Racconti

Bolentino vs. coda di drago

Di Fabio Storelli pubblicato il 17/01/14

Il mercato internazionale offre centinaia e centinaia di esche ed attrezzature particolari per praticare le più disparate tecniche di pesca in mare affiancate dalle classiche ed intramontabili montature per le pesche più classiche. Tra queste stranezze, ovviamente arrivate dai nostri “vicini” di casa nipponici, abbiamo scovato un attrezzo che ha scatenato la nostra attenzione: la Coda di Drago. Venduta in buste dal variopinto cartoncino, la Coda di Drago è una sorta di calamento da bolentino a tre finali a bandiera preceduto da un piombo colorato. Questa similitudine con il bolentino ha acceso la nostra curiosità a tal punto da ordinare due finali da studiare nel dettaglio.

Aprendo la busta e facendo fuoriuscire il finale constateremo subito la consistenza del monofilo, una sorta di brillatura lunga circa 80 cm dello 0,40. A questo monofilo sono collegate 5 girelle contornate da diverse perline colorate: 3 girelle serviranno per i finali, 1 girella per il piombo ed un ultima girella per collegare la nostra attrezzatura al trecciato del nostro mulinello. Leggendo le istruzioni complete riportate sul retro del cartoncino incluso nella confezione non ci sarà difficile procedere al montaggio della Coda di Drago, basterà collegarla al nostro multifibra (indispensabile per questa tecnica), aggiungere un piombo di grammatura variabile dai 120 ai 200 grammi, collegare i nostri 3 finali di fluorcarbon alle girelle, innescare e il gioco è fatto. Come scritto sulla confezione, con questa attrezzatura si potranno catturare Pagelli, Mormore, Sogliole, Pagri, Pettini, Tracine e tutti i grufolatori di fondo.

Ma vediamo nel dettaglio come usare la nostra coda di Drago.

Innanzi tutto i nostri colleghi nipponici consigliano di usare un piombo fluorescente con riflessi rosati e un occhio vicino all’occhiello di giunzione da far saltellare ritmicamente sul fondo come richiamo (sonoro e visivo, in quanto alzando il sedimento provoca l’attenzione dei grufolatori presenti in zona)..noi non lo abbiamo trovato ma in compenso siamo riusciti a recuperare un kabura molto simile al quale abbiamo tolto il piumaggio e gli assist e lo abbiamo collegato alla girella. In alternativa possiamo acquistare un piombo a goccia bianco ed aggiungere un adesivo a forma di occhio facilmente reperibile nei migliori negozi di pesca. Una volta risolto il problema zavorra ci occuperemo dei finali che realizzeremo in base alle prede che penseremo di trovare sullo spot. Per il test abbiamo utilizzato un fluorcarbon Seaguard dello 0,25 con ami del n. 8 in quanto nella zona di pesca avevamo preso pesci di modesta pezzatura. La lunghezza dei finali è variabile in base a molti fattori: corrente sul fondo, esche utilizzate ma mediamente un 3-7 cm sarà un buon compromesso. Le esche consigliate sono ovviamente gli anellidi: muriddu, koreana, americano ma anche gamberetti (vivi o morti), tentacoli di seppia o striscioline lunghe e sottili di calamaro battuto.

Pensandoci bene, abbiamo riscontrato che dopotutto con questa tecnica si possono catturare le prede classiche del bolentino costiero e allora perché non testarle in simultanea?

Abbiamo provveduto ad effettuare un uscita di pesca dalla barca con due canne, una per il bolentino e una per la Coda, in una zona classica del bolentino costiero dove avevamo avuto diversi strike di Pagelli Fragolini, Saraghi Testa Nera e Orate.

Per il bolentino abbiamo predisposto una montatura a due ami con piombo finale, madre dello 0,22 fluorcarbon e finali dello 0,18 in fluorcarbon di 30 cm con amo del numero 10 (disegno). La canna, una classica da bolentino da 4 metri a vettino intercambiabile corredata da un mulinello serie 4000 caricato a nylon dello 0,26. Per la Coda di drago abbiamo adattato una canna Colmic da Tataki con mulinello rotante e multifibra Sunline super PE da 10 libbre.

La giornata prometteva bene: cielo limpido, brezza di vento e mare poco mosso, ideale per una battuta a scarroccio. Utilizzando le stesse esche, koreana e gambero vivo, abbiamo riscontrato fin da subito un interessamento maggiore verso il gamberetto. Mentre il calamento del bolentino regalava uno strike dietro l’altro, la vetta della canna collegata alla Coda di Drago non dava segni di mangiate. Dopo averla tirata in superficie passati alcuni minuti con nostro stupore constatammo che la Coda si era completamente aggrovigliata su se stessa così, pensando che i finali in fluorcarbon fossero troppo lunghi provvedemmo ad accorciarli fino alla lunghezza di 4 cm. Con questo piccolo accorgimento la giornata di pesca è proseguita con molte catture da parte del bolentinista e da qualche cattura effettuata dalla Coda di Drago su un fondale di 35 metri: Pagelli, Rovelli, Saraghi e Orate hanno formato il carniere di questa giornata.

Indubbiamente su questi fondali il bolentino ha avuto la meglio ma vediamo come si comporteranno su fondali maggiori.

Spostandoci su uno spot con una profondità di circa 90 metri che ci aveva regalato dei Pagelli che sfioravano il chilo di peso indubbiamente la canna dedicata alla Coda di Drago presentava un vantaggio: il multifibra. Ad elevate profondità bisogna fare i conti con l’elasticità del nylon, un allungamento che il nostro trecciato ha pressoché nullo. In questo spot poche mangiate ma di taglia: un bel sarago testa nera e un orata di quasi 700 grammi non hanno resistito al gambero vivo innescato sulla Coda di Drago.

DOVE

La Coda di Drago andrebbe utilizzata solitamente su fondali sabbiosi e fangosi in quanto è un attrezzatura che pesca strisciando il fondo ma abbiamo avuto ottime catture anche sulle cigliate profonde o zone con scogli sparsi. Il range di utilizzo potremmo estenderlo dai 20 ai 120 metri, soglia oltre la quale altre tecniche ci permetteranno di effettuare buoni carnieri. Tenete conto che la nostra “Coda”, strisciando continuamente sul fondo avrà molte possibilità di incaglio (vedi video), sarà la nostra abilità ad evitare di perdere questa attrezzatura tutt’altro che economica. Una soluzione? L’autocostruzione!

Tutto quello che ci occorre è:

  • 2 metri di nylon nero in diametro dallo 0,40 allo 0,45

  • 16 perline colorate (rosso-bianco-rosa), di misura adeguata per essere inserite su una doppiatura del nylon (quelle per i braccialetti vanno benissimo)

  • 4 girelle e una girella con moschettone

  • 7 manicotti

  • 1 tubo di plastica di 4 cm circa (quello per le orecchie)

  • Fluorcarbon per i finali in diametro dallo 0,25 allo 0,40 (a seconda delle prede da insidiare)

  • Ami di misura dal numero 8 al numero 2

  • Tubo silicone trasparente

  • Piombo a goccia, possibilmente bianco o fluo.

     

    Cominciamo prendendo una girella e facciamo passare all’interno il nylon. Affianchiamo le due metà del nylon e creiamo una brillatura per tutta la sua lunghezza. A questo punto dovremo infilare tutti i pezzi necessari seguendo questo ordine: manicotto, 2 perline, girella con moschettone, 2 perline, tubo in plastica, 2 perline, 2 manicotti, 2 perline, girella, 2 perline, 2 manicotti, 2 perline, girella, 2 perline, 2 manicotti, 2 perline e girella finale.

    Il finale che ne deriverà sarà pressoché identico ad una Coda di Drago originale. (vedi disegno)

    VERDETTO FINALE

    La Coda di Drago si è rivelata una tecnica d’eccellenza nella cattura dei grufolatori di fondo, in special modo dei Fragolini, che hanno apprezzato le continue nuvole di sedimento prodotte dal saltellare del piombo sul fango. C’è da dire però che la sensibilità che si ha con il terminale da bolentino da molte più chanse al pescatore di percepire le toccate più timide, sia dei pesci di taglia minore che delle orate più sospettose. Il bolentino ha regalato molte catture, anche di piccola taglia, la Coda invece ci ha deliziato con meno catture ma più di qualità.


FacebookTwitterGoogle+Invia per email

Collabora


Ti potrebbero interessare anche: