche centinaio di metri più a monte invece, le sponde sono quelle classiche con prismata, ben alberate e facili da raggiungere, con comodi sentierini da ambo le parti che conducono alle postazioni migliori da cui lanciare. Le tecnica di pesca per il cavedano più produttiva in queste acque e’ ovviamente quella della pesca a passata, effettuata con canne bolognesi di 6-7-8 metri, molto leggere e sensibili, abbinate ad una montatura a scalare con galleggianti da 2 a 4 grammi di portata, in base al fatto che si peschi molto vicino alla sponda, oppure più distante ed in mezzo al correntone principale.

La passata al cavedano dell’ Oglio si effettua sempre applicando un’ azione di trattenuta “esasperata”, per meglio presentare l’ esca facendola arrivare proprio davanti al naso del ciprinide. Preferibile un finale piuttosto lungo e sottile; 60 centimetri almeno, dello 0,08 vanno benissimo con acque limpide. Si può salire fino ad uno 0,10 invece quando la dimensione liquida e’ più torbida, a causa di un rovescio temporalesco estivo. Per effettuare una passata estremamente produttiva, e’ necessario condurre la lenza proprio nel punto esatto dove si e’ lanciata la pastura. Così facendo si possono concentrare i cavedani sotto alla canna, lungo la traiettoria di discesa della montatura verso valle. Come pastura vanno benissimo i bigattini, obbligatoriamente di colore bianco, i preferiti dal cavedano “doc”, oppure anche delle palle di sfarinato mai però troppo pesante, addolcito con dei fiocchi di pane triturati finemente. Si tratta semplicemente di frustare la lenza ad una decina di metri più in su rispetto al punto esatto dove e’ stata lanciata la pastura, ed attendere così che l’ astina del galleggiante vi entri in pesca.

La montatura deve scendere con la corrente ad un inclinazione di circa 80°, quindi non verticale ma leggermente obliqua. Il galleggiante, per meglio segnalare l’ abboccata, deve essere tarato quasi completamente, poichè sarà l’ azione di trattenuta stessa a far fuoriuscire dall’ acqua l’ astina quel tanto che basta per segnalare con tempismo l’ affondamento della lenza. Come zavorra preferibile una scalare, cioè una piccola torpille che concentra il peso in un punto, seguita da numerosi altri pallini a distanza sempre crescente, fino a tarare completamente la portata del sughero. Il segnale di assaggio dei cavedani dell’Oglio è sempre improvviso e decisamente non facile da ferrare. Questi furbissimi cavedanacci semplicemente si limitano a schiacciare la coda dei bigattini con le labbra, cercando di evitare il più possibile di inghiottire anche l’ amo e quindi numerose ferrate vanno a vuoto. Quando però arriva il cavedano da oltre un chilo, ed estremamente affamato che si porta dietro tutta la montatura, allora è il momento buono per far penetrare a fondo l’amo, proprio nella gola del malcapitato assaggiatore. Subito dopo una ferrata produttiva al fulmicotone, il cavedano sa di essere stato scoperto e fa piegare improvvisamente l’ intero vettino della canna, cercando di scappare proprio verso la porzione centrale del fiume e tirando così fuori di bobina decine e decine di metri di filo prezioso.

La battaglia con un cavedano di taglia può durare anche una ventina di minuti; pescando con monofili leggeri è infatti doveroso combatterlo in maniera estremamente plastica e delicata, per evitare la rottura del finale quando meno ce lo aspettiamo. A volte può capitare che durante le fasi finali del duello il cavedano tenti di direzionarsi verso riva, intrufolandosi con il muso proprio tra le alghe oppure tra le fronde semisommerse di qualche cespuglio ripario, con la speranza di far incagliare la lenza. Doveroso in questi casi giocare di bolo, operando con rapide variazioni

dell’ inclinazione della canna per trainare il pinnuto dalla parte opposta di dove intende dirigersi, anticipando così le sue mosse e giocando di “prevenzione”. Per cercare ed agganciare i grossi cavedani dell’ Oglio, non sempre e’ necessario lanciare proprio in mezzo al fiume. Spesso infatti i bestioni più belli se ne stanno in agguato nel sotto riva. La maggior parte delle sponde del fiume e’ in questo tratto rivestita da lunghe alghe filamentose che costituiscono un ottimo rifugio per i branchi di cavedani, che qui trovano riparo e al tempo stesso una facile postazione per attaccare ed assaggiare tutto quello che viene depositato dalla corrente. Per cercare il cavedano “ripario” si deve in questi casi pescare si a passata, ma esercitando un’ azione di pesca “quasi ferma”, lanciando in corrente per poi trainare la passata principalmente con la trattenuta, fino a far depositare sul fondale la lenza ed aspettare così l’ abbocco. Un’altra tecnica che funziona bene per il cavedano e’ ovviamente la pesca a fondo con pasturatore, cioè il ledgering, che permette di liberare proprio vicino all’ amo un gran numero di esche, tra cui si cela anche l’ insidia vincolata. Con il ledgering però non tutte le postazioni vanno bene. Bisogna cercare di lanciare il tutto in un punto dove il fondale e’ particolarmente sgombro da ostacoli, meglio inoltre se privo di alghe che altrimenti si aggancerebbero all’ amo. Riguardo all’ attrezzatura necessaria ricordiamo ovviamente tutti quegli accessori che ci permettono lunghi e soprattutto “comodi” spostamenti a piedi. Spesso infatti per raggiungere i posti migliori e’ necessario percorrere anche un paio di chilometri, tra vegetazione difficile e sentieri isolati. Quindi un utilissimo fodero da portare a tracolla e dove riporre tutte le canne, oltre che ad una borsa sufficientemente capiente ed a pareti rigide dove deporre l’ attrezzatura da pesca sono assolutamente necessari. Inoltre una lunga nassa (vedi foto) ad anelli multipli ed un altrettanto lungo guadino, ci permettono di salpare la cattura in totale comodità e soprattutto di conservare vive tutto il bottino per l’ immancabile foto ricordo di fine giornata prima del rilascio.

A chi volesse ricevere più informazioni sull’ itinerario descritto in questo articolo, suggeriamo di rivolgersi direttamente a Gianprimo, magari facendogli una visitina al suo negozio di “Cividat” (in dialetto Bergamasco), dove sarà lieto di consigliarvi le “hot zones” migliori ed i punti del fiume più produttivi e favorevoli, dove trovare i bellissimi cavedani dell’ Oglio non sarà affatto difficile.

per info http://www.bonassipesca.it


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