Tecniche

Carpfishing negli erbai

Di Roberto Ripamonti pubblicato il 06/05/10

Progressivamente un numero crescente di acque italiane comincia  a manifestare il problema delle alghe invasive oppure, e questo è un segnale assai migliore, si trova ad essere cosparso di splendide ninfee che rappresentano un riparo sicuro per tante specie di pesci ma, anche, un incubo per noi carpisti. Poiché la primavera è arrivata e questi problemi, assenti per lo più durante la stagione fredda, cominceranno a farsi sentire, partiremo analizzando proprio questo tipo di situazioni che, se affrontate correttamente, regalano grandi risultati. Tutto sommato la stessa carpa da 32 Kg catturata oramai oltre 7 anni fa da Riccardo Munarin è scaturita da una cava trevigiana  letteralmente infestata di alghe tanto che per parte dell’anno risultava impossibile qualsiasi azione di pesca. Eppure, sono in molti a diffidare di quste zone oppure, a trovare tante difficoltà tanto da non accettare questo tipo di sfida difficile. Come non comprenderli, visto che spesso l’azione di pesca risulta essere così disturbata da vanificare tutti i nostri sogni!


L’approccio giusto.
La presenza di un fondale differente dal solito soprattutto quando presenta alcune difficoltà nuove ci deve obbligare a pensare ed uscire dagli schemi classici. In troppi si affidano al semplice “lancia e spera” che, nel 99% dei casi non porta a nulla. Questo tipo di ambienti richiede infatti un approccio abbastanza differente dai classici fondali puliti o semi puliti e richiede una serie di attenzioni che spesso portano i pescatori a tenersi lontani per paura di non riuscire ad affrontarli in modo consono. E’ un peccato perché gli erbai offrono delle ottime possibilità di cattura e spesso hanno salvato il sottoscritto da alcune battute negative visto che i settori tradizionali, non stava offrendo carpe. Talvolta, la scelta di orientare le canne verso una zona erbosa e la scelta di pescare calando l’esca nei piccoli spazi liberi da alghe, ha garantito alcune catture davvero insperate capaci di ripagarmi dagli sforzi fatti. Proprio recentemente, in un piccolo lago el Centro ho avuto modo di pescare in un vero e proprio prato di alghe filamentose che, senza il giusto approccio non avrebbero dato alcuna possibilità. Una condotta di pesca corretta ha offerto catture in pieno giorno con partenze brucianti che significavano il ritrovare la carpa avvolta in una coperta di erbe fortunatamente troppo sottili e leggere per creare problemi ad una attrezzatura ben dimensionata. A questo punto mi pare utile introdurre l’argomento dividendolo in “pesca nelle alghe” e “nei buchi tra le alghe”  perché le tecniche da usare sono leggermente differenti soprattutto nella scelta dei piombi. Prima però i parlare di tecnica devo fare presente che il numero di acque infestate da alghe è cresciuto in modo proporzionale man mano che la pesca sportiva (e l’agricoltura) ha immesso in acqua fosfati. Questi ultimi per quel che ci riguarda, sono contenuti nelle farine, quelle di pesce in primis, motivo questo che dovrebbe portarci a limitare le pasturazioni con sfarinati preferendogli semmai le granaglie. La presenza di alghe sempre più fitte è un male per l’acqua che abbiamo davanti perché causa una progressiva  diminuzione dell’ossigeno presente creando le condizioni per un processo di eutrofizzazione che porta alla morte dell’acqua stessa. Esistono ovviamente delle acque che hanno praterie autoctone e che quindi sono perfettamente inserite nell’ecosistema anche se inquinamento ed alghe infestanti stanno prendendo purtroppo il sopravvento.

Fotosintesi clorofilliana.
Gli erbai sono aree interessanti soprattutto se vogliamo pescare di giorno per un fenomeno chimico detto “fotosintesi clorofilliana” attraverso il quale la vegetazione , sfruttando l’energia della luce del sole, produce ossigeno. Si creano quindi delle zone che risultano essere interessanti per il pesce che trova delle ottime condizioni per stazionare in pieno giorno, protetta dagli erbai. Le stesse aree sono assai meno produttive di notte perché la produzione di ossigeno viene ora sostituita con l’emissione di anidride carbonica che ha effetti repulsivi sul pesce. Di notte quindi sarebbe meglio tenersi lontani e pescare altrove. Anche se poi la teoria ha smentito la pratica con catture anche nel buio.
Detto questo, vediamo come scegliere i terminali da lanciare o posare negli erbai o nei buchi tra la vegetazione. Il primo ragionamento che dobbiamo fare riguarda la distanza di pesca perché ad essa è associato il peso del piombo e, in genere, anche la sua forma. E’ evidente che un piombo con forma ad ogiva (Bomb) tenderà a farci guadagnare qualche metro ma la sua efficacia aerodinamica si trasforma anche in una ottima idrodinamicità ovvero, una penetrazione profonda nello strato algoso, mettendo spesso fuori gioco la presentazione dell’esca.
Nel caso si decidesse di pescare tra i buchi degli erbai, avremo la necessità di n terminale ad alta stabilità capace di non spostarsi anche in presenza di vento. La massima stabilità una volta poggiato sul fondale deve trasformarsi in capacità di “fendere” le alghe durante il combattimento. Un piombo che a causa della sua forma o di eventuali possibili appigli (ad esempio  il caso dell’helicoper rig) dovesse tendere a rimanere impigliato nell’erba causerebbe parecchie perdite di carpe per slamata. Potendo quindi  fare di meglio, perché non farlo? Detto dell’helicopter rig che per la sua forma , tenderà a creare un angolo  rispetto alla linea di trazione e quindi si creerà una zona più debole e soggetta a rotture, vediamo quali possono essere delle soluzioni migliori per affrontare queste acque. In linea di massima ritengo che un “Inline”  possa fare al nostro caso per queste ragioni.

-    la forma del piombo non provoca incagli nell’erba
-    non si creano zone deboli lungo il terminale
-    si possono usare finali lunghi che “poggino” sull’erba


Una seconda soluzione ottimale è data dall’uso dei Safety Rigs del tipo Fox Safey rigche permettono di far assumere al finale una posizione che eviti il trascinamento nelle alghe più fitte. Il vantaggio di questo terminale sta nella facilità con cui ci si libera del piombo nel caso in cui quest’ultimo si incagli facendoci combattere le preda liberamente.
Una terza soluzione di notevole efficacia è data dal Bolt Rig scorrevole, ideale per la pesca a corta distanza ma, non sono mai stato troppo convinto nel concedere troppo spazio alle carpe prima che sentano la presenza del piombo e la relativa autoferrata.
In tutti i casi il finale dovrà essere morbido e capace di rimanere sopra le erbe per cui ho sempre visto bene soluzioni del tipo “Stiff Rig” oppure una pop up diretta dal piombo.
Quindi l’innesco pop up oppure a uomo di neve sembra essere quello migliore con l’aggiunta di alcuni piccoli accessori necessari per avere una presentazione dell’esca  perfetta ed esente da filamenti che blocchino l’amo.
L’uso dei sacchetti di PVA che contengano al loro interno sia il finale che una bella dose di pellets e boilies in pezzi ci permette di presentare bene l’innesco ed aumentare le possibilità di cattura.
Tutta l’azione di pesca non dovrà mai vederci usare né i tendilenza che farebbero dragare il finale in mezzo alle erbe né, la lenza in tensione per la stessa identica ragione.

Lunghezza del rig.
La lunghezza del rig è importante perché dobbiamo avere l’esca poggiata sulle alghe se peschiamo in mezzo ad esse oppure, sicuramente nello spazio libero se peschiamo nei buchi della vegetazione, Una misura intermedia di 25-30 centimetri è quella che ci fa superare tutte le possibili situazioni per cui direi che un bel Whity Pool rig protetto dalla schiuma di PVA con un finale bilanciato pop up ben visibile sia quanto di meglio possiamo chiedere alla nostra pesca. Altra soluzione valida è data dalla doppia pop up bilanciata direttamente lungo l’hair rig affinché l’esca sia libera di staccarsi e mantenersi neutra sulle alghe. Anche qui, un pezzo di schiuma di PVA ci aiuta a rimanere liberi di problemi.

Schiuma di PVA
A mio giudizio la soluzione che risolve il 99% dei casi è data dai cosiddetti High Risers Foam ovvero, la schiuma di PVA che si mette a protezione dell’amo ed impedisce che un alga vada a sporcarlo mettendolo fuori gioco. La tecnica di utilizzo è estremamente semplice e consiste nel porre un pezzo di schiuma direttamente sull’amo prima del lancio o della posa dell’esca. In tal modo difficilmente le alghe potranno sporcare l’hair rig e la posa ne risulterà più efficace. Si tratta ovviamente di una soluzione complementare in cui dovremo applicare  comunque tutti i concetti già esposti ovvero scelta del terminale, del tipo di piombo e uso rigoroso dei sacchetti di PVA ma, questo piccolo accessorio si dimostra importante e ne consiglio l’impiego anche in tutte le altre situazioni di pesca perché agevola la capacità anti groviglio anche nei lanci a distanza.

Gli stick.
Una possibile soluzione è data dagli stick che si costruiscono su una base in rete di PVA all’interno della quale si inserisce un impasto misto a pezzi di boilies e granaglie. E’ un sistema funzionale ed efficace a patto che l’amo venga preventivamente protetto.
Ho allegato una semplice sequenza per la preparazione
1.    Inseriamo le granaglie nel Network PVA attraverso il comodo distributore
2.    Pressiamo e compattiamo
3.    Ecco il risultato finale
4.    Chiudiamo la retina con un nodo stretto
5.    Foriamo con un lungo ago da stringer
6.    Mediante un ago da innesco, facciamo passare lo stick lungo il finale


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