Tecniche

Carpfishing: abitudinario? No grazie!

Di Agostino Zurma pubblicato il 09/02/11


(Prima parte)

Il proliferare di carpisti nella nostra penisola e le visite, sempre più in aumento, da parte di anglers stranieri stanno portando la pressione di pesca in molte delle nostre acque a livelli veramente altissimi. Nonostante questo cambiamento, inarrestabile quanto incontrollabile, ho potuto notare e succede di frequente,che una buona parte di carpisti nell’affrontarli non tiene sufficientemente conto di questa ormai concretizzata evoluzione. Prendo atto che l’atteggiamento messo in atto nel praticare la nostra tecnica  il più delle volte  rimane consueto, inalterato e privo di quella libertà da idee fisse che si deve ritenere in alcuni casi necessaria. L’obbligatorietà di rivolgersi al  nuovo all’inconsueto in simili occasioni deve essere il nostro biglietto da visita. Non me ne vogliate la mia non vuole essere una critica fine a se stessa ma una esortazione a mettere in atto senza timore tutte le conoscenze che risultano in vostro possesso e una stimolo nello sforzarsi a pensarne di nuove.

Struttura del fondale
Da questa verifica, che deve essere fatta ogni volta con grande scrupolosità  e diligenza, necessaria per farmi conoscere in modo inequivocabile il territorio sul quale avrei posato i terminali, mi si presentava un luogo acquatico non infrequente come contesto. Dalla posizione in cui mi trovavo il fondale declinava per diversi metri in modo costante sino a raggiungere un primo gradino dove il livello raggiungeva la massima quota di sette metri. Questa profondità continuava in modo costante per un discreto tratto sino a riprendere a salire mostrando un ulteriore gradino che  nettamente si portava a 5 metri. Queste due ben definite variazioni sarebbero state il punto esatto dove posizionare le esche. L’uso dei tendifilo per eliminare  il rischio che qualcuno dei pesci presenti  incocciasse contro la madrelenza sarebbe stato irrinunciabile, ma  la descritta situazione del fondo avrebbe a mio avviso reso vano il loro utilizzo. Ecco il perché. La posa del terminale che avrebbe avuto luogo, come detto, anche nel gradino più lontano nel preciso salto che da sette portava il fondale a cinque metri con l’ inserimento del back leads avrebbe generato una specie di fune tesa. Sarebbe stato impossibile far stendere perfettamente il nailon sul fondo vista la prepotente differenza di quota tra il punto di caduta del tendifilo e la posizione del piombo.
Un rapido ragionamento sulla colonia di carpe presenti, senza dubbio dotata di elevata diffidenza e sospettosità, mi faceva pensare che il semplice possibile urto contro questa anche se quasi invisibile linea tesa le avrebbe sicuramente allontanate.

Lenza in bando
La soluzione del problema era proprio questa, allentare la madre lenza in modo da farla completamente appoggiare sul fondo e farne assumere la conformazione. In questo modo non si sarebbe creato alcun inconveniente all’avvicinamento dei pesci all’esca. Effettuato il lancio procedete rilasciando il nailon dalla bobina lentamente, dopo averlo teso ed  inserito il baitrunner, questo sino a quando gli avvisatori visivi avranno completato la loro corsa verso il basso e il filo non vi indicherà alcuna percettibile tensione. A lavoro finito il problema descritto sopra sarà risolto efficacemente, ma automaticamente  ne avremmo  innescato un altro, ovvero la concreta impossibilità di distinguere le mangiate effettuate dal pesce  in calata. La soluzione ? Il Run Rig.


Il Run Rig
Il nome stesso indica il funzionamento di questa montatura ovvero la possibilità che  ha il terminale di scorrere, per un tratto voluto, prima di bloccarsi incocciando una perlina che serve da fermo. Questa presentazione oltre che per risolvere il problema delle abboccate in calata è strategicamente imbattibile per avere ragione della diffidenza di carpe allamate decine e decine di volte. In effetti la carpa aspirando l’esca ed effettuando un naturale spostamento non sente la solita e immediata opposizione data dal piombo come quando questo è collegato ai tradizionali bolt rig o elicopter rig ecc. In effetti la sua reazione avverrà in modo più naturale e il suo tranquillo allontanamento, facilitato dallo scorrere del terminale sino a quando il piombo incoccerà nella perlina che funge da stop determinando l’autoferrata  , permetterà all’amo di posizionarsi nel miglior  modo possibile  per effettuare l’aggancio.
Ma passiamo alla segnalazione di una abboccata in calata, il tutto  avviene per queste ragioni.
Il pesce ingoiata l’esca  inizierà il proprio spostamento che, in questo caso, avverrà verso di noi, diritto verso nostra posizione. In una situazione normale di posizionamento dello swinger, ovvero quando questo è rivolto verso l’alto, la ridotta tensione della madre lenza effettuata dallo spostamento della carpa ne comporterebbe automaticamente la sua discesa e la simultanea indicazione del nostro segnalatore acustico. Nel nostro specifico caso avviene esattamente il contrario. La carpa spostandosi verso la nostra postazione , grazie allo scorrimento del terminale metterà leggermente in tensione la madre lenza e  farà alzare il segnalatore visivo segnalando inesorabilmente l’abboccata.
Per costruire il Run Rig si proceda in questo modo.
Occorrono:
a)    perline in gomma morbida
b)    anellino in plastica o girella a cui agganciare il piombo
c)    cono in gomma copri girella
d)    tubicino in silicone
e)    clip a sgancio rapido
f)    girella

La sequenza per la  realizzazione è semplice, osservate l’immagine in questa è ben evidenziata la successione con la quale inserire i vari accessori nel trave principale. Quest’ultimo può essere uno spezzone di lead core oppure la semplice madre lenza in nailon o in trecciato.
Attenzione ad alcuni piccoli accorgimenti nella costruzione del Run Rig .
Per prima cosa dinanzi al cono in gomma posiziono una perlina, questa impedirà all’anellino in plastica o alla girella dove va inserito il piombo di incastrarsi nel cono stesso causa lo strappo nel lancio. Se questo accadesse, la scorrevolezza del terminale verrebbe irrimediabilmente compromessa e con essa la funzione per cui è stato costruito.
Altra importante accorgimento è di effettuare a monte della seconda perlina un nodo con del power gum per amplificare l’effetto auto ferrata nel momento in cui il terminale finita la sua corsa bloccherà il piombo contro la perlina.
La distanza da tenere tra la girella a cui è collegato il finale e quella che funge da blocco è di libera scelta, la mia è di 20-25.


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