Racconti

Amarcord: Mi ricordo...

Di Giacomo Nucci pubblicato il 07/02/11

Fellini avrebbe saputo come girare, avrebbe saputo cogliere l'attimo essenziale che dà senso al tutto.
Lunga la palata del porto, giornata assolata di luglio o grigia alba d'inverno. Folle di appassionati o rari passeggiatori.
In ogni caso, lenza che scende verticale dalla banchina, rapida saluta tappeti di mitili, morbidamente entra nel ventre profondo del mare.
Bastava poco a me che non conoscevo i pesci se non dai libri divorati alle scuole medie. Fotografie fissate nella memoria, pomeriggi passati davanti a Quark, libri sfogliati vorticosamente per imparare tutte le forme, i colori, le abitudini.
Ma lì era diverso, lì era acqua vera, pesci che si muovevano, ami appuntiti, sangue sparso.
Anche io ero parte di quella scena così comune, eppure così quotidianamente epica. La pesca dal molo del porto. A Rimini, quando sulla spiaggia i turisti affollano bagnini e docce e ping pong e bar e i marciapiedi incandescenti. A Rimini estate è il susseguirsi di colori e volti di passaggio. Nulla sembra essere stabile. Nulla tranne le onde del mare.
In quel mare lì moltissimi lasciano emozioni e speranze, molti tornano, pochi si divertono, pochissimi salpano catture indimenticabili. Ma proprio in quel mare ho iniziato anche io a bagnare il mio amo, la mia lenza dello 0.30, con la cozza fresca innescata dal muscolo bianco per evitare che il paganello la rubasse senza danno.
Già, il paganello. Il più piccolo e il meno stimato tra tutti. Il meno guardato. Ma era una preda e io la potevo prendere. Sarebbe stata il mio battesimo, con una canna improbabile regalatami a Natale e della quale conservo ancora un pezzo.
Non c'era molta tecnica, se non nell'abilità di capire il momento della ferrata, quando il pesce si sta muovendo con il boccone in bocca. Era bello tirar su quei pesci scuri con le pinne tese e la bocca grande aperta, perché davanti agli altri almeno ci si faceva vedere abili e si poteva avere il diritto - del tutto privo di documentazione, ma concretissimo - di scambiare due parole coi "vecchi" senza sentirsi delle schiappe. Anche se ero un "burdel", un ragazzino, qualcosa tiravo su.
Il mio nonno amava quel luogo così particolare di Rimini, credo lo rilassasse, o forse aveva solo qualche amico che andava lì e con cui poteva scambiare due chiacchiere. Mi diceva ironicamente che tra i crocchi di riminesi storici sul molo "si faceva l'Italia", per dire che le chiacchiere dei vecchietti pretendevano di risolvere i problemi del nostro paese. È stato lui a portarmi lì da piccolo e a farmi innamorare di questo porto. Lo ha reso un luogo dell'anima, un panorama sempre in fondo ai miei occhi, uno spazio familiare.
Ancora oggi, come allora, quando sono in pesca tutto il resto si vela, come se si sedesse in un angolo, tutta la concentrazione è tesa alla sfida col pesce, alla cattura. Non esiste sete, fame, fatica. Tutto è piegato all'azione. In effetti l'emozione della ferrata che fa sentire il pesce allamato è ancestrale e profonda, tocca l'atavico istinto dell'uomo come cacciatore che cerca le sue prede. E poi in una pesca come quella dei paganelli - a 6 metri di profondità - c'era in me la speranza che altri pesci inaspettati abboccassero, mi immaginavo che là sotto tutto poteva succedere, che la mia cozza poteva andare bene anche ad altri pesci e allora ogni volta che tiravo su la lenza appesantita da qualcosa speravo in qualcosa di nuovo e meraviglioso. Non è mai successo, ma la speranza mi ha sempre tenuto concentrato, e ha rafforzato la mia passione. Oggi, come allora, su quella banchina si respira libertà e si guarda lontano, si sognano grandi avventure.
Oggi non pesco più paganelli, ma mi riesce quasi impossibile non fermarmi almeno qualche minuto a ricordare quante ore ho spese lì in attesa di un tremito della lenza. In attesa di un'emozione da raccontare. Il mare che infinite storie potrebbe narrare è sempre lì a custodire i tesori del suo mistero e a guardare noi uomini affannarci per qualche secondo di lotta di cui - in fondo - non conosciamo la ragione.

dedicato a mio nonno


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