Racconti

A pesca con gli Dei dell'Olimpo

Di Turci Mauro pubblicato il 05/08/19

Mi lascio alle spalle la solita settimana lavorativa, quella che non vedi l’ora di chiudere non tanto per il lavoro in sé, ma perché ti lascerà la libertà di poter passare un po di tempo con l’amore della vita.

Sveglia alle 3.00, colazione e alle 3.40 sono gia sul posto, niente di meno che con i piedi sopra le rovine della villa imperiale dell’Imperatore romano Nerone, ad Anzio, sul litorale sud di Roma. Una villa mastodontica per estensione, qualche cosa che nemmeno il Trump della situazione potrebbe permettersi, e per mastodontica parlo di una costruzione su un lembo di costa di 200 metri, a strapiombo sul mare... e subito mi soffermo a pensare a cosa poteva ammirare l’Imperatore ad ogni sveglia.

Ok, dopo due pacche sul viso che mi facciano tornare alla realtà, sento il rumore del mare ancora non a vista che mi lascia un po perplesso. La settimana è stata molto soleggiata e con assenza di vento, mi aspettavo un mare piatto, da occhiata e cefalo, tanto da essermi portato un bel po di pastura a base di sarda e bigattini che la sera prima avevo preparato. Prendo le cose dalla macchina e mi affaccio in fretta sul mare.

Nell’oscurità della notte vedo troppo biancore creato dalla schiuma, di colpo svaniscono tutte le preparazioni precedentemente effettuate per l’affronto della giornata alieutica. Decido comunque di percorrere la scogliera che si protrae per una settantina di metri nel mare per raggiungere la punta, dove ho un’altezza d’acqua ottimale per affrontare una battuta di pesca multispecie. Sto surfando la marea crescente, sono le 4.00 e alle 7.20 avrà il culmine di alta, dove potrò contare su una colonna d’acqua di anche 3 metri. Purtroppo i fondali della costa Romana sono perlopiù sabbiosi e bassissimi, sull’ordine dei 40-70 cm anche a 30 metri dalla battigia, ambiente duro per una bolognese (tranne per il periodo autunno/invernale dove la spigola ama scorrazzare anche in 30cm d’acqua),  quindi avere una colonna d’acqua del genere è cosa rara se non si battono spot portuali, spot che evito per via del contatto poco naturale con l’ambiente dovuto alla contaminazione del cemento, e dall’eccessiva quantità di pescatori che mal si conciliano col mio carattere solitario.

Arrivato sulla punta mi accorgo che gli scogli vengono totalmente coperti dal mare durante il movimento di risacca e che ogni 2-3 minuti dovrò combattere con una serie di 3 ondate sulla destra le quali all’impatto con gli scogli generano soffioni d’acqua il doppio più alti di me, il cielo è un po nuvoloso e c’è aria di cambiamento barometrico. La mia inglese 3 pezzi da 4,50mt, mi guarda, quasi per sfida, scalpitante di lanciare e per niente spaventata dall’ambiente ostile.

Trovo sul posto 3 pescatori surfcaster intenti a meditare se rimanere o meno sulla scogliera con ancora l’attrezzatura nel caldo delle borse, ma una grossa ondata li fa desistere in men che non si dica rispedendoli al calduccio del letto e facendomi rimanere solo soletto contro il mare. Amo parecchio l’avventura e l’essere rimasto da solo a sfidare il mare mi fa percorrere un brivido lungo la schiena che mi aiuterà nella decisione di provare quantomeno a fare due lanci. Nell’osservazione del moto ondoso e del suo spumeggiare, mi accorgo di uno scoglietto che, si, viene coperto dall’acqua durante il movimento di risacca, ma che viene per nulla interessato dagli schizzi delle onde, in quanto protetto da un forte vento da sud che evita agli schizzi di raggiungerlo. Ebbene si, stavo assistendo ad uno scontro titanico tra due dei più importanti Dei Greci, da una parte Poseidone, con la volontà di proteggere la sua fauna ittica, e dall’altra Eolo, questa volta clemente col pescatore.

Ho subito approfittato di questo aiuto Divino mettendo praticamente i piedi a mollo sullo scoglietto (l’acqua era caldissima) e iniziando a fare i dovuti preparativi. Cambio immediatamente la lenza di zavorra che avevo costruito per le occhiate, con una più da sarago in quanto con un movimento del mare cosi sostenuto, poteva soltanto essere una la specie in grado di affrontare un moto ondoso del genere, il potente sparide. Eseguo una spallinata di un metro e mezzo partendo con un bulk di taratura e via via aprendo in morbidezza con dei pallini del 6. Il bulk sarà distanziato dal mio galleggiante scorrevole di 3gr da una decina di cm. Termino la mia arma con un finale di 70 cm 0,12 fluorocarbon che possa svolazzare ma non troppo tra i massi sommersi che lo spot mi offre. Inizio a fare dei lanci sotto braccio, sfruttando durante la rotazione della canna il mio amico Eolo, cosi da superare gli scogli fuor d’acqua e posare la mia lenza a 2-3 metri oltre. Questa sarebbe stata la classica situazione da bolognese 7 metri, ma tutto potevo immaginare che trovare un mare cosi agitato. Per fortuna io ed Eolo abbiamo fatto un patto contro Poseidone e quindi riesco a mettere a vela il nylon madre in modo da rimanere alto sugli scogli affioranti e riuscire ad eseguire un’ottima passata tra lo spumeggiare della schiuma.

Passano 2 ore e non si vede abboccata, se non qualche tocca dovuta agli scogli sommersi, ma rimango composto e fiducioso sui miei calcoli in quanto sapevo benissimo di non poter contare sulla presenza delle occhiate, animali notturno/albeggianti, a favore dei saraghi, i quali iniziano ad affacciarsi dalle tane con l’avvento delle prime luci mattutine... Le mie previsioni mi diedero ragione. Alle 6.15 tra un’evitata di bagno ed i piedi sempre zuppi, tiro su il primo sarago, sui 18cm... ringraziando Eolo nel supportarmi, cerco di farmi amico Poseidone ridando libertà allo sparide.

Il tempo di reinnescare il bigattino e lanciare che ecco il secondo affondo. La partenza è sicuramente più allegra rispetto al primo e il mulo inizia a cantare. Come da dna sarago, la puntata è decisa sul fondo con testate ripetitive, sempre alla ricerca di un anfratto dove potersi rintanare e così è stato. Dopo nemmeno un minuto non sento più le testate del pesce, con conseguente rottura del terminale... colpa mia per aver lasciato la frizione troppo blanda.

Corro ai ripari e visto l’andazzo decido per un robusto 0.14 fluorocarbon, forte dell’acqua marroncina molto torbida.

Da qui solo vittorie, tiro su saraghi quasi ogni lancio dovendo cambiare filo solo a causa di abrasioni dovute a volte allo sfregamento del nylon sugli scogli ed altre ai denti del potente sparide. Concludo la giornata con 16 catture di taglie che vanno dai 18 ai 23cm, niente di memorabile se non fosse per la quantità dei pesci, la difficoltà dell’ambiente e la vittoria su Poseidone con la partecipazione del Dio dei venti Eolo. Il tutto sotto l’eco del mare rimbombante sulle facciate dei resti della villa di Nerone.

Si fanno le 8.30 ed è ahimè ora di rincasare a causa di preparativi per un compleanno a pranzo con la famiglia, altrimenti sarei stato ancora in piena pesca e con sotto i piedi un quantitativo di saraghi mai affrontato prima.

Dove molti pescatori hanno desistito, il mio spirito avventuriero ha prevalso... ed è questo l’insegnamento più importante che porto a casa, studiare lo spot, le condizioni e adattarci le nostre competenze.

Ovvio, questa volta è andata cosi, altre volte ho perso miseramente, ma almeno bisogna provarci, per imparare.


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