Tecniche

Carpfishing in inverno: riflessioni

Di Roberto Ripamonti pubblicato il 15/12/10

La stagione più difficile ma quella che regala alcune soddisfazioni di alto livello

La nottata era stata tremenda perché da qualche giorno era passata una perturbazione da Nord Est e il termometro era andato in picchiata. Il cielo era sporco di nuvole minacciose e la pressione era stabilmente bassa anche s eil vento, non aveva rovinato definitivamente i miei piani di pesca. Nel sacco a pelo 5 Stagioni, me ne stavo al calduccio anche se immediatamente fuori da esso la tenda era gelida e il respiro si trasformava in condensa. Fuori il paesaggio era lunare con una gelata che aveva imbiancato l'erba davanti alla mia dimora occasionale ed una piccola goccia d'acqua si era trasformata in stalattite a forma di carota. Il pod era addormentato da almeno 14 ore ma non disperavo affatto perché era esattamente quello che mi aspettavo; forse una cattura, magari due se proprio le cose fossero state perfette. Il lago era immobile e uno strato di nebbia permaneva sull'acqua limitando la visibilità al p unto che durante la notte c'era voluta una lampada sempre accesa vicino alla tenda per farmi tornare indietro dopo che una scardola di un chilo, aveva rovinato la mia presentazione facendomi scattare verso la ferrata dopo una leggera caduta dello swinger.

Il sotto riva era ghiacciato per almeno mezzo metro e questo mi dava l'idea che la temperatura era andata ben sotto lo zero. Non ne dubitavo affatto visto che era tempo che non sentivo freddo così intensamente.

Erano le 7 del mattino e il fornellino a gas stava scaldando una bella tazza di caffè e due uova che avrebbero garantito carburante per le prime ore della nuova giornata di attesa. Amo questo connubio e non mi vergogno nel dire che, il rumore della caffettiera quando ti avverte che il brodo (tale è quello che bevo) è pronto è qualche cosa che fa parte del rituale di pesca. Poi vengono le uova fritte che sono un'altra tradizione che non voglio assolutamente eliminare dalla mia dieta di pesca perché la sento come un obbligo.

Sento un fioco bleep e vedo lo swinger muoversi. La canna è quella di destra, quella posata a circa 90 metri e su cui ho una pop up, almeno credo. L'indicatore sobbalza ancora e quindi lascio la mia "prova del cuoco" e alzo velocemente la canna.. Sento uno splash e mi ricordo che avevo posato l'esca in 80 centimetri d'acqua prima di sentire la preda partire a razzo verso il canneto. E' un pesce che va veloce e mi rendo conto che non è una bestiaccia anche se, francamente, me ne sbatto. Sono da solo e anche una piccola  cattura mi basta ed avanza anche perché la prima sessione "fredda" e non ho lacuna pressione addosso; nessun video da girare, nessuna foto da fare, nessun articolo da scrivere. Sono a pesca per il piacere di stare da solo e studiare qualche manuale del lavoro che ancora non ho digerito completamente prima di con controllo professionale a cui mi sottopongo ogni sei mesi. Vado a pesca per studiare, per tenere il telefono staccato quasi tutto il tempo e per ascoltare la musica che ho caricato sul IPod e che rende assolutamente unici, questi momenti.

La carpa stiracchia verso una parte ma riesco a fermarla quindi, mi viene quasi addosso e decido di tirarla senza salire in barca così da non fare rumore, non intrecciare le altre canne e soprattutto, non fradiciarmi del tutto perché poi diventa un problema con caffè e uova oramai pronte per essere trangugiate.

Il rig tiene e la carpa arriva a guadino senza troppa fatica. La guardo e decido che una foto veloce la devo fare per forza, se non altro perché è la prima dell'inverno. Preparo la macchina sul cavalletto e preparo velocemente lo scatto quindi, a operazione compiuta, rimetto la carpa in acqua e questa schizza via come indiavolata.

Penso di essere felice di tutto questo. Penso che sia sempre bello vivere questi momenti e decido di essere contento così ...per il momento. Torno quindi alle mie uova e mi gusto quella delizia insieme al pane scaldato e croccante. Questa è la vita di un carp angler ed è forse una delle ragioni perché da 18 anni, continuo a considerare questa pesca, la vera regina delle acque dolci.

La canna di centro parte lentamente e l'avvisatore emette un piccolo grido strozzato quasi a ricordarmi che ogni tanto dovrei cambiare le batterie. Ferro e sento che la cosa dall'altra parte si muove lentamente e mi rendo conto che questa volta la carpa è discreta. La forzo e il pesce rimane fuori dagli ostacoli dirigendosi verso il centro lago. La canna è stata posata lontano, circa 150 metri per cui non è il caso di combattere il pesce da terra perché l'amo faticherebbe a rimanere al suo posto e perderei la preda. Indosso allora il giubbetto e salto in barca facendo attenzione che il guadino telescopico sia al suo posto e mi spingo fuori aiutato dal metro abbondante d'acqua che ho subito sotto i piedi. La rete è ghiacciata e rigida come uno stecco ma, va bene così.

La carpa tira decisa ma, so cosa aspettarmi dalla mia canna per cui, apro l'anti riverse e combatto come ho imparato tanti anni fa. il piace sentire la manovella che ruota al contrario e mi garantisce  il pino controllo delle reazioni del pesce. Sotto la barca la carpa si fa più potente ma, appare stanca e arriva a guadino senza troppi problemi. Chiudo la rete e subitomi dico che, potrei chiudere le canne ed andare a casa perché la mia sessione mi ha regalato molto più di quanto sperassi.

Porto la specchi a terra, la libero dell'amo e visto che la macchina è ancora sul cavalletto, faccio qualche autoscatto. Poi prendo fiato e ricomincio perché è un pesce che merita. Saranno 15-16 chilogrammi, magari qualche cosa di più ma, mi rendo conto che non mi interessa affatto.............

 

L'inverno.

Ci sono state stagioni in cui aspettavo l'inverno perché sentivo di poter arrivare a qualche carpa veramente importante. Poi è arrivata la famiglia, i capelli si sono diradati e l'idea di stare lontano da casa oltre quello che mi chiede il lavoro, frena molte ambizioni. Ma qualche volta non posso proprio fare a meno di pescare nel freddo perché è certamente una delle prove più affascinanti che mi sono trovato ad affrontare. E' una sfida che coinvolge gran parte delle conoscenze tecniche che ho accumulato in questi anni e che rimette in discussione quella presunta esperienza che dovrei avere. In realtà ogni volta è una volta nuova e tutto sembra mai fatto prima.

Partiamo dall'abbigliamento, che non può essere improvvisato perché sarebbe la fine del divertimento. Esistono tute fantastiche che ci coprono perfettamente e sotto tuta integrali che servono da pigiami e che scaldano anche in alta montagna. Ma questi sono capi che quasi tutti i carpisti conoscono perfettamente. Poi ci sono le protezioni per le estremità che sono le parti del corpo da cui si disperde la maggioranza del calore e si bruciano quindi le energie. Guanti e calze, sono indispensabili e devono essere di qualità così come le scarpe. Una volta, quando ero un beach man del surfcasting usavo i famosi ed ultra caldi "Moon boots" (li ricordate?). Andavano bene per qualche ora poi, i piedi si lessavano ed era la fine perché si faceva fatica a tenerli addosso soprattutto se si bagnavano. Oggi invece uso un paio di stivali con un interno altrettanto spesso da tenermi i piedi bollenti anche dopo ore. Piedi caldi si ma, mai lessati!

Sotto la tuta ho imparato ad indossare una felpa con cappuccio in cotone che serva da copricapo durante la notte. Tutti i cappelli di lana che posseggo vanno bene durante il giorno ma, di notte  sono un incubo perché prudono la testa e dopo poco diventano un supplizio a cui non voglio sottopormi . Vien voglia di grattarsi la capoccia e alla prima occasione, mi girano le scatole e li frullo via rimanendo senza aqlternative. Con il cappuccio di cotone, va che è una meraviglia e la testa rimane calda sempre.

Tralasciando tutto ciò che riguarda la tenda e gli accessori interni perché sono oramai più comodi di quelli che si usano in casa, spendo due parole sull'alimentazione anzi, sul bere.

Ho già scritto in passato che la credenza che farsi una grappa scaldi serva a scaldarsi è una bufala smentita dalla scienza. Gli alcolici bruciano energie a profusione ed alla prima sensazione di caldo, subentra subito un aumento del freddo e della dispersione di calore. Un goccio va bene, una sbronza potrebbe portarci a guai grossi oltre a rovinarci la pescata proprio per il freddo che sentiremo. Guarda caso, proprio il leggendario vin brulé viene fatto, facendo evaporare l'alcol e bruciandone la parte rimasta affinché la bevanda scaldi e non solo temporaneamente

Pescare in inverno si spiega in poche parole assai sintetiche; precisione e pazienza, Poiché la carpa rallenta il suo metabolismo a causa della temperatura e poiché il cibo presente sul fondale è assai meno per gran parte della giornata, la nostra amica diminuisce anche i movimenti e si limita a spostarsi all'interno elle zone di contenimento. Nelle ore centrali della giornata oppure nei picchi di temperatura notturna dopo una giornata di sole, la nostra amica si sposta di poco e si limita a mangiare solo ciò che gli serve dimenticando i banchetti autunnali e primaverili con cui ha rinforzato le sue scorte energetiche. Da questa considerazione generalizzata, scaturisce la necessità di pescare con assoluta precisione cercando a tutti i costi, di individuare le zone in cui la nostra amica rimane in attesa. Le zone sono sempre quelle che da anni raccontiamo ma, non mi stancherò mai di ricordare che tutti gli ostacoli , le legnaie, le buche più profonde e le anse riparate e protette, sono le zone che dobbiamo cercare con l'eco ed assaggiando il fondale con un remo o con un piombo. In ogni situazione, il fondale deve essere duro e non molle e melmoso perché quelle zone sono improduttive per gran parte dell'anno.

Ancor più che d'estate, non dimentichiamo le sponde e i margini soprattutto se abbiamo un lago/ cava in cui vi sono zone non disturbate. Spesso è proprio in queste situazioni che le carpe si ritrovano a godere di qualche raggio di sole

Pasturazione ed esca

Pescare d'inverno significa trascorrere il proprio tempo in una zona che già conosciamo e che non dobbiamo costruire ex novo. Pertanto la pasturazione è limitata nel tempo e nei quantitativi poiché le carpe presenti, già conoscono le boilies. Da parte nostra, la necessità di concentrarci in zone ben definite ci porta a limitare i quantitativi per cui, maggiore è il freddo, minori sono le boilies che usiamo. In certi momenti, un semplice stringer o una palla di method sono più che sufficienti a compiere tutto il lavoro perché dobbiamo costruire una situazione in cui, se arriva la carpa, arriverà certamente anche sull'esca innescata.  Se creiamo tappeti dì esca. Le possibilità che la carpa intercetti il nostro rig sono veramente poche poiché, lo ripeto, non assisteremo a grandi abbuffate ma solo a fugaci mangiate. Le boilies dovranno essere di qualità assoluta e non potremo permetterci di sprecare tempo con  ready mades da 4 lire prese ai saldi.  Ci serve un'esca con un buon profilo nutrizionale, non necessariamente ultra proteica e con ottima capacità di dispersione dell'aroma e dell'olio nelle zone circostanti. Questa è forse la cosa più difficile da trovare in una ready mades per cui,  se decidiamo di preparaci delle grossolani birdfood con bei semi e grossa granulometria, non sbagliamo affatto.

L'aroma richiede dispersione e anche questo non è facile al punto che le bolilies denominate E.A. (Ehtyl Alcol) sono quelle che ottengono risultati migliori. Meno indicate sono le boilies con oli essenziali se non si è provveduto ad utilizzare e dosare un emusionante, sia esso anche la semplice lecitina di soya disciolta in acqua.

 

La presentazione dell'esca. Il Combi Stiff

In queste situazioni dobbiamo avere poche ma salde certezze; l'esca è nel posto giusto e se la carpa la prende , l'hair rig non fallisce. Le mangiate tra l'altro spesso sono delicate perché il pesce è abbastanza svogliato e timido per cui ci serve qualche soluzione sicura che non fallisca il colpo. Ovviamente ne esistono tante partendo dai classici Line Aligner per arrivare al Whity Pool Rig.

Non  voglio con questo dire che dobbiamo cambiare la nostra azione di pesca e neppure, che dobbiamo diminuire diametri e misure anche perché non possiamo permetterci il lusso di perdere una preda perché utilizziamo un finale più sottile. Potrebbe essere l'unica della giornata e non mi pare il caso!

Per questa ragione vi fornisco una sequenza di tre immagini che descrivono brevemente un rig del tipo "Combi" in cui aggiungo ad un pezzo di fluorocarbon da 25-35 libbre, uno spezzone di Fox Reflex da 25 libbre.

Il rig è rigido nella parte alta e molto morbido nella parte dell'amo per cui, limita molto la sua possibilità di essere percepito dalla carpa. La presentazione in acqua è ottimale sia con le affondanti che con le pop up sempre che queste siano perfettamente bilanciate.

 


FacebookTwitterGoogle+Invia per email

Collabora


Ti potrebbero interessare anche: