Tecniche

Barbi e Cavedani a passata

Di Mauro De Simone & Gianprimo Bonassi pubblicato il 21/08/11

(parte 1 di 2)

 LA TECNICA DELLA PASSATA IN ACQUE FLUVIALI E’ UNA DELLE

TECNICHE PIU’ PRATICATE IN PIANURA PER RIUSCIRE AD AGGANCIARE

CON SUCCESSO ED A RIPETIZIONE GLI INQUISITIVI CIPRINIDI CHE NUOTANO CONTROCORRENTE. ANALIZZIAMO INSIEME IN QUESTO DOPPIO ARTICOLO LE NOZIONI BASE PER AVVICINARSI CON SUCCESSO A QUESTA TECNICA DI PESCA, DAVVERO MOLTO EFFICACE, SOPRATTUTTO PER AFFAMATI BARBI E SCALTRI CAVEDANI DI TAGLIA !

Furbissimi cavedani e barbi inquisitivi sono due delle specie maggiormente ricercate da chi pesca con la tecnica della passata nelle acque profonde e correnti del medio tratto dei grandi fiumi di pianura. La giornata per la battuta di pesca inizia prestissimo all’ alba, anzi il giorno prima, di solito il Venerdì, quando ci si reca a far visita al proprio negozio di pesca, fiduciosi di trovare suggerimenti e utili consigli, oltre alle necessarie esche ed attrezzatura varie per il week-end successivo. E’ praticamente un rituale quello di chiedere al proprio negoziante di fiducia, prima di acquistare esche, ami e galleggianti, quali siano le condizioni del fiume ed i posti migliori dove si possono agganciare catture degne di nota, poichè la loro posizione varia da stagione a stagione e anche da mese a mese. E’ difficile che una postazione di pesca sia sempre produttiva. In genere il periodo buono dura solo poche settimane l’ anno e quindi una veloce consulenza al negozio, magari “pagata” con un aperitivo e due olive, ci permette di evitare il cappotto totale. Al negozio inoltre si trovano gli amici più fidati e spesso è proprio da qui che nasce la voglia di trovarsi a fare una battuta di pesca in compagnia. Oltre agli amici e all’ esperienza del gestore, per definire la qualità di un buon negozio è importantissima anche la varietà e gamma dei prodotti, in modo particolare per le tecniche specifiche che più ci piacciono. Alcuni negozi sono primariamente rivolti alla pesca a passata, cioè una delle più esercitate dai pescatori che frequentano i fiumi della bassa padania. Mentre altri negozi offrono anche tutto quello che c’ è sul mercato per lo spinning e per la pesca a fondo. Per questa uscita abbiamo deciso di affrontare il grande fiume del piano con la tecnica della passata, che per chi vi si cimenta anche per la prima volta, è in grado di regalare sempre qualche cattura interessante degna di nota. Il fiume visitato è l’ Oglio, nel suo medio tratto padano, dove la corrente anche se non eccessivamente forte è comunque buona, e le specie ittiche presenti numerosissime, tutte di taglia, a partire da cavedani e barbi più che discreti. La passata si può effettuare sia con canna fissa che con bolognese, cioè dotata di mulinello e di passanti scorri filo per lanci più lunghi e trattenute durature. Si tratta molto semplicemente di allestire una montatura di 2-3 grammi, facendo attenzione a concentrare il peso nella porzione finale della lenza, a soli 50-60 centimetri dall’ amo. La zavorra può essere rappresentata da una piccola torpille che da sola tara completamente il galleggiante, oppure da una “scalare” cioè una catena di semplici pallini, abbastanza piccoli, disposti a distanze sempre maggiori tanto più ci si avvicina al finale. Il vantaggio offerto dalla scalare sta insito nel fatto di essere una lenza molto più morbida e quindi armonica, che dopo il lancio deposita l’ esca in maniera graduale e del tutto naturale. Per la passata in fiume è preferibile montare un galleggiante a forma di pera rovesciata, o comunque di profilo piuttosto rotondeggiante, che meglio si presta ad applicare una trattenuta “sostenuta”, in grado di far distendere completamente la lenza durante il suo tragitto verso valle. Con il termine “trattenuta” si indica l’ azione del pescatore che dopo aver lanciato, non chiude

l’ archetto del mulinello ma lo lascia aperto, per far fuoriuscire metri e metri di filo prezioso, controllandone la fuoriuscita appunto con l’ indice della mano destra, pressando il polpastrello contro la bobina per tendere il filo ed applicare la tensione per qualche istante, per poi subito rilasciare qualche lunghezza e continuare con questa successione di eventi. Una buona trattenuta è obbligatoria per convincere i cavedani più belli ad assaggiare l’ esca. Senza questa trazione, infatti sarebbero i pallini di zavorra o la torpille a raggiungere per primi la tana del ciprinide, prima ancora dell’ esca; e quindi questo rischierebbe di allarmare irreparabilmente lo squalus, particolarmente attento con la sua vista eccezionale ad individuare eventuali trabocchetti del pescatore. Facendo invece distendere la lenza quanto basta, questo invece non succede ed il leucisco si vede presentata davanti un’ esca praticamente naturale e per questo più convincente da assaggiare. Bisogna però anche stare molto attenti a non esercitare una trattenuta esasperata, che rischierebbe di sottendere troppo la montatura e quindi di far alzare l’ esca eccessivamente, facendola lavorare a mezz’ acqua o più in superficie, dove in genere non stazionano mai gli esemplari maggiori.   

La scelta del galleggiante, quando si effettua una passata “lunga” cioè con un tragitto della montatura in acqua di almeno 20-30 metri o anche più, è cruciale; in particolare per quanto riguarda la visibilità dell’ astina che dovrà essere particolarmente evidente, colorata di giallo o rosso intenso e fluorescente, per non venire confusa dal pescatore, che deve sempre essere in grado di tenere sott’occhio anche il minimo segnale di oscillazione. L’ abbocco, soprattutto nel caso del cavedano, ma a volte anche per quanto riguarda i barbi più belli, può essere quasi impercettibile e quindi se il galleggiante non è ottimamente bilanciato e sensibile, si rischierà di lasciarsi sfuggire l’ occasione giusta in cui ferrare. Una ferrata produttiva ed efficace è un’ altra delle cose che il passatista esperto deve saper attuare. Troppo spesso infatti si esegue perfettamente tutta l’ azione di pesca ma ci si dimentica nell’ attimo più cruciale di come applicare una ferrata ottimale a far penetrare nelle carnose labbra del barbo la punta affilata

dell’ amo. Innanzitutto se si può, meglio anticipare l’ azione di ferrata quando siamo certi che un istante dopo il galleggiante affonderà. Per questo ci si deve ovviamente basare sull’ esperienza; quando la montatura passa proprio sopra al punto esatto dove c’ è la pastura e soprattutto dopo aver già visto nella passata precedente segnali di sussulto dell’ astina causati da barbi e cavedani interessati, lì si può stare certi che anche nella passata successiva si verificherà l’ abboccata. La ferrata si deve dare con due mani, in modo particolare quando si pesca con bolognesi piuttosto lunghe, per facilitare il colpo secco di vettino dato con la canna. Mentre con la destra si impugna il mulinello ed il corpo principale della canna, con la sinistra ci si aiuta ad alzare fin dietro le spalle la punta della lunga bolognese, per sottendere la lenza bruscamente a far entrare l’ amo. Ecco quindi che per una “passata-ferrata” catturante, ci si deve disporre con il corpo sempre perpendicolarmente all’ asse “galleggiante-pescatore”, avendo cura di ruotare il busto mentre

l’ esca scende tranquilla verso valle. Così facendo saremo sempre nella posizione migliore in cui ferrare. Ricordiamoci inoltre di tarare al minimo la frizione del mulinello. Per evitare di rompere sull’ impatto, bisogna scegliere un mulinello con drag altamente permissiva, poichè pescando con finali dello 0,08-0,10 basta poco a far lacerare il terminale a causa dello strappo e perdere così la cattura con l’ amo in bocca.  

Quando ormai il pesce è stato agganciato inizia la fase più entusiasmante dell’ intera azione di pesca. La canna si piega improvvisamente sotto l’ azione potente dei forti colpi di coda di un barbo super arrabbiato, che quando viene agganciato dal pescatore si sente ormai ingannato, tirando fuori tutta l’ energia che possiede. I barbi più grossi puntano diritti verso il largo, quasi si trattasse di carpe inferocite e, nel caso dei portoghesi, questa è proprio la fase più delicata poichè sono dotati di una spina dentata tagliente a livello della pinna dorsale che potrebbe far lacerare più facilmente il terminale, qualora questo vi si incastrasse. I barbi sono davvero tenaci, forse più dei cavedani e dopo essere stati agganciati non si arrendo tanto facilmente, in modo particolare gli esemplari over chilo, che possono tranquillamente arrivare fino a 70 centimetri nei fiumi più grandi. Per riuscire nell’ impresa di tirare fino a riva il grosso e mostruoso ciprinide che si è attaccato, il pescatore deve giocare di gomito, inclinando la bolo prima a destra e poi a sinistra per seguire meglio le fughe del pinnuto in profondità, piegandosi anche con le ginocchia e con la porzione superiore del corpo, se necessario, per meglio attutire le testate più potenti e pericolose. Dopo circa 10 minuti di battaglia, la cattura incomincia a stancarsi ed il passatista ha già fatto così metà dell’ impresa. E’ la fase finale del recupero il momento più delicato

dell’ intero combattimento poichè, anche se la cattura mostra segni di cedimento, non si sa mai quando questa può risvegliarsi improvvisamente, costringendo il pescatore a stare sempre coi nervi ben saldi e costantemente all’ erta. Essenziale è l’ utilizzo di un guadino a manico lungo quando il barbo o il cavedano sono ormai arrivati a pochi metri dalla nassa. Il guadino ci permette infatti di avviluppare con sicurezza il pinnuto, altrimenti afferrandolo con la sola mano nuda potrebbe scivolarci a causa del muco sulla pelle e così scappare. Ancora qualche testata ed il ciprinide fluviale è ormai “fatto”, e per sfinirlo completamente basta tirargli fuori la testa e fargli prendere una boccata di ossigeno. Fatto ciò, difficilmente l’ avversario ritornerà a dimenarsi. Subito dopo essere stata guadinato, la cattura va slamata il più velocemente possibile, per evitare di arrecarle danno, soprattutto se agganciata con l’ amo in profondità nella gola. Attraverso

l’ utilizzo di un comodo slamatore, si può raggiungere facilmente l’ amo e distaccarlo con il minimo sforzo ed un semplice movimento rotario dell’ attrezzo. Infine una foto ricordo immancabile, prima di deporre la cattura nella lunga nassa ad anelli dove avrà modo di riposarsi e riguadagnare così le energie perdute.

 


FacebookTwitterGoogle+Invia per email

Collabora


Ti potrebbero interessare anche: