Tecniche

I Salti

Di Mauro Pitorri pubblicato il 01/12/10

Quante volte durante una sessione, o nelle fasi di preparazione che la precedono, siamo stati lì in riva al nostro lago con la mente, occhi e orecchie;  attenti a cogliere anche la minima sfumatura, che ci rassicura del lavoro fatto al fine di avere la fatidica certezza di essere al posto giusto nel momento giusto!
Il convincimento e il modo di arrivare allo stesso, per noi carpisti significa avere coscienza, nella fiducia che riponiamo nel nostro io di pescatori.
Senza questa speranza, finalizzata al pensiero positivo di noi stessi su quello che ci accingiamo a fare o che stiamo facendo, ci mancherebbe quel “carburante” che alimenta il nostro spirito, avventuriero, fatto di tante fatiche, dove solo il ricordo indelebile nella nostra mente di una cattura,  determina e stimola quella voglia di non mollare mai.
In qualsiasi acqua, uno dei fattori più rassicuranti che determina la presenza di carpe per noi, “incurabili carpisti”,  sono i salti delle stesse.
Questo modo di “esibirsi” in superficie, da parte delle carpe,  va sicuramente interpretato come una presenza certa, anche se questa espressione va valutata con attenzione al fine di stringere insieme tutti i fattori che determinano questo comportamento, per arrivare ad una corretta interpretazione  finalizzata alla cattura.
Il salto nella sua più totale espressione comportamentale della carpa, non è altro che uno stato fisico alterato da varie forme di “eccitazioni”, le quali possono essere espresse fragorosamente dal pesce per  frenesie legate al loro modo di vivere.
Le ragioni più accreditate per questo comportamento, sono il più delle volte legate al cibo, elemento primario per un animale selvaggio dominato da un istinto primordiale dove la sopravvivenza è l’unica espressione di vita conosciuta.
Una delle verità sul salto delle carpe, è che usano questo comportamento quando si spostano da un posto ad un altro, ed è accentuato in quantità numerica di salti, quando questo è messo in atto da pesci che vivono in branchi.
Ovviamente, questi spostamenti sono sempre scanditi dalla ricerca di cibo, proprio per questo un pescatore con occhio attento, sarà in grado di capire quasi con risultato matematico le rotte che tracciano i branchi di carpe.
Generalmente, quando un branco di carpe decide di partire si capisce perché nel punto da dove si metteranno in movimento, i salti saranno più insistenti e fragorosi, riducendosi d’intensità con il colmare della distanza del loro punto d’arrivo, che di norma coincide con una zona ricca di cibo.
Queste “rotte” tracciate dai salti, sono quasi una regola che le carpe usano esibire in bacini  caratterizzati da grandi masse d’acqua, personalmente ho avuto la fortuna di assistere e sfruttare questo fenomeno sia nel lago del Salto che nel lago del Turano, bacini da me conosciuti molto bene.
Ho un ricordo indelebile di questo spettacolare “concerto” di salti, che è strettamente legato alla mia persistente osservazione dell’acqua  in quei laghi,  in tante occasioni ho speso moltissimo tempo sulla mia barca, per riuscire a cogliere quei segnali, grazie ai quali ho individuato i “sentieri” delle carpe, esplorazioni che hanno facilitato le “partenze”.
Normalmente, i salti concernenti, il branco di carpe che si mette in movimento in un grande lago, sono una espressione comportamentale che trova la massima manifestazione dalla tarda primavera fino all’arrivo dei primi freddi, per annullarsi quasi completamente in inverno.
A proposito d’inverno; questa stagione non credo che sia il massimo per osservare le carpe mentre saltano in superficie e questo vale sicuramente per ogni tipologia d’acqua.
Ma, attenzione, una carpa che salta in piena stagione fredda e questo avviene per il 99% di notte, magari dalla parte completamente opposta alla nostra postazione, deve assolutamente scatenare in noi un dinamismo tale da togliere anche tutto il campo se necessario, per poi rimontare lo stesso in modo tale da consentirci di pescare con estrema precisione nel punto dove si verificano i salti.
Dell’importanza del salto invernale, ebbi la riprova qualche anno fa, durante una sessione dove la bassa temperatura mi aveva veramente messo a dura prova, le canne erano state posizionate in settori specifici e ben pasturati da tempo, dove la settimana prima avevano dato qualche discreta carpa.
Dopo due notti al gelo e completamente prive di abboccate, alla terza notte con le speranze che si erano ormai assottigliate al punto tale da convincermi, che, l’indomani mattina avrei mollato, verso  le 23.00 circa, in una piccola ansa situata subito sulla sinistra del mio campo (dove non avevo depositata nessuna esca), udii improvvisamente un tonfo impressionante.
Quell’ansa, dove la settimana prima il livello dell’acqua era basso,  la situazione era cambiata, perché un innalzamento del livello del lago, aveva parzialmente sommerso rovi e piccoli cespugli  presenti in quel settore.
Quel tonfo, proveniente da quella piccola ansa, mi fece sobbalzare dal lettino tanto fu il fragore emesso, accentuato dal silenzio di quella fredda notte, che solo un carpista “invernale” ne conosce l’inquietante calma.
Non nascondo che provai fatica ad alzarmi dalla “branda”, ma la curiosità e il richiamo di quel salto aveva riacceso in me delle speranze, appena il tempo di  mettere fuori la testa dalla tenda che un secondo salto sempre nello stesso posto ruppe nuovamente il silenzio della notte.
I cerchi che si allargavano nello specchio d’acqua, mi fecero individuare con precisione il posto del salto senza esitazione alcuna, recuperai una delle canne sul rod pod, dopo aver percorso a piedi una ventina di metri lungo la sponda rispettando il più assoluto silenzio, cercai con un lancio breve a pendolo, di posizionare il terminale in quel sottoriva tra due cespugli dove avevo visto disperdersi i cerchi dell’acqua generati dal salto della carpa.
Lanciai in acqua, oltre al terminale, una trentina di “palline”, ritornando infreddolito ma fiducioso in tenda.
Non feci in tempo a chiudere il sacco a pelo, che il segnalatore di sinistra emettendo due “bib bib” seguiti da un breve silenzio, mi fece risaltare fuori della tenda, in tempo per assistere ad una partenza lenta ma incredibilmente potente; aveva abboccato!
Dopo un bel combattimento portai a guadino una carpa a specchi bellissima che sfiorava i venti chili, era un maschio muscoloso e potente (cosa strana per il periodo), appena poggiato sul materassino produsse getti di bianco  liquido seminale.
Quella sessione terminò positivamente grazie a quel salto in una condizione estrema, dove la rumorosa rivelazione di quella specchi, la farà ricordare da me per tutta la vita.
In alcune occasioni (per fortuna poche), può capitare di trovare carpe che saltano in una specifica ansa o porzione di lago, e nonostante questo inequivocabile segnale di presenza, le stesse non accettano forme d’alimentazione diversa da quella che in quel momento hanno trovato in abbondanza naturalmente: gamberi, piccoli pesci, uova di altri pesci, vermi ecc. ecc. in questo caso la pesca è veramente frustrante.
Alcune carpe possono usare i salti in primavera per eliminare dalla pelle i parassiti (come le sanguisughe per esempio), che si sono attaccati a loro durante la scarsa attività, rallentata dai rigori invernali, dopo essere state ferme nel fango o comunque a contatto con il fondo per periodi più o meno lunghi.
I salti, comunque, come inizialmente ho detto, sono una forma di eccitazione fisica incontrollata della carpa nel suo comportamento rispetto al cibo,  a causa della forte pressione di pesca perpetrata  in alcuni laghi i salti possono diventare rari o addirittura scomparire, ovviamente la mancanza di questo fenomeno è strettamente legato a queste condizioni, dove, pasturazioni pesanti protratte per anni e massiccia presenza di carpisti possono aver indotto le carpe a cambiamenti comportamentali rendendoli più attenti.
In Italia per nostra fortuna nella maggior parte dei  laghi siamo ancora lontani rispetto ad alcuni paesi europei da una pressione di pesca  veramente forte, quindi possiamo ancora godere di queste “manifestazioni acrobatiche” da parte delle carpe, pertanto uno dei fattori rassicuranti del nostro “io“ di carpisti, è ancora salvo.


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