Tecniche

A passata con la sei metri

Di di Mauro De Simone & Gianprimo Bonassi pubblicato il 26/11/15

LA PESCA A PASSATA SUL FIUME E’ UNA DELLE TECNICHE PIU’ DIFFICILI ED IMPEGANTIVE IN ASSOLUTO, SOPRATTUTTO QUANDO SI TENTANO CAVEDANELLI FURBISSIMI DI MEDIE DIMENSIONI IN ACQUE LIMPIDE E CRISTALLINE, PROPRIO COME QUELLE DEL MEDIO TRATTO DEL FIUME OGLIO.

 PER OTTENERE OTTIMI RISULTATI, ANCHE IN CONDIZIONI DI PESCA NON OTTIMALI, QUANDO CIOE’ I PESCI DI MANGIARE NON NE VOGLIONO SAPERE, OCCORRE PESCARE FINO, SCENDENDO NEL DIAMETRO SCELTO COME FINALE E RIDUCENDO IL PIU’ POSSIBILE IL SIZE DELL’ UNCINO FERRANTE.

 L’ AVVERSARIO

Il cavedano, quello di 300-400 grammi in particolare, è uno degli avversari più difficili, schivi e sospettosi in assoluto, soprattutto quando lo si ricerca con la tecnica della passata fluviale. Il motivo di una tale diffidenza si spiega principalmente con la proverbiale astuzia tipica di codesto ciprinide, aumentata in modo speciale dalla sua vista acutissima, che lo rende una cattura imprevedibile, sospettosissima e da tentare solamente con lenze leggerissime e calibratissime. Nelle acque del fiume Oglio, non si può certo dire che il Leuciscus cephalus non abbondi; la dimensione liquida che esce dal bacino del Lago d’ Iseo, offre acque ancora pulite, profonde, parzialmente incontaminate e particolarmente protette, luogo ideale quindi per la riproduzione in massa del ciprinide. Le acque di questo corso d’ acqua padano medio-grande ci offrono la possibilità di effettuare un numero illimitato di catture, soprattutto quando si ricerca il ciprinide in tratti di fiume particolarmente profondi e popolosi. La canna migliore, ed oserei dire universale, per questo fine è appunto la bolognese di 6 metri; una lunghezza questa non troppo corta che ci permette di ferrare sul pinnuto passando con il galleggiante proprio in mezzo al fiume,

e al tempo stesso leggera e scattante a sufficienza, per sferrare ferrate al fulmicotone subitanee ed improvvise, non appena l’ astina del segnalatore ci mostra una leggera titubante incertezza.

 

UNA LENZA PERFETTAMENTE ESATTA

Il cavedano è un pesce molto esigente, che si lascia ferrare solo da lenze costruite alla perfezione, con una distribuzione della zavorra molto morbida per consentire all’ esca di affondare in maniera del tutto naturale, scendendo verso valle proprio come se si trattasse di un invertebrato appena caduto in acqua e libero da ogni vincolo. Tanto più l’ acqua è limpida e tanto maggiore dovrà essere la leggerezza della montatura, a volte scendendo fino a soli 2gr. complessivamente di piombini fissati sul monofilo. Lanciando con la 6 metri ovviamente non sarà facile in simili circostanze far atterrare esattamente il nostro galleggiante proprio dove lo vogliamo, e a tal fine si consiglia di effettuare passate a ripetizione non troppo lontano dal punto in cui ci troviamo, lanciando le palle di pastura anche a soli 7-8 metri di distanza dalla nostra postazione. Pescando vicino, si riesce infatti a gestire meglio l’ intera azione di passata, guidando in particolare la discesa verso valle della montatura con una costante e graduale trattenuta; obbligatoria quest’ ultima per far distendere completamente il finale, facendolo passare a soli 30-50 cm. di distanza dai ciottoli del fondale; proprio sopra le nostre retine e calzette ripiene, fatte affondare per meglio e più efficacemente attirare in zona il branco di piccoli squaletti affamati. La montatura più indicata per applicare con successo questa tecnica nelle acque del fiume Oglio è senza ombra di dubbio quella a scalare, con distanze crescenti tra i piombini più ci si avvicina all’ amo, lasciando almeno 30 centimetri di svolazzo libero ma anche fino a 40 o 50 durante il periodo invernale, quando cioè la limpidezza del liquido aumenta. L’ amo da cavedano non deve mai superare il numero 18, scendendo anche fino ad un #22 (o nei casi più difficili ad un #24) quando i nostri avversari si dimostrano davvero pigri e schizzinosi; come terminale, uno spezzone di 0,08 va benissimo per la maggior parte dei cavedanelli, anche se si può salire fino ad uno 0,10 quando arrivano sotto canna i mammalucchi più grandi o magari anche qualche bel barbetto invernale.

 

FERRATE IN TRATTENUTA E CHE NON PERDONANO !

Il segreto principale dell’ intera azione di pesca, quando si opera di bolo, è appunto riuscire a sferrare la più subitanea ferrata in trattenuta. Il cavedano infatti ci “ruba” l’ esca, cioè la assaggia aspirandola, proprio nella fase finale della passata, quando il pescatore applica una costante e graduale trattenuta alla lenza, per far “svolazzare” ad una trentina di centimetri dal fondale il succoso boccone vincolato. Per una trattenuta da manuale, quando si concede filo per allungare la discesa del sughero verso valle, occorre regolarne la fuoriuscita proprio con il dito indice, pressandolo di volta in volta contro il rotore del mulinello per fermare il filo all’ occorrenza, qualora questo fuoriuscisse troppo velocemente dalla bobina. Bisogna inoltre utilizzare il vettino della canna a nostro favore, muovendolo come la punta di una spada, per mantenere in costante assetto verticale l’ astina del galleggiante, inclinandola leggermente verso monte. 

 

GALLEGGIANTINI SENSIBILISSIMI

La componente più importante di tutta la montatura, quando si ricerca l’ astuto cavedano, è senza alcun ombra di dubbio, il segnalatore di abbocco. Per il cavedano si devono scegliere galleggiantini molto sensibili, con un astina ben colorata e chiaramente visibile mentre scende verso valle proprio sul filo della corrente, e quindi capaci di segnalarci anche le toccatine più impercettibili. La toccata del leucisco è talmente leggera e subitanea che spesso non si trasmette fino al sughero, limitandosi ad un semplice rallentamento del segnalatore che così “inclina” il suo orientamento verticale di una decina di gradi appena. Non appena il pescatore avverte che c’ è qualcosa che non va, si consiglia quindi sempre di ferrare prontamente, portando bruscamente il vettino della canna fin dietro la schiena, con un gesto secco ed improvviso; solo così possiamo sperare di agganciare l’ atutissimo ciprinide, pungendolo proprio sul labbro.


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