Tecniche

Correnti dominanti: carpfishing in fiume

Di Agostino Zurma pubblicato il 21/08/11

Manipolo il grosso sasso, circa 400 grammi il suo peso,  stringendovi attorno la nera fascetta di plastica  e già lo immagino  affondare deciso ma  indolente. Vedo con la mente il finale distendersi, in balia della corrente e attorno al quale si muovono velocemente le accattivanti ed attiranti cibarie.

Sicuramente non verranno ignorate.

La mia fantasia concepisce quanto spero accadrà di li a poco. La carpa si avvicina sedotta dall’esca ben aromatizzata, e ormai senza alcun timore la aspira con decisione. A pochi metri da me il segnalatore visivo indica l’abboccata e l’incessante suono del mio fedele Delkim conferma che il pesce sta scappando con l’amo conficcato nella bocca. Inizia così  quello che si vorrebbe non finisse mai, il contatto con l’avversario di sempre, con questo splendido pesce al quale dobbiamo costantemente attribuire  il massimo rispetto e le doverose attenzioni.

Terminale

Partiamo dalle zavorre,  qui si va veramente sul pesante, parliamo di pesi che vanno dai 300 grammi in su, ma è il loro genere che interessa. Dovranno forzatamente essere utilizzati dei sassi in quanto saranno necessariamente concessi al fiume, in poche parole si dovranno “perdere”, in concomitanza dell’abboccata o al limite durante il combattimento. Da seri e consapevoli  ambientalisti oltre che al fattore economico dobbiamo pensare anche all’ inquinamento. La motivazione principe, per la quale è sconsigliabile effettuare il combattimento lasciando il grosso sasso ballonzolare attorno alla bocca del pesce, è relativa alla concreta possibilità che venga procurata la slamatura. Inoltre nel momento in cui il pesce si avvicinerà alla riva e questo avverrà il più delle volte anche ad una certa distanza da dove noi siamo in attesa di proceder con il guadino , la zavorra potrebbe trovare un incaglio tra i massi o gli ostacoli presenti favorendo la perdita  di pesce e montatura.

Il finale , circa 30 -35 cm sarà composto da un combi nel quale troverà la misura maggiore un buon nailon dello 0,60-0,70 con la parte finale in dacron da almeno 35 lb. I due materiali saranno uniti con un nodo Albright . Il mio finale preferito presenta un buon uncino dello 1-2/0 della forma evidenziata nell’immagine ( foto 1 ). Per avere una rotazione perfetta e di maggiore efficacia, con questi modelli è necessario far agire l’hair rig nella parte più alta della curvatura.  Il test delle dita  vi dimostrerà l’efficacia della costruzione.

Sasso a perdere

Una volta deciso il sasso da utilizzare gli si stringa attorno una fascetta da elettricista di plastica L’elastico non va bene , si toglierebbe nello sforzo praticato nel lancio. Successivamente si crei, con uno spezzone di nailon dello 0,14-0,16, un cappio abbastanza ampio( nella sequenza ho utilizzato un pezzo di marker colorato per facilitare la comprensione) attorno alla fascetta Si facciano diversi nodi di chiusura, con uno solo la corrente potrebbe far scorrere le estremità sciogliendolo.

Dobbiamo poi realizzare con del PVA, doppiamolo più volte, una legatura che tenga saldamente collegata la zavorra alla montatura safety  all’interno della quale avremmo inserito il cappio di nailon( foto 3 ).

Appena effettuato il lancio mentre il terminale raggiunge il fondo il PVA si scioglierà e lo spezzone di nailon si metterà in trazione, rimanendo l’unica congiunzione tra sasso e clip Questo collegamento,  nel momento della decisa abboccata della carpa, o contestualmente alla ferrata, si spezzerà lasciando il sasso sul fondo e garantendoci un combattimento sicuro.

Il sasso offre sicuramente dei vantaggi: costo zero, si trova in natura e non produce inquinamento , inoltre ne possiamo accumulare una buona scorta sul luogo di pesca evitando di portarci appresso del peso aggiuntivo. Un paio di condizioni sfavorevoli comunque le crea, ad un egual peso del piombo comporta un volume maggiore, questo provoca un affondamento più lento e una necessità di calcolare bene la traiettoria del lancio. In secondo luogo il rotolamento impresso dalla forte corrente e la eterogeneità della forma potrebbero favorire  l’ingarbugliamento del terminale Tale pericolo viene però decisamente contenuto con un finale come descritto in precedenza. Altro accorgimento è quello di tenere leggermente tesa la lenza madre finché la nostra montatura non trovi una posizione stabile sul fondo.

Pasturazione

Anche la pasturazione subisce una variante importante, dimentichiamo quelle lunghe preventive e sposiamo le strategie proprie della pesca in passata. Non è una sciocchezza e le righe che seguono ve ne daranno chiarimento. Nel caso specifico di correnti importanti, dobbiamo considerare la presenza nel fiume di pesci nomadi che scorazzano in lungo e il largo con molta più determinazione di carpe abituate a corsi lenti o acque ferme, inoltre le esche vengono spostate con maggiore decisione e attaccate con maggiore facilità dai piccoli pesci in quanto la corrente stessa favorisce lo sbriciolamento e aumenta la loro inconsistenza . Lo scopo della pasturazione sarà quello, si di abituare i pesci alle nostre nuove esche, ma soprattutto quello di intercettarli nel loro continuo vagabondare. Perché ciò avvenga si deve procedere all’immissione di cibo proprio come avviene quando si pratica la pesca in passata, con linearità e persistenza. Sarebbe assurdo che proprio nel momento del loro passaggio i branchi di pesce non trovassero, distribuite nella zona laddove sono posati i terminali, alcuna saporita esca ad attenderli.

Per preparare una postazione bastano un paio di pasturazioni preventive con 3 kg di boilie e altrettanti di frolic per poi procedere, durante la pesca, con l’immissione di questa varietà di esche  ogni 1,5 -2 ore al massimo completando il richiamo con una buona dose di pastura agglomerata in consistenti bocce. Due tre seminate con il cucchiaione, ogni volta, è  la dose giusta.

Per chi vuole praticare una pasturazione di preparazione leggermente più lunga, può ricorrere  alle, forse poco utilizzate “mattonelle”.

Altro non sono che agglomerati di mix che vengono confezionati appunto nella classica forma, in acqua corrente la sagoma appiattita favorisce una maggiore stabilità. Si tratta di realizzare delle mattonelle con dimensioni di circa 15 cm per 20 cm con spessore di circa 3-4 cm e dopo averle avvolte con della pellicola trasparente procedere alla loro cottura in acqua bollente per circa trenta minuti.

Con il passare del tempo l’assorbimento dell’acqua e la corrente favoriranno il lento sgretolamento dell’inconsueto involucro e la possibilità per i pesci di potersene cibare. Occorreranno due- tre giorni  perché vengano consumate nella loro integrità e noi saremo li pronti a completare la pasturazione in attesa dell’uscita di pesca. Tagliare la mattonella a cubetti risulta inoltre un modo rapido ed efficace per ottenere  un formato da pasturazione ideale per le acque correnti

 Occhio ai monofili

E’ normale che la forte corrente possa spostare i nostri terminali sul fondo ad intervalli irregolari, a volte anche dopo che da tempo stazionano sull’ alveo del fiume. Vuoi perché la zavorra cede improvvisamente per la tensione esercitata, o perché detriti o altro che si incagliano sul monofilo ne compromettano la stabilità. A questo punto, nei periodi notturni, diventa veramente difficile capire dove si vanno a posizionare e se le lenze si accavallano tra di loro. In nostro aiuto accorre un piccolo accessorio che potete costruirvi in pochi minuti. Basta assemblare un aggancio da tendifilo

con un supporto per beta light ed infilarlo poi lungo la lenza. Una volta raggiunta la superficie dell’acqua il galleggiamento della piccola fonte luminosa consentirà di avere sempre sotto controllo la posizione dei nostri fili, consentendoci di verificarne la possibilità che si possano aggrovigliare tra di loro.


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