Tecniche

Barbi a spinning un piacevole incontro

Di roberto granata pubblicato il 20/01/19

È sempre piacevole sperimentare quanto la cattura di specie non prettamente “da spinning” (ammessa e non concessa la validità di tale distinzione) porti nel nostro bagaglio di pescatori non soltanto nuove o meno nuove esperienze, ma soprattutto la possibilità di studiare reazioni e comportamenti che forse non avremmo neppure immaginato. È il caso del barbo detto volgarmente “europeo” o “portoghese”, insomma, di quel barbo che quasi ovunque ha sostituito quello al quale eravamo abituati. Questa “new entry” raggiunge dimensioni maggiori e colonizza un maggior numero di ambienti rispetto all’altra specie, dando così maggiori probabilità di cattura anche a chi non lo sta specificamente insidiando, come infatti succede agli spinningofili che, ad esempio nel Ticino, nel Po o nell’Adda, partono con l’intenzione di catturare aspio e luccioperca. È quindi possibile uno spinning mirato alla cattura del barbo? Direi di sì, a patto di scegliere il da farsi con cura. Nei grandi fiumi come quelli appena menzionati il primo problema è quello di localizzarli ma, una volta fatto, possiamo rimanere di norma per diversi lanci sullo spot, trattandosi di un pesce abbastanza gregario. Ad esempio d’inverno, nelle buche profonde con corrente lenta, rende spesso la loro ricerca con artificiali a forma di pesce o grubs con codina in gomma che, potendo lavorare sul fondo e conservando la loro mobilità anche al minimo richiamo, danno il tempo al pesce di attaccarlo o, più spesso, semplicemente di ingoiarlo quasi da fermo.

 PICCOLE ROGGE E CANALI

 Ormai da diversi anni le mie uscite in tardo autunno ed in inverno comprendono, assieme a quelle mirate a specie più “classiche”, un buon numero di tentativi mirati a catturare questo ciprinide in alcune rogge che scorrono nella zona in cui abito. In questi ambienti la sua ricerca è facilitata, oltre che dalle ridotte dimensioni dei corsi d’acqua, dal fatto che nella stagione fredda i livelli bassi costringono i pesci a radunarsi nei punti più profondi. In due-tre ore di pesca spesso si riesce a sondare bene altrettanti spot, se non qualcuno in più. Di norma i suddetti spot sono costituiti da: 1) ponti. 2) piccole briglie. 3) slarghi, sia naturali che artificiali (prese d’acqua, incroci con altri canali, ecc…). 4) curve, ma solo in caso di un certo aumento di profondità per un discreto tratto.

Tra questi ambienti i più interessanti sono nella maggioranza dei casi i ponti, seguiti a ruota dalle briglie. Vediamoli più da vicino.

 I PONTI

 Sono spesso una vera risorsa di pesci nel periodo invernale, perché sotto di essi si trovano tane, una discreta profondità e, in molti casi, la giusta corrente. Quest’ultima, se non esagerata, è molto importante, sia perché lambisce le tane (sui lati del ponte) dove i pesci, in acque più calme, possono ghermire ciò che di interessante passa loro a tiro, sia perché permette a noi di effettuare quei “giochetti” che finiscono per far perdere la testa ai barbi, ma anche alle carpe e, logicamente, ai predatori “veri e propri” presenti. Questi ultimi tuttavia finiscono spesso per attaccare ai primi lanci oppure, specie nel pieno del freddo, a non farsi vedere per niente. Il barbo e le carpe invece, se insidiati con pazienza, non mancano di mostrare interesse verso i nostri artificiali. Tutto ciò, che a prima vista può sembrare un’“utopia spinnica” (passate il termine), è invece spiegabilissimo nel fatto che i pesci in questione, oltre a non cadere per niente in letargo, sovente non resistono agli artificiali che, prima di tutto nel periodo in oggetto, stimolano in loro la fame, soprattutto se placabile usando poche energie. Lo vediamo subito.

 ADAGIO, ADAGIO

 La prima regola è quella di scordarsi i “consueti” recuperi da spinning. Occorre far muovere a velocità ridottissima, e per pochi centimetri, imitazioni di vermetti oppure di camole (in sostanza i grubs di cui parlavamo) innescate su ami con testina piombata. Mantenendo sempre e rigorosamente il contatto con l’artificiale, strisciamolo molto lentamente sul fondo per un breve tratto, per poi fermarlo per qualche secondo (anche dieci o più che, è vero, sembrano un’enormità). Ripetiamo l’operazione per tutto il percorso utile. L’attacco più facile da decifrare è quello che avviene durante i piccoli movimenti dell’esca, ma è anche il meno frequente. Anche quello sulla ripartenza del recupero non presenta particolari difficoltà, mentre quello meno decifrabile, ma più frequente, avviene con l’artificiale fermo. Il barbo, che lo ha puntato nei precedenti movimenti, vi si avvicina e lo “aspira” con la sua caratteristica bocca rivolta verso il basso. Per tutto quanto detto, e soprattutto per quest’ultimo modo di “attaccare”, raccomando di nuovo il costante contatto con l’artificiale, aggiungendo però che si deve trattare di un contatto “leggero”, onde non insospettire il nostro amico ciprinide. Quando avvertiamo qualche piccolo spostamento della lenza o qualche piccola toccata, dovremmo avere il sangue freddo di aspettare quell’attimo che permette al barbo di “mangiare” bene, mentre se il tutto si manifesta in modo più deciso è proprio il caso di piazzare una ferrata, anche se mai violenta. Altri fattori essenziali sono sicuramente quello di arrivare il più vicino ed il meglio possibile davanti alle loro tane e quello di scegliere, quando possibile, se pescare con l’esca che scende la corrente oppure la risale. Spesso questi ciprinidi sono radunati, per non dire ammassati nelle tane principali formate sotto il ponte, per cui è piuttosto basilare che l’artificiale arrivi (o meglio ancora transiti) li davanti, come abbiamo visto, in modo lentissimo. A tal fine diventa di aiuto (se altri fattori non rendono obbligata l’una o l’altra scelta) come detto, il pescare a scendere oppure a risalire. Anche se personalmente sono sostenitore, appena le condizioni lo consentono, del recupero controcorrente devo dire che in questo frangente tale recupero corre il rischio di farci sollevare troppo l’esca dal fondo (a meno di usare una piombatura assurda…), impedendo quello “strisciare” prima descritto, che è invece basilare. Per cui, nella maggioranza dei casi, rende meglio un artificiale che si sposta verso valle.

 Il barbo è divertentissimo, tira come un trattore e ci consente di affinare le nostre conoscenze di spinningofili. Proviamoci.

 

 

 

 


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