Racconti

2° class. Amarcord 2012: un omarino a pesca

Di Rinaldo Battistelli pubblicato il 04/03/12

 Mi chiamo Fabrizio, ho 4 anni da 3 aspetto di diventare grande per potere andare a pescare con il mio papà. Sì perché il mio papà è pescatore e prende dei pesci grandi così!...

Lui va via quando è ancora buio, fa piano piano quando si alza, una volta che non dormivo, l’ho visto e mi ha fatto quasi paura. Aveva un giaccone grosso che lo copriva tutto e sembrava King Kong. Aveva gli scarponi come l’Orco di Pollicino e in mano aveva tante cose; come quando va a fare la spesa con la mamma. Mi sono alzato e gli ho detto che volevo andare con lui, ma anche quella volta mi ha risposto: Verrai quando sarai più grande.

Uffa! Mi sono proprio scocciato di aspettare. Mi chiama ‘il mio omarino, il mio bambino grande’ e poi non mi porta mai con lui!

Una sera lo vedo tornare con il suo sacchetto dei bigattini e subito, con Chicco (mio fratello piccolo) gli corriamo incontro, perché ci faccia vedere i vermetti. Come sono buffi! Piccoli, piccoli, bianchi, rossi, verdi, gialli e poi… si muovono senza le gambe!

‘Non perdeteli, perché se si nascondono fanno nascere i mosconi!’ ci dice papà tutto serio. La mamma, come al solito, è scappata in camera perché dice che le fanno un poco schifo. Con i mattoncini Lego faccio una specie di pista, prendo un bigattino rosso, tutto cicciotto, mentre Chicco ne prende uno bianco e facciamo la corsa. Come sono stupidi questi vermetti, invece di correre fino al traguardo vogliono sempre infilarsi sotto i mattoncini e poi, quando si tengono in mano fanno un prurito! Li metto nel sacchetto e guardo che cosa fa papà.

Sta preparando il frigo portatile, il tavolino con le seggioline, il vino, vuoi vedere che anche questa volta va via da solo? Invece, no. Tutto serio ci ha detto che domani saremmo andati a pescare con lui e che avremmo dovuto preparare i nostri giocattoli nei cestini.

Al mattino, quando mi ha chiamato, sono saltato giù dal letto come un razzo e ho messo in ordine le mie cose. Anche Chicco era contento e faceva tanta confusione, ma in fondo ha solo due anni.

Papà e mamma hanno caricato tutto sulla ‘Prinzetta’ e siamo partiti. Abbiamo viaggiato tanto. L’autostrada, la strada in montagna, poi un sentiero con tante buche, e finalmente ci siamo fermati vicino ad un fiumetto piccolo con tanti sassi e tanta sabbia.

Ho aiutato a prendere la canna, i bigattini e ci siamo seduti sulla riva. Papà ha aperto una cassetta con dentro tante cose colorate che sembravano pennarelli, ma non ha preso quelli belli grossi ma uno piccolo piccolo che si chiama ‘galleggiante’ e l’ha infilato su un filo sottile che era attaccato alla canna. Ha preso un cosino di metallo lucente, ‘detto amo’, e l’ha legato al filo poi, i ‘piombini li ha stretti con i denti sempre sul filo, poi tutto sorridente mi ha detto: Adesso siamo a posto, possiamo pescare, stai attento perché bisogna essere sveltissimi!

Zitto zitto ho preso la lunga canna in mano e mentre papà mi aiutava mi diceva: Vedi come il galleggiante è portato leggero dall’acqua, come segue docile la corrente? Gli devi dare filo con dolcezza con un leggero movimento del cimino per lasciarlo allontanare. Però questo vento non ci vorrebbe perché fa vibrare il filo ed il galleggiante e il pesciolino si insospettisce e scappa via. Ti piace omarino? E proseguiva: Senti che silenzio, come è bello starsene qui in pace, senza rumoracci, senza tutte quelle macchine che passano rombando e sgasando sotto casa! Oh, attento! Hai visto? Il galleggiante è andato un attimo sott’acqua ed appena lo rifà vedrai cosa succede! E poco dopo pescavo il mio primo pesciolino. Mamma, mamma, Chicco, urlai tutto contento. L’ho preso, l’ho preso e come tirava!!!

L’ho stretto in mano. Sensazioni strane mi hanno pervaso. Sensazioni di timore, di tenerezza e di orgoglio. Timore perché quella cosina viscida, sfuggente mi faceva in un certo senso ribrezzo. Tenerezza perché l’ho vista piccola, graziosa ed indifesa. Orgoglio perché anch’io avevo pescato un pesciolino come papà, come fanno i grandi.

Chicco lo ha voluto toccare anche lui poi se ne è subito andato come se fosse invidioso mentre la mamma mi elogiava e diceva quanto ero stato bravo.

Lo guardavo quel “barbetto canino”, lo giravo e rigiravo ammirato: gli occhietti piccoli e vispi, la boccettina e i baffi, poi papà come se fosse arrabbiato perché lo stringevo mi ha detto di metterlo nel retino in acqua. Mi ha spiegato che se noi stiamo molto sott’acqua stiamo male e possiamo morire perché siamo abituati a vivere all’aria mentre il pesciolino respira solo sott’acqua.

Sono rimasto tanto deluso, era mio, l’avevo pescato io, non volevo metterlo nel retino, lo volevo tenere come faccio con l’orsacchiotto. Ma papà è stato cattivo e me lo ha fatto mettere nel retino allora me ne sono andato a giocare a palla con mio fratello. Ogni tanto guardavo il babbo che calmo e attento continuava a pescare e metteva altri pesciolini a tenere compagnia al barbetto. Ma io lo sapevo, il mio era il più bello il più grosso, il più colorato.

Dopo tanto tempo papà ha detto che dovevamo andare a mangiare, ha preso il retino e rovesciandolo ha rimesso tutti i pesciolini nell’acqua. Io non volevo che mettesse via anche il mio e quando mi ha detto di dirgli ‘ciao’ ho fatto il broncio. Ero arrabbiato come quando all’asilo un bimbo mi porta via la macchinina con la quale stavo giocando; ero proprio arrabbiato.

Papà ha detto però che saremmo ritornati e che l’avremmo rivisto e quando mi ha preso per mano non ho poi fatto tante storie, come dice lui.

Ho guardato l’acqua, quel grosso sasso affiorante che forse era la casetta del mio barbetto e, alla fine, gli ho detto “ciao”.

                                                                                                                       Fabrizio Bastelli (tradotto da Rinaldo - )

 A me una canna

 Io sono Enrico (detto Chicco) e sono fratello di un certo Fabrizio che osa chiamarmi ‘il fratellino piccolo’ mentre lui si definisce ‘l’omino grande di papà’.

Ho già tre anni, sono nato sotto il segno del Leone e sono piuttosto esplosivo. Il mio papà mi chiama ‘Brontolo’ perché dice che sono troppo insistente ed invadente. Dice anche che sono esuberante ma per forza, io mangio tanti spinaci come Braccio di Ferro e voglio diventare tanto forte da potere andare a pescare con la canna lunga di papà e prendere pesci grossi come la balena di Pinocchio. Si, perché l’ultima volta che siamo andati nel fiume mi è toccato di tenere il sacchetto dei vermetti perché dal vento che c’era non riuscivo a tenere la canna con la cima in alto. Mi arrabbiai tantissimo e mi misi a tirare dei sassi nell’acqua così imparavano loro, i grandi, a darmi sempre cose che noi piccoli non riusciamo ad adoperare. Il mio papà mi fece gli occhiacci, mi prese il sacchetto dei vermetti e io pensai bene di andarmene velocemente a giocare nella sabbia con la ruspa.

Ogni tanto tornavo a vedere se prendeva qualche pesciolino e ne catturò altri ed alcuni erano belli grossi chiamati “stregge”. Quando ne tolsi uno dal retino e lo afferrai per vederlo mi fece tanta pipì, tutta bianca, addosso e lo buttai nell’erba il sozzone! Papà mi disse che non era pipì ma una cosa che serve per aiutare a far nascere altri pesciolini. Allora mi chinai e con il dito toccai la pancia del pesciolino che sprizzò altro liquido ma senza pesciolini. Mi sa che i grandi dicono tante bugie che gli cresce il naso come a Pinocchio.

Quando terminata la giornata aiutavo il babbo a portare tutte le cose in macchina mi disse che se fossi stato buono avrebbe comperato una canna per me ed una per mio fratello che noi bimbi avremmo potuto adoperare con una mano sola. Io credevo che ci prendesse in giro e per metterlo alla prova gli dissi che dovevamo andare subito a comperarle. Lui, il furbetto, che cosa ci ha risposto? Che era domenica e che i negozi erano chiusi. Ma io e mio fratello abbiamo visto che gli era cresciuto il naso!

Quando arrivammo a casa, papà mise a posto le sue cose poi prese i pesciolini e con le forbici tagliò loro la testa e la pancettina ed io e Fabrizio guardavamo incuriositi. Da tre venne fuori ancora quella roba bianca e da uno invece un mucchietto di palline piccole piccole, tutte bianche. Papà disse che erano le uova, come quelle della gallina ma più piccoline e che da queste, se avessimo lasciato la mamma pesciolina nel fiume, sarebbero nati tanti figlioletti. Quando Fabrizio, tutto serio, gli chiese perché allora li avevamo pescati che l’altra volta li avevamo rimessi in acqua, lui rimase un poco incerto poi disse che li aveva tenuti perché erano un numero sufficiente per farci una bella frittura poi fece tante chiacchiere sulla salciccia, sul salamino che si ricavano dal maiale… Vorrei proprio sapere cosa centrava il maialino con il pesce!

Un giorno che non andavamo a scuola papà ci caricò in macchina e prese la strada per andare a casa dalla nonna Elena e dal nonno Ernesto e allora pensai che certamente ci saremmo fermati a mangiare un piatto di fumanti tortellini che a me piacciono tanto. Glielo chiesi e mi disse che sbagliavo di grosso.

Si fermò vicino ad un negozio tutto pieno di giocattoli e pensai allora che ci avrebbe comperato la Land Rover ma ci condusse dall’altra parte della strada. Io e mio fratello ci rimanemmo malissimo e pensammo immediatamente ad un inganno ma guardandolo il naso non cresceva.

Mogi mogi ci avviammo verso il negozio e quando vedemmo Giorgio, che è il signore che vende i bigattini allora capimmo. Fabrizio andò verso la ruota delle canne e ne prese una rossa e lunga che quasi toccava il soffitto. Io ne scelsi una corta tutta bianca ma pesava tanto che la rimisi al suo posto. Papà ci guardava compiaciuto e così anche alcune persone che stavano bighellonando in negozio. Intimorito da tutti quegli omoni che dall’alto mi scrutavano, mi attaccai ai pantaloni di papà e lo tiravo per la manica. Volevo che mi ascoltasse e la smettesse di dire che Fabrizio era ormai un incallito pescatore perché aveva pescato un ‘barboncino’! Finalmente si chinò e mi chiese se avevo deciso quale canna acquistare. Vedendo che sia io che Fabrizio eravamo indecisi, ne scelse due piccole e, sfilatele, ce le porse.

“tenetele con una mano sola e con la punta verso l’alto”.

Era proprio leggera come volevo io. Fabrizio non era molto convinto ma quando papà gli disse che quelle cannine erano adoperate dai campioni che vincevano le gare, allora, tutto contento accettò di tenerla anche lui.

Finalmente potevo anch’io andare a pescare ed allora avrei fatto vedere a tutti come ero bravo. Uscimmo dal negozio e quando arrivammo a casa del nonno Ernesto gli corremmo incontro e gli facemmo vedere il nuovo regalo. Ci guardò con aria allegra, si sedette su un tronchetto vicino alla siepe ed incominciò ad esaminare le cannine. Fabrizio ed io eravamo impazienti di sentire la sua opinione e lo sollecitavamo. Le soppesò, le fece vibrare come se avesse preso un pesciolino poi disse:

 "Molto bene, adesso che avete le vostre attrezzature, siete dei veri pescatori; domenica andiamo tutti in un posticino che conosco e vedrete che paga daremo al babbo."

Ci accarezzò, legò un pezzetto di corda alla cima ed un sassetto dall’altro capo ed incominciò ad insegnarci come si doveva lanciare, come si doveva tenere la mano e come si doveva ferrare il pesciolino. Stavamo attenti a quello che diceva e ai movimenti che ci faceva fare ma dopo un poco mi ero stancato e gli dissi di continuare a pescare da solo. Io avevo voglia di giocare a palla perché in giardino di pesci non ce n’erano. Nonno fece una faccia strana, si mise a ridere e venne a giocare con noi.

Quando finalmente andammo in casa dalla nonna a mangiare i tortellini, papà e nonno ripresero a parlare di pesca e li ascoltavo attento perché speravo che decidessero quando saremmo andati di nuovo in fiume ma non sono riuscito a capire perché terminata la scodella mi sono addormentato.

                                                                                                                                  Enrico Bastelli (tradotto da Rinaldo)


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