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Amorphous are back

Di Massimo Zelli pubblicato il 01/09/16


Quando già eravamo a metà del viaggio che ci avrebbe portato alla nascita di questa serie di canne chiesi ad Alessandro:<< Perché non le chiamiamo Amorphous?>>. Ci pensò qualche secondo e poi col suo solito fare, che non capisci mai se scherza o meno, rispose con il pragmatismo dei friulani e la solita schiettezza:<< Ok, ma solo se vengono perfette, mica possiamo sputtanarci un Amorphous a casaccio su una canna “così e così”>>.  Il resto è stato frutto di qualche mese di test e, per quel che ne capisco di canne da pesca, caro Alessandro, non ce lo siamo sputtanato a casaccio il nome Amorphous.

Con le Air l’obiettivo era chiaro, dare sfoggio del massimo. Qui abbiamo fatto una cosa differente: abbiamo unito le migliori conoscenze ingegneristiche, ottime tecnologie costruttive e le abbiamo amalgamate con un pizzico di senso pratico. Tutto è stato volto a produrre una canna adatta a mani differenti: dal conoscitore e fine estimatore dell’oggetto fino al pescatore con pochi fronzoli che dalla canna pretende tutto e la chiude senza nemmeno un colpo di straccio per togliere la polvere.

I dati tecnici parlano chiaro: sulle due 7 metri abbiamo 23,5 mm per la versione Regular e 24 per la versione Power. Vi è un nulla, in termini geometrici, che separa due canne sottili, che diviene una distanza netta quando invece si va a guardare dentro dati e fatti per capire l’anima delle due tipologie di attrezzo.

L’idea era di popolare il catalogo d’alta gamma con qualcosa che rispecchiasse le caratteristiche costruttive e concettuali del modello premium, la AIR, declinandolo su livelli di potenza differenti. Andiamo per gradi a descrivere come queste canne sono state sviluppate.

Il primo step è stato lavorare sul modello Regular per le misure da 5 a 8 metri. Sin dai primi prototipi abbiamo tenuto sempre in mente che doveva essere una canna votata alla pesca sottile ma con la potenza necessaria a lavorare su finali eventualmente sostenuti e con la capacità di lanciare 15 grammi senza problemi. Doveva essere a 7 e 8 metri la canna da fiume e da scogliera per eccellenza. E’ stata una ricerca di concretezza ad ogni costo quella che ci ha spinto a lavorare sulla progressione d’azione, mai contenti, fin quando non abbiamo apprezzato una rotondità di curva che permettesse di scaricare energia sul basso del grezzo fino alle più estreme sollecitazioni. La canna che ne è uscita fuori ha una struttura metrica, con pezzi intercambiabili a tutte le misure, ma con la particolarità di avere azioni ben calibrate ad ogni lunghezza.

Il DNA della AIR bolo è ripreso dall’azione: la curvatura si propaga nel blank in maniera immediata. Non esiste in questa canna il vecchio concetto di progressione lineare che prima o poi cede il passo al blocco della canna rendendola un pezzo di ferro, facile a slamare il pesce e a rompere il finale. La curvatura si propaga subito sui pezzi bassi, in modo se vogliamo poco percettibile all’occhio ma evidente al braccio, già dalla ferrata su un pesce di taglia. Quello che aumenta all’aumentare dello sforzo è il grado di curvatura dei singoli pezzi, tutti all’unisono, non solo quelli di testa. Sottoposta ai carichi più estremi non farete fatica a far arrivare la piega fino al pedone. La caratteristica descritta si sposa con la capacità di bloccare la fuga del pesce in maniera molto più rapida rispetto a canne del passato: la capacità di reazione del grezzo è infatti talmente alta da rendere questa canna una parabolica ad azione estremamente rapida e potente. Di fatto se volete bloccare una fuga basta chiudere la frizione: vedrete che la canna fletterà un po’ di più salvo poi esprimere tutta la forza che serve per riportare in dietro il pesce quasi da sola.

Si tratta dell’applicazione dello stesso concetto d’azione di una canna da ISO fishing giapponese ma con materiali che la rendano adatta al gusto tutto italiano per canne veloci e reattive anche nelle misure più lunghe. Per i possessori della vecchia AW V verde, sarà impossibile non notare quanto siano cresciute le capacità meccaniche della canna a fronte del guadagno in agilità, diametro e bilanciamento.

I test in pesca li abbiamo fatti in maniera molto preliminare su delle carpe in lago: questo è un buon metodo per capire rapidamente “come si muove” la canna con il pesce attaccato. Non sono mancate le sorprese, con esemplari fino a 10 Kg di peso. Abbiamo poi spostato l’ambiente di test in fiume, nel regno naturale di questa canna alla ricerca di pesci di taglia e sulle scogliere alla caccia di grossi cefali e spigole.

Della fase di test l’episodio che più resterà nella mia testa è quello legato alla cattura di un siluro di quasi 10 Kg. E’ stato preso in Po in una corrente da 15 grammi con il modello regular da 8 metri. Francamente molto più di quello che mi sarei aspettato fosse possibile prendere con un terminale dello 0,16.

Parlando di line-rating, visto che ci siamo, la canna è marcata 0,08-0,16. A casa Daiwa lo sanno già che i pescatori sono piuttosto di manica larga quando si tratta di rispettare i limiti … e non parliamo di quelli di velocità.

L’affinamento dell’azione è avvenuto sui difficili banchi prova dei fiumi appenninici (5 e 6 metri) alla ricerca di pesci da finali dello 0,08 e da ami del 24. Abbiamo testato queste canne anche nei fiumi a scorrimento veloce della pianura padana, in particolare l’Oglio dove con la 7 ed un finale dello 0,08-0,09 abbiamo portato alla pesa pesci importanti in correnti anche piuttosto spinte. La versione 7 e 8 metri hanno subito il test del salato in foce laddove la pesca in ambiente marino esprime forse la sua maggior raffinatezza. In questi test abbiamo maturato la convinzione della costruzione di cime lunghe circa 80 cm, con un profilo sottile e meno coniche che in passato. Questo stratagemma tecnico, reso possibile dal materiale estremamente compatto ed esente da difetti, permette di attuare un trasferimento del carico sulla canna molto rapido e sfruttare l’azione ammortizzante del fusto si dall’inizio. Rimarrete colpiti da quanto sarà facile sentire il pesce con questa canna.

L’azione Power è stato un progetto molto ambizioso: bisognava dare corpo ad una canna con requisiti di potenza puri inseriti in una geometria soltanto marginalmente più larga della sorella regular. In pratica una canna mai vista, capace di pescare realmente con un finale dell0 0,20, ma fine e leggera come un attrezzo ad azione media di un paio di stagioni fa. I materiali utilizzati sono stati gli stessi della versione regular ma con un disegno che è intervenuto sulla conicità dei pezzi di testa e la stratificazione del corpo in modo da traslare in avanti il punto di carico della canna. Ne esce uno strumento maggiormente di punta, con un azione concettualmente simile alla regular ma differente poiché più focalizzata sui pezzi anteriori. La canna nasce per avere leva a sufficienza da poter gestire anche 20-25 grammi nel lancio con le misure di 7 e 8 metri. E’ flessibile ma autorevole: ogni centimetro di curva qui va guadagnato, pinnata dopo pinnata da parte del pesce. La canna flette ma la reazione che esprime è talmente immediata da circoscrivere la fuga dei combattenti più coriacei al minimo necessario.  Era la canna che mancava e che personalmente inseguivo da anni: una canna che nella pesca al barbo o dalle scogliere più alte e con grammature pesanti, mi facesse sentire a mio agio, anche a mare mosso, anche con correnti sostenute avendo in mano un oggetto di 24 mm di diametro con un’agilità tutta da scoprire. La canna totale, per chi delle situazioni più dure di pesca fa la sua normalità, racchiusa finalmente nel corpo di una formula uno. Il line rating è dichiarato 0,12 -0,20. Valgono le considerazioni fatte sopra.

I test cui la versione power è stata sottoposta sono stati i medesimi della versione regular. Se con quest’ultima è stato sorprendente capire fino a che limite ci si può spingere, con questa si dormono sonni tranquilli in ogni situazione di pesca a bolognese. Il range si articola su 3 canne di lunghezza normale, 6-7-8 metri ed una speciale versione 9 metri pensata per quei tratti di fiume con particolare profondità o semplicemente per chi, ama pescare in trattenuta piena a buona distanza da riva. Questa particolare canna beneficia di un taglio del pedone piuttosto lungo che su tutta la serie, ma in particolare a questa lunghezza , rendono l’attrezzo molto reattivo e bilanciato.

Su queste canne, entrambe le versioni, i materiali utilizzati si avvalgono delle tecnologie anti stick joint - SVF - V-joint ed X45. Sembrerebbe una stringa mista di numeri e lettere ma in realtà c’è il riassunto della tradizione daiwa e dell’innovazione. L’antistick joint di cui questa canna è dotata ritorna ai fasti della precisione made in Japan come qualità costruttiva. E’ esteso ad ogni sezione della canna, cima compresa ed è un omaggio alla tradizione oltre che una chiara dichiarazione di intenti nel livello di finitura e qualità della canna.

Il materiale con cui la canna è costruita, SVF con lavorazione X 45, ha consentito di raggiungere i requisiti strutturali, figli di un disegno innovativo, contenendo il peso e fornendo anche più dell’affidabilità richiesta al manufatto. Va sottolineato che SVF indica una classe di materiali non un materiale nello specifico: quelli utilizzati sulla Regular e sulla Power hanno caratteristiche leggermente differenti nella disposizione sul mandrino e tra una canna e l’altra per differenziarne ulteriormente l’azione. Per entrambe le canne è utilizzato il materiale di più alta classe del tipo SVF.

Alla fine dei questo scritto va fatto un piccolo inciso di tipo tecnico a proposito del nome: il taglio con il passato a proposito di materiali  c’era già stato con la versione precedente della Amorphous Whisker. L’ottima AW V, “la verdona” per chi questa canna l’ha vissuta da un punto di vista alieutico, era infatti realizzata in TRC, materiale che oggi non è più utilizzato da DAIWA. Il celebre Silicon Carbide Whisker con cui veniva arricchito il carbonio delle prime canne made in Japan non veniva più utilizzato già a quel tempo, nel 2005: si era scoperta infatti una tossicità durante la fase di lavorazione che ha portato a bandirne l’utilizzo.  Questa versione, la nuova Amorphous sancisce un ulteriore distacco ma anche un ritorno alla tradizione per certi versi: il materiale utilizzato per rinforzare la matrice polimerica di contenimento delle fibre è un filler di origine sintetica che dona al carbonio la stessa capacità di assorbire improvvisi eccessi di tensione che aveva, a suo modo, il vecchio Whisker, non più utilizzato oramai da decenni, cui vengono sommati i benefici, sempre più spinti come caratteristiche meccaniche delle fibre SVF.

Detto questo, adesso come adesso è tempo di cavedani in acque profonde, quindi mentre voi attendete la vostra non mi resta che portare la mia Amorphous a casa sua, vicino all’acqua!
 

 

 

 

 

 


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