Racconti

No kill e Catch and Release... Il rilascio del pescato senza danni per il pesce

Di pubblicato il 20/07/21

Una sana e sportiva abitudine ormai affermatasi pienamente, ma per eseguirlo nella maniera corretta bisogna osservare una prassi precisa.

Con i termini inglesi che compongono il titolo di questo articolo si indica un comportamento decisamente sportivo ed incline al concetto molto attuale di salvaguardia della natura (in questo caso delle specie ittiche) attuato dal pescatore d’acqua dolce ma anche di mare. Originariamente era difficile che il pescatore pensasse di rilasciare il pescato, vi erano (come d’altro canto vi sono ancora) disposizioni di legge che prevedevano misure minime per ogni specie catturata, sotto le quali il pesce in questione andava (e va tutt’ora) immediatamente rilasciato e ci si limitava ad osservarle alla lettera.

Per fortuna odiernamente sono vari i fattori sociali che hanno fatto si che il Catch and Release divenisse una pratica diffusa trasversalmente presso tutti (o quasi tutti) i pescatori: innanzitutto una sempre maggiore coscienza sportiva maturata soprattutto nelle nuove generazioni, poi una crescente considerazione nei confronti dell’ecologia, della salvaguardia dell’ambiente e delle specie viventi che lo popolano, e, non ultimo, l’aspetto alimentare che non rappresenta più la motivazione principale del prelievo (pur riconoscendo la squisitezza insindacabile di alcuni pesci).

Esistono ad oggi sempre più porzioni di fiumi, laghi e bacini idrici italiani dedicate esclusivamente alla pesca No Kill, dove quindi è semplicemente obbligatorio rilasciare in acqua il pescato, ma, nonostante la presenza sempre maggiore di queste “oasi”, la pratica del catch and release resta pur sempre una scelta legata alla sensibilità personale del pescatore, alla sua capacità di riuscire a superare quell’umano sentimento di possesso che subentra dopo la cattura di un bel pesce.

E’ doveroso sottolineare che la possibilità di reimmettere con successo un pesce in acqua senza provocare invalidanti conseguenze per quest’ultimo è strettamente legata alla tecnica di pesca che si vuol praticare: di solito la pesca in catch and release si pratica a spinning con artificiali o a mosca utilizzando esche prive di ardiglione; in effetti sarebbe pressoché inconcepibile restituire al fiume una trota che ha abboccato ad una camola o ad un lombrico in quanto il salmonide ingoia tali esche costringendo il pescatore ad un’operazione di slamatura giocoforza più traumatica, fatalmente compromettente, a meno che non si decida di tagliare il finale lasciando l’amo nel pesce, in questo caso la possibilità che esso sopravviva in tali condizioni si attesta intorno al 50 – 60% dei casi.

E’ quindi fondamentale evidenziare l’importanza e la correttezza delle così dette “manovre di rilascio”: esse devono avvenire nel minor tempo possibile e preferibilmente in acqua, l’utilizzo di ami senza ardiglioni ad esempio fa si che le lacerazioni siano di minore entità e i tempi dell’operazione decisamente abbreviati.

In molti casi si tende ad equiparare i due concetti di “No Kill” e “Catch and Release” ma in effetti hanno un significato diverso: nel primo caso è espressamente vietato uccidere pesci dopo averli catturati, nel secondo caso è la discrezione del pescatore a decidere se rilasciare il pescato o meno, non vi è un divieto espressamente manifesto, è chi pesca che prende la decisione di liberare la specie ittica catturata.

In effetti, quando il pescatore è riuscito a prevalere sportivamente nella lotta col pesce, il risultato può ritenersi raggiunto, se poi l’animale viene reintrodotto in acqua con le sue funzioni vitali perfettamente integre la soddisfazione può essere ancora maggiore per due motivi principali:

in primis perché, evitando il prelievo, si può evitare anche che i fiumi si impoveriscano di pesci fino a giungere a situazioni di carenza in popolazione irreversibili, et in secundis perché evidentemente non esiste soddisfazione più grande per il pescatore che restituire al suo elemento naturale una trota che torna pacifica nella sua tana, e che tra l’altro è generosamente (ma non proprio immediatamente) pronta per regalare di nuovo emozioni di pesca a chi la dovesse “incontrare”.


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