Tecniche

A tutta ninfa...

Di Stefano Lucacchini pubblicato il 30/01/13

 

 

 

 

Ancor oggi alcuni pescatori, affezionati esclusivamente e solamente alla dry fly, considerano la pesca a ninfa una sorta di pesca al tocco, da non annoverare quindi nella nobile arte della pesca a mosca. Io vivo la pesca in maniera completamente diversa, amo la pesca a mosca sperimentandola in tutte le sue sfaccettature, cercando di catturare con la mia attrezzatura e con imitazioni ogni specie ittica possibile, non limitandomi esclusivamente all’insetto alato, scendendo quindi sotto la superficie con ninfe,  sommerse e streamer insidiando i pesci sia in freshwater che in saltwater, una visione a 360° della pesca con la coda di topo. Ovviamente la pesca a secca, specialmente su bollata e quindi a vista, ha un fascino tutto particolare, capace di offrirti il massimo delle sensazioni, assistendo in diretta a tutte le fasi della cattura, ma purtroppo il fiume ha i suoi ritmi, le schiuse sono in atto solamente in alcuni momenti della giornata e se non vogliamo stare seduti su una pietra ad osservare l’acqua e l’ambiente naturale nell’attesa di assistere a quei magici cerchi d’acqua,  dobbiamo variare le nostre tecniche. I pesci non si cibano solamente in superficie, ma la maggior parte del tempo mangiano al di sotto di essa, ed è per questo che oggi andremo ad analizzare la tecnica della pesca con la ninfa, esaminando nello specifico attrezzature, tecniche ed artificiali, in modo da poter dare un aiuto a chi volesse avvicinarsi ad essa. Per far questo mi sono avvalso dell’aiuto di un grande pescatore Aldo Silva che, oltre a praticare da  parecchi anni quasi ed esclusivamente questa tecnica,  è titolare della Modern Fly,  famosa per la produzione di canne specifiche per la pesca a mosca.

 

 Attrezzatura   

 

Inizialmente il Pam cercava una canna all-around, che gli permettesse perciò di pescare in tutte le tecniche, ma naturalmente non sarà mai un attrezzo specifico, e se vogliamo affrontare la ninfa seriamente non possiamo avvalerci di una 8’ o di 8’6”, sarà sempre un compromesso, e non svilupperemo mai a pieno le potenzialità di questa tecnica molto catturante. I fattori che ci portano ad utilizzare canne che vanno dai 9’6” fino ai 10’6” ed oltre sono molteplici, prima di tutto il fatto che questi attrezzi ci permettono di utilizzare code leggere, utili per avere una maggiore e più veloce penetrazione nell’ acqua,  infatti, nella maggior parte dei casi, con queste  attrezzature utilizzeremo code DT che vanno dal numero 2 fino al numero 4, non avendo bisogno, come di sovente veniva usato in passato, di code più pesanti che vanno dalla 5 a salire o addirittura con profili WF, tutto ciò è dovuto al fatto che avremo a disposizione una leva molto più lunga, e non dovremmo sforzarci molto per proiettare la nostra imitazione nel punto prescelto, basterà infatti rollare la coda che saremo immediatamente in pesca. Altro fattore che mi ha portato ad utilizzare una 10’6” per coda quattro è il maggior controllo degli artificiali durante l’azione di pesca,consentendoci di pescare a poca distanza dall’apicale della canna, o a volte al di sotto di quest’ultimo,   questo ci permette di avere un contatto diretto con le ninfe che lavorano al disotto della superficie dandoci la possibilità di percepire come sta lavorando la ninfa ma sopratutto di farla scendere , senza essere trascinata,  come farebbe in maniera fisiologica un insetto, tutto ciò  rende ancora più adescante e naturale la nostra imitazione. L’avvicinarsi di parecchi adepti a questa tecnica ha permesso ad alcune aziende, come la Modern Fly, unica in Italia, di sviluppare canne specifiche, aiutata anche dalla tecnologia, infatti in passato un attrezzo del genere sarebbe stato troppo pesante e stancante in azione di pesca.  Una 10’6” di ultima generazione, la canna che uso solitamente nelle mie uscite a ninfa, oltre ad essere perfettamente bilanciata pesa solamente 103 grammi permettendomi di affrontare un’intera sessione di pesca senza in alcun modo affaticarmi. Altra caratteristica essenziale che contraddistingue queste canne, volte all’utilizzo di code leggere ,è il fatto di non essere estremamente rigide, infatti useremo dei finali, che in seguito analizzeremo nello specifico, con tippet dello 0,12 – 0,10 che oltre ad avere una minor visibilità da parte del pesce, permetteranno grazie al loro diametro contenuto di offrire maggiore penetrabilità nell’elemento acqua, ed anche una minor resistenza  alla corrente, fattore che ci permetterà di poter usare zavorre molto più leggere, a tutto vantaggio della presentazione naturale delle nostre ninfe, purtroppo però  avranno lo svantaggio di essere meno resistenti, e per sopperire a questo, sia nel momento della ferrata (forse il più critico) che in quello di recupero, l’azione medio- progressiva di questi attrezzi ci aiuterà notevolmente evitando maggiormente le rotture del tippet, nelle fasi sopra descritte. Il mulinello in questo caso fungerà da contenitore per la coda, quindi non avremo bisogno di attrezzi specifici, anche se consiglio sempre i  modelli large arbor , sia per il fatto che la coda ha maggior spazio dove alloggiare, ma soprattutto per il fatto che  non prende memoria, causa di grovigli e inutili perdite di tempo. Per le code, come precedentemente citato, utilizzeremo delle DT floater, che a seconda dell’azione della nostra canna varieranno dalla numero 2 fino alla 4,  anche se di sovente con la mia 10’6” per coda 4 utilizzo tranquillamente una 2, ciò per il fatto che saremo facilitati nel lancio dalla lunghezza dell’attrezzatura.

 

Finali e Strike Indicator

 

Analizzeremo due tipologie di finali, quello con il classico strike indicator  ed uno ad elastico, sviluppato dall’esperienza dell’amico Aldo  Silva.  Partiamo dalla lunghezza, che non deve essere pari o superare di pochi centimetri quella della canna, in modo da far si che lo strike indicator o l’elastico non entrino all’interno degli anelli della, canna. Detto questo parliamo di come sviluppare un ottimo finale da ninfa. Prendiamo un finale conico, seguendo con le dita la conformazione di quest’ultimo, percepiremo un primo tratto di diametro uniforme, denominato potenza, poi  inizierà il tratto conico, taglieremo poco al di sotto dell’inizio di quest’ultimo  formando sulle due estremità recise due asole a cui connetteremo lo spezzone di Uni Flex ,di color arancio o giallo fluo, di circa trenta centimetri che avremmo precedentemente raddoppiato ed unito con  un semplice nodo, unendolo ai due spezzoni tramite la connessione loop to loop. La funzione di questo elastico è duplice,  infatti funzionerà come segnalatore di abboccata, in quanto l’eventuale  allungamento ci segnalerà con esatta precisione l’abboccata da parte di un pesce, ed inoltre, proprio per le caratteristiche sopra citate di elasticità , funzionerà come ammortizzatore, un po come succede per l’elastico della roubasienne, permettendoci quindi, visto l’ausilio di tippet sottili, di garantirci una buona tenuta sia nella fase di ferrata, che in quella di recupero. In alternativa all’Uni Flex  potremmo usare il “mollone” uno spezzone di monofilo fluorescente di color giallo o arancio, di circa trenta, trentacinque centimetri di diametro che va dallo 0,20 allo 0,25  alle cui estremità andremo a formare due microasole, in seguito lo avvolgeremo a spire serrate su di un tubicino in legno o in materiale metallico del diametro di circa  4 – 6 mm per poi adagiarlo in un pentolino precedentemente riempito di acqua fredda che porteremo ad ebollizione, lasciandocelo per alcuni minuti, poi lasceremo raffreddare il tutto. Una volta ritornato a temperatura ambiente e tolto dal tubicino avremmo una molla in nylon che una volta fissata al nostro finale, funzionerà da indicatore e da ammortizzatore. Se il fondale ce lo permette potremmo usare anche lo strike indicator, in commercio ne troveremo diversi, differenziati tra loro sia dalla forma, ma anche dal materiale usato per la loro costruzione, in balsa, in foam, ed in vari materiali sintetici, solitamente uso un ciuffetto di polipropilene, fissato al finale tramite un semplice  nodo Uni, che fisserò al centro del filato sintetico, formando un fiocchetto, a questo punto fisserò l’altra  parte del finale, al trave, sempre con l’ausilio dell’Uni Knot, in modo che possa scorrere su quest’ultimo fino a fermarsi una volta raggiunto il fiocchetto. Al termine dei finali sopra descritti formeremo una microasola, a cui fisseremo sempre con l’ausilio del loop to loop il nostro tippet, del diamentro desiderato, 0,12 – 0,10 . Se utilizzeremo una sola imitazione, basterà fissare quest’ultima all’estremità del tippet, se vogliamo utilizzarne due o addirittura tre le distanzieremo di circa 60 cm l’una dall’altra, formando uno o due braccioli tramite un nodo Surgeon, raddoppiando nella fase di esecuzione la parte di tippet  verso la punta, in modo da formare un nodo con tre fili, che una volta eseguito formerà una grande asola in direzione del finale e tre spezzoni, verso la fine del tippet, recideremo i due spezzoni più corti, utilizzando quindi quello più lungo per fissare la ninfa di punta o l’eventuale altro bracciolo. A questo punto andremo a tagliare l’asola, recidendo lo spezzone di filo più in basso, in modo da formare il bracciolo dove andremo a fissare la nostra prima ninfa (vedi foto).

 

 

Le ninfe

 

Di imitazioni di ninfe ce sono molteplici, per semplificare farei una distinzione, tra ninfe imitative e ninfe
generiche o da caccia. Le prime imitano le varie tipologie di insetti cercando di avvicinarsi il più possibile al naturale, le seconde invece, che possiamo definire da caccia,  o di fantasia,  stimolano con l’ausilio di materiali con colorazioni attrattive o movimenti  molto sinuosi ed a volte con testine in metallo come le gold head (di vari colori), l’aggressività e la curiosità dei pesci.  Per l’utilizzo delle prime dovremo, prima di iniziare l’azione di pesca, vedere quali insetti sono presenti in quel corso d’acqua, per far ciò potremo alzare alcune pietre e di conseguenza osservare gli eventuali insetti presenti in modo da avere un indicazione su quale imitazione usare, altrimenti con l’ausilio di una rete specifica a maglie fini, che usata alla perfezione, ci darà una visione più dettagliata. Per far ciò basterà tenere la rete a valle vicinissima al fondo, scendere di qualche metro smuovendo il fondale con i piedi in modo che gli insetti vengano trascinati dalla corrente e vadano a finire nella rete, a questo punto basterà osservare gli insetti presenti e montare una ninfa similare. Solitamente questa tipologia di ninfe non ha, nei più dei casi, peso, anche se dotate di sottocorpo in piombo, che permetta loro di stazionare nei pressi del fondo in caso di corrente, e per questo, dovremmo adoperare dei piccoli piombi spezzati che andremo ad apporre sul tippet. Per quanto riguarda le gold head, potremmo costruirle  con sfere in ottone o in tungsteno, quest’ultime molto efficaci, per il peso specifico maggiore che le rende adatte a sopportare correnti più forti  o  raggiungere velocemente buone profondità.

 

 

Azione di Pesca

 

Il dragaggio, cioè il trascinamento della mosca da parte del finale, è uno degli  ostacoli che noi Pam dobbiamo superare ad ogni lancio, infatti cerchiamo in tutti i modi di ovviare a questo inconveniente operando lanci cosiddetti antidragaggio, curvi, ribaltati, raggruppati, operiamo manding sulla coda in modo da mantenerla sempre a monte in modo da far scorrere la nostra imitazione in maniera naturale sulla superficie dell’acqua, tutto ciò è relativamente più facile nella pesca in Dry Fly, questo perchè abbiamo un contatto visivo con la mosca che ci aiuta a individuare questo fattore negativo e correggerlo. Nella pesca con la ninfa i nostri artificiali si trovano a lavorare sul fondale o nei pressi di quest’ultimo e sarà per noi impossibile vedere il loro incedere, ragion per cui dovremo acquisire una certa sensibilità sia visiva che tattile, cioè dovremo riuscire a vedere superficialmente lo scorrere del nostro finale sull’acqua e al tempo stesso con la mano che sorregge la canna percepire il movimento delle ninfe, che dovranno scendere a valle in maniera del tutto naturale, seguendo l’andatura delle correnti e non trascinate, come un cane al guinzaglio. Questo è uno dei maggiori inconvenienti che ci troviamo di fronte quando inizieremo questa tecnica, ma non è l’unico, un altro grande ostacolo sarà quello di capire se realmente facciamo pescare i nostri artificiali alla profondità giusta.  Gli inconvenienti sopra citati sono l’ostacolo che inizialmente tutti noi che abbiamo abbracciato la pesca a ninfa ci siamo trovati di fronte, ma con un poco di pratica, leggendo e carpendo segreti da eventuali altri pescatori,li riusciremo a superare. I primi approcci con questa redditizia tecnica sono stati per tutti noi dei muri insormontabili, che nel giro di poco tempo si sono sgretolati fino a cadere permettendoci di annoverare nel nostro bagaglio tecnico una nuova disciplina, che potremmo affiancare nei momenti meno produttivi alla secca o subirne il fascino e dedicarci anima e cuore ad essa. Fatta questa prima premessa vediamo come nella maggior parte dei casi dobbiamo comportarci sia nel lancio che nell’azione di pesca. A seconda della conformazione dell’ambiente in cui andremo a pescare dovremmo adattarci alle varie situazioni affrontando un corso d’acqua in maniere completamente diverse, ma ora limitiamoci ad analizzare tre modi di affrontarle: a scendere, a risalire e ponendoci paralleli all’asse del fiume. La pesca a scendere, che difficilmente pratico a meno che la situazione non me lo imponga, si pratica come lo dice il termine stesso scendendo da monte a valle, facendo compire un tragitto discendente alle nostre imitazioni, il vantaggio è quello di compiere meno lanci, quindi di avere in acqua per più tempo le nostre imitazioni, e come sovente i Pam sottolineano, la mosca cattura nell’acqua e non in aria. Un piccolo consiglio che ho imparato da alcuni amici che assiduamente affrontano il torrente a discendere, cercate con i piedi di smuovere il fondale, questa operazione permetterà alle larve che si trovano sotto i sassi di scendere a valle, una sorta di pasturazione, molte efficace per mettere in attività i nostri amici pesci. Risalendo, tecnica che frequentemente pratico, dovremmo sondare ogni piccola buca e raschio, non sottovalutando nessuna porzione di acqua, infatti più di una volta ho fatto belle catture in zone che apparentemente pensavo infruttuose. Lanci non molto lunghi, controllo degli artificiali e mimetismo saranno le armi vincenti, consiglio a tutti coloro che si avvicinano per la prima volta a questa disciplina, perlomeno inizialmente, di compiere lanci di poco superiori alla lunghezza della canna, in modo da facilitare l’azione di pesca, poi in seguito acquisita la giusta esperienza ed il perfetto controllo e contatto con le ninfe, allungare i propri lanci. L’azione di pesca è relativamente semplice, basterà,  una volta spinte le nostre ninfe nella zona desiderata , seguire il loro spostamento a valle mantenendo una certa tensione di coda ed un contatto con gli artificiali, alzando il cimino della canna durante tutta la passata, solamente alla fine, consiglio di trattenere ed abbassare il cimino, in modo che fermando gli artificiali ed abbassando il cimino gli facciamo compiere un escursione tale che li stacchi dal fondo fino a portarli quasi in  superficie. Questa operazione ci consentirà di sondare nell’ultima fase della passata i vari strati d’acqua, dandoci la possibilità di insidiare anche quei pesci che si cibano a mezz’acqua o appena sotto la superficie. Vediamo adesso come ci dobbiamo comportare invece quando peschiamo paralleli all’asse centrale del fiume: una volta posizionati sulla riva, lanceremo a monte, e subito dopo alzando progressivamente il cimino seguiremo lo scendere delle ninfe, fino alla fine passata dove, come precedentemente spiegato abbasseremo la canna fermandoci, facendo si che le ninfe si stacchino e risalgano, nella maggior parte delle situazioni sarà proprio in questo momento che vedremmo l’attacco del pesce alle ninfe. Ipotizzando una situazione tipo con corrente forte centrale e due correnti laterali più deboli, dovremmo naturalmente iniziare la nostra azione di pesca nella corrente meno veloce, quella più vicino a noi, nella maggior parte dei casi, sotto il cimino della canna, una volta sondata bene questa sezione di acqua, ci sposteremo a pescare nella corrente centrale, dove la  lunghezza della canna non basterà ad evitare il dragaggio per cui opereremo uno o più manding, in modo da avere sempre la coda a monte rispetto alle ninfe, lo stesso vale anche per la corrente debole vicino alla sponda opposta, in questo caso se la conformazione del fondale ce lo permette potremmo entrare in acqua in modo da evitare l’azione della forte corrente centrale. Nei disegni allegati potrete vedere due tipologie di finali in pesca a due ninfe, uno dove le mosche lavorano esclusivamente sul fondo, ponendo l’imitazione più pesante più in alto e l’atra, diciamo più classica ,dove le mosche lavoreranno a vari livelli. Nel caso il peso delle nostre ninfe non fosse sufficiente a mantenere in pesca le nostre imitazioni potremmo avvalerci, di piombature supplementari, come piombi spezzati apposti sul tippet, o piombature poste in punta, come tubicini siliconici con torpille o piombini spaccati posti su monofili di diametro inferiore rispetto a quello del tippet, che oltre ad appesantire il finale eviteranno l’incaglio e l’eventuale perdita della ninfa di punta. Naturalmente le nozioni di questo articolo sono un concentrato della pesca con la ninfa, utili a capire questa tecnica e di ausilio per tutti coloro che intendano avvicinarsi ad essa.

 

 

 

 

 

 


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