Tecniche

Barbi e Cavedani a passata parte 2

Di Mauro De Simone & Gianprimo Bonassi pubblicato il 05/09/11

(parte 2 di 2)

 DOPO AVER INTRODOTTO NELLA PRIMA PARTE LA TECNICA ED I “TRUCCHETTI” BASILARI PER AGGANCIARE CATTURE A RIPETIZIONE, VEDIAMO ORA DI CONOSCERE PIU’ IN DETTAGLIO DUE DELLE CATTURE PIU’ FREQUENTI SUL FIUME, BARBI E CAVEDANI APPUNTO, CHE SONO ANCHE GLI AVVERSARI PIU’ RICERCATI DAI PASSATISTI PIU’ TECNICI,  CHE OPERANO DI BOLOGNESE !

 per leggere la prima parte clicca qui

Il cavedano (Squalius cephalus)

Tra le varie specie ittiche che si possono agganciare sul fiume, i cavedani rappresentano certamente un obiettivo tra i più pregiati poichè molto difficili da convincere all’ abbocco.

I cavedani sono infatti dei ciprinidi che devono il loro nome al fatto che “ci vedono” appunto, avendo occhi grandi e ben sviluppati e con cui riescono a percepire anche il più piccolo segnale che riveli la presenza della lenza attaccata all’ esca. Più i cavedani crescono per taglia e dimensioni e più diventano scaltri. I giovani cavedanelli di 200-300 grammi un po’ tutti i pescatori riescono ad agganciarli, ma quando si tratta di squali di taglia, parliamo di 700-800 grammi minimo, allora le cose cambiano e solo i pescatori più esperti riescono nell’ impresa. Ci sono poi sul fiume i veri e propri mammalucchi di dimensioni esagerate; cavedani di 1,5-2,0 chilogrammi che non si fanno vedere mai tanto facilmente ma che sull’ Oglio, come negli altri grandi fiumi del Nord (Adda, Mincio e Ticino) ci sono ! La pesca del cavedano a passata si effettua con canne bolognesi o fisse che devono essere obbligatoriamente molto leggere per consentire al pescatore di ferrare con prontezza e rapidità di riflessi. I cavedani infatti assaggiano molto velocemente, quasi impercettibilmente, facendo affondare l’ astina del galleggiante per un solo istante, e successivamente rilasciare il boccone quando si accorgono che attaccato all’ amo c’è anche il finale. Dunque il passatista dovrà obbligatoriamente ferrare deciso e profondo non appena si riscontra un comportamento “innaturale” del segnalatore, che a volte nelle abboccate più leggere, può anche solo tentennare, senza mai affondare, soprattutto nel caso dei cavedani più anziani che rivelano a mala pena il segnale della loro presenza ed interessamento all’ esca. Per il cavedano

l’ esca migliore e più produttiva in assoluto è la larva di mosca carnaria; il tradizionale bigattino, obbligatoriamente di colore bianco, con cui si deve anche pasturare per attirare sotto canna il branco, prima di iniziare ad agganciare a ripetizione. I cavedani di fiume si richiamano principalmente con delle fiondate ripetute e continuate di 20-30 larve per volta, lanciate circa 10 metri più a monte, a distanza variabile considerando la velocità della corrente nel particolare tratto di fiume dove si sta pescando. Poichè le larve ci mettono un po’ prima di affondare alla giusta profondità, dovremo scegliere una postazione di pesca dove l’ acqua è profonda al massimo 3-4 metri; difficilmente i bigattini fiondati riusciranno ad arrivare correttamente a profondità maggiori, senza essere spazzati via dalla corrente ed allontanando conseguentemente il branco. Il cavedano si riconosce subito dagli altri ciprinidi fluviali per avere il corpo interamente ricoperto da squame argento dorate piuttosto evidenti, grossa bocca circolare ed occhio prominente. Questi leucischi sono pesci tipicamente gregari ed amano raggrupparsi per formare anche branchi molto numerosi, fino a 15-20 individui, che scorrazzano costantemente di quà e di la sul fiume, in cerca di qualcosa da mettere nella pancia. Gli habitat preferiti dal cavedano sono la buca profonda che si crea subito dopo ad un raschio basso, oppure laddove il fiume viene incanalato tra argini in cemento, in prossimità di una diga o di un canale. Spesso i cavedani amano stazionare proprio ai lati marginali della corrente, dove è richiesto uno sforzo minore per mantenere la posizione. Dopo una ferrata positiva, questi scaltri combattenti cercheranno subito di liberarsi dalla lenza, puntando diritti verso rami e pietre semi-sommerse contro cui far impigliare e quindi lacerare il nylon. E’ per questo motivo che durante le prime fasi della battaglia, il pescatore dovrà cercare di tenere la canna alta, per distanziare dal fondale l’ avversario onde evitare inutili imprevisti. 

Il barbo (Barbus Barbus)(Barbus plebejus)

Il barbo è la seconda specie che i passatisti amano in assoluto, poichè è un combattente di fondo davvero molto tenace ed ampiamente diffuso nei nostri fiumi. In Italia attualmente due sono le varietà di barbo più ricercate; quello nostrano cioè il plebejus, che da sempre ha abitato i nostri fiumi ed il recente arrivo, cioè il barbo portoghese o europeo, in grado di raggiungere taglie molto maggiori, anche fino a 6-7 chilogrammi di peso. In entrambi i casi i barbi sono sempre interessanti da agganciare poichè non affatto facili da convincere all’ abbocco. Essendo una specie bentonica, bisogna innanzitutto saperli raggiungere con l’ esca. Se non si calibra esattamente la distanza “amo-galleggiante”, si rischia di passargli sopra, senza riuscire a farli mangiare. E’ necessario quindi testare con una sonda la profondità precisa nel particolare punto del fiume in cui si sta pescando. Successivamente bisogna richiamare questi baffuti pinnuti, lanciando in acqua una buona quantità di pastura, che può essere sia costituita da sfarinato di fondo sia da larve di mosca carnaria, oppure anche un mix delle due cose. Per pasturare correttamente si deve allestire una calzetta, cioè riempire una rete metallica con due o tre pietre non troppo grosse e successivamente inserirvi la pastura, avendo cura di comprimerla bene per evitare un rilascio troppo immediato del contenuto. Dopo aver lanciato 3-4 calzette i barbi arriveranno certamente, è solo questione di attendere ! Per capire se si sta pescando correttamente e nel punto giusto, sarà sufficiente riagganciare per caso su di una ferrata una delle calzette che abbiamo precedentemente lanciato nel fiume. Quello è il punto esatto dove i barbi assaggeranno anche la nostra esca vincolata all’ amo. I barbi preferiscono acque più veloci rispetto ai cavedani, poichè il loro corpo è morfologicamente strutturato per resistere con facilità anche dove l’ acqua tira parecchio. Le catture principali quando si pesca in fiume sono rappresentate da barbi intorno ai 900 grammi, per circa 40 centimetri di lunghezza, ma se si riesce ad azzeccare il punto giusto dove si sono radunati i “bestioni” allora si potranno attaccare anche baffoni di 60-70 centimetri, che superano abbondantemente i 2 chilogrammi. I barbi combattono davvero duro prima di arrendersi e quindi impongono al pescatore l’ utilizzo di un finale relativamente resistente. Mentre per il cavedano si può scendere fino ad uno 0,08-0,09 di diametro, nel caso del barbo è consigliabile montare uno spezzone finale dello 0,14-0,16, soprattutto se si sta pescando in quelle acque dove sappiamo esserci dei veri e propri pesi massimi. Le acque preferite dai barbi sono quelle del tratto medio-basso dei grandi fiumi del piano; in particolare dove ci sono fondali ciottolosi e ben puliti, magari con qualche ciuffo di alghe che rappresenta per questi ciprinidi un sicuro riparo sotto cui nascondersi. Pescare a passata questi testardi avversari non è affatto cosa facile ed il pescatore alle prime armi può metterci anche un anno prima di imparare i posti giusti e come allestire le montature migliori. Meglio quindi affiancarsi nell’ uscita a qualche passatista esperto che già conosce la zona e che ci possa dare consigli utili per incrementare da subito il numero di catture effettuate. Nel caso della pesca a passata del barbo si consigliano canne leggermente più lunghe e resistenti rispetto a quelle utilizzate per il cavedano. Bolognesi dunque di 6-7 metri vanno benissimo e se si pesca in acque particolarmente profonde, anche di 8 metri, per far passare l’ esca proprio radente al fondale.

 


FacebookTwitterGoogle+Invia per email

Collabora


Ti potrebbero interessare anche: