Tecniche

Boghe con la canna fissa

Di Marco de Biase pubblicato il 24/06/12

Tornare a pescare le boghe è come fare un viaggio nei ricordi. Questi pesciolini hanno rappresentato il primo step nella pesca “vera”, quella che fa la differenza quando sei bambino, mentre ti affacci al mondo delle prime gare. Correva l’anno 1995 quando conobbi un pescatore che avrebbe cambiato per sempre il mio modo di vivere il mare. Si chiamava Mauro Cusmai, un collega di papà, appassionato di pesca, che amava cimentarsi in garette e competizioni amichevoli al porto di Bisceglie, in provincia di BAT.

Nel raccontarvi l'esordio con le boghe sento di ricordare alcuni dettagli del passato. Mi rendo conto quanto il mare sia cambiato da allora: era decisamente più pescoso e le prime tecniche di “finèsse” si facevano strada dopo anni bui fatti di pesca a fondo con attrezzature davvero primordiali. Nei primi anni ’90, infatti, vi è stata una profonda evoluzione della pesca in mare anche grazie al lavoro delle riviste di settore e delle enciclopedie della pesca in VHS (ricordate L’Arte della Pesca?). Siamo arrivati a praticare la bolognese, l’inglese ed il ledgering per mezzo degli insegnamenti ricevuti dalle acque interne, abbandonando le grossolane canne da fondo con anelli a ghiera per dedicarci ad attrezzature più leggere. In questo grande calderone dettato dal progresso si fece avanti un modo di pescare le boghe con la canna fissa (assieme all’inglese per i pesci ad una certa distanza – ma non ne parleremo), che diventò una vera e propria moda per l’estate. Papà mi presentò Mauro proprio lungo il molo della LNI di  Bisceglie e mi regalò una canna fissa, la Milo Vulcano, attrezzo in fibra di vetro, davvero pesante per un ragazzo che aveva da gestire una lunghezza di 6 metri. Nonostante il peso spropositato per il mio esile e gracile corpo di 12 enne, ero desideroso di imparare e mi accostai alle lezioni di Mauro con tanta umiltà, cercando di strappargli qualche trucco.

Il video. Per la prima volta su Pescareonline sono a proporvi un articolo ed un video su Pescanet TV, il mio canale youtube. Ho ripercorso le tappe delle lezioni di pesca con Mauro, quel caro signore che mi iniziò alle boghe in velocità. Rivedendolo prima di pubblicarlo, ho vissuto i flashback delle tante mattine passate con papà sotto il sole cocente, mentre facevamo trionfali canestri di boghe, l’una dopo l’altra. Mentre innescavo i gamberetti ho riassaporato quegli odori di pastura a base di farina di pesce e salsedine comuni a tutti i garisti di settore che vidi per la prima volta sempre nel 1995. Eccomi qui, adesso, con le dita sulla tastiera e la voglia di comunicarvi quanto sia bella la pesca alla boga con la canna fissa. E’ una tecnica sempre in voga durante le competizioni perché permette di arrivare a quantitativi spaventosi di pesce, quasi 1 preda ogni minuto, con 180 pezzi (e forse anche di più) a fine gara dopo 3 ore di battaglia. Questa teoria è confermata dallo spettacolo durante una gara di spessore nazionale al porto di Bari, con personaggi illustri del nord Italia. Molti ragazzi del Pescanet Team, che sto avviando a discipline sempre più complesse, ne sono  affascinati per l’estrema praticità e velocità, riassumibile in tre concetti: pasturazione (ma soprattutto innesco), attesa, recupero. Prima di entrare nel merito della pesca vera e propria vorrei fare una precisazione sugli attrezzi da impiegare.

La canna fissa. A seconda del fondale sceglieremo canne fisse da 6 agli 8 metri. La prima è una canna assolutamente semplice da usare. La leggerezza di una sei metri in carbonio alto modulo non stanca mai il braccio e tenerla per ore è un gioco da ragazzi, persino da allievi alle prime armi. La sette metri è già un passo in più verso un modello di canna fissa per le boghe un po' più distanti dalla nostra postazione. La otto metri è un vero e proprio palo che, nonostante le ottime qualità di materiali e bilanciatura, non permette una pesca veloce ma va tenuta nella sacca per situazioni extra. Nel filmato pesco con una sette metri su un fondale di 5 metri, settando il galleggiante su 2 metri scarsi di lenza. La canna lavora meravigliosamente e permette di essere celeri, costanti e... ripetitivi. Si, la ripetitività di questa pesca sta nel fare un pesce dopo l'altro ed è un aspetto che piace a molti ma non convince altri. Prima di disprezzarla o non considerarla affatto, credo che sia necessario capire quanto sia bello tornare alle origini, con una pesca che somiglia a quella delle alborelle in molti aspetti.

Pasturazione. La pastura riveste una grande importanza nella pesca alla boga. Non stiamo pescando cefali sul fondo, bensì pesci di superficie, che viaggiano mediamente sui 2/3 metri di profondità. Occorre avere a disposizione uno sfarinato che si sciolga nei primi strati dell'acqua senza saziare i pesci, richiamandoli continuamente nella nostra zona di operatività a canna fissa. Mi affido volentieri alle proposte del mercato che sforna ogni anno sacchetti specifici: boga, boga superficie, boga mix, boghe castagnole occhiate, boghetta competizione e chi più ne ha, più ne metta. Ne ho trovate di tutte le salse, da pasture granulose a brumeggi simili a sabbia dal colore bianco, rosso simile alla terra del Pianeta Marte (come quella che vedrete nel video a forte concentrazione di gambero tritato), persino nero con farina di pesce. L'obiettivo è esplodere a contatto con l'acqua e lasciare una nuvola che richiami i pinnuti e magari li faccia impazzire, portandoli in frenesia alimentare acuta, dopo un'ora di pasturazione continuata. Le boghe sono pesci velocissimi, instancabili nuotatori. Quando vanno su di giri abboccano con molta ferocia e fanno terra bruciata di ogni esca. Il boccone più gradito resta il gambero. Ho provato sia quelli freschi che quelli congelati e le differenze sono davvero minime. L'importante è non acquistare i gamberetti precotti che si vendono in supermercato, cerchiamo di prendere quelli congelati con o senza testa. Tra le altre esche per la boga annoveriamo il coreano, la pastella, il pane a fiocco. Il coreano va tagliato a pezzetti mentre la pastella è modellabile con le dita.

Attesa e recupero. Il filmato che ho preparato per voi capita a pennello e spiega le cose con un focus pratico più che teorico. Le immagini hanno proprio il potere di spiegare al meglio le cose più di una penna su un foglio di carta. Noterete la montatura ridotta all'osso, con un terminale di 30 cm dello 0,16 (le boghe hanno una dentatura tagliente, meglio andare sicuri), un microaggancio rapido Stonfo, una torpille da 2 grammi, un trave dello 0,18 ed un galleggiante a goccia da 2 grammi. In caso di corrente assente e mare calmo possiamo crescere di sensibilità montando un galleggiante da 1 grammo a forma di carota. Dopo aver lanciato attenderemo l'abboccata della boga che non si farà attendere. Solitamente è regolare, dopo 15/20 secondi cade sotto l'ingordigia. In altri casi, invece, tendono a "spiombare" portando l'esca verso l'alto. Anche qui non dev'esserci spazio per le esitazioni e dobbiamo ferrare.

Ricordiamoci uno straccio!!! Le boghe hanno l'insana abitudine di svuotare tutto il contenuto dello stomaco quando sono tra le nostre mani per le fasi di slamatura. Senza una pezzuola a portata di mano rischiamo di tornare a casa con vestiti maleodoranti, ottimo bigliettino da visita per un divorzio prematuro dalla nostra consorte. Se decidiamo di sopprimerle per gustarle a pranzo cerchiamo di eviscerarle quanto prima, tagliando magari la testa, lavandole con acqua di mare. Fritte con un'impanatura leggera sono una vera delizia, ve lo garantisco!

 


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