Tecniche

Correnti dominanti: parte due

Di Agostino Zurma pubblicato il 19/09/11

Vi ricordate la prima parte di questo articolo? No? Allora clicca qui

 

Generalmente viene definito  fiume un flusso d’acqua che aiutato dalla più o meno considerevole portata non resti mai privo del suo elemento primario, in nessun periodo dell’anno, ed in nessun punto del suo corso. I fiumi possono presentare condizioni di corrente variabile, gestire un corso lento, disegnare lungo il loro tragitto ampie lanche con corrente talmente lenta da dissolversi quasi completamente, descrivere zone di acqua ferma grazie alla presenza di grosse massicciate che avanzano verso il centro del corso d’acqua, esibire rallentamenti forzati da chiuse o da canali chiusi.  Tutte condizioni queste, che si possono sfidare più o meno comodamente di come viene normalmente affrontata una qualsiasi acqua definibile  pressoché ferma. In simili situazioni nessun rilevante sforzo comportamentale verrà fatto dal carpista, si decideranno variazioni minime dal consueto modo di pescare, si utilizzerà la  medesima attrezzatura, ci si comporterà pressoché allo stesso modo; ma, a mio modesto parere, non si potrà certamente dire di pescare veramente in fiume. Lo stesso  Po, compreso anche  nella zona di bassa pianura in cui si sviluppa tutto il Delta evidenzia un regime idrico assai variabile e condizioni di corso dai vari aspetti, da quelli precedentemente citati a condizioni di grande impetuosità.

Ed è quest’ultima la condizione che negli ultimi anni prediligo in un fiume,in questo proprio modo di essere, nella dimostrazione di forza e di potenza in cui si concretizza  la vera sfida da lanciare,  e che mi fa dire che in quel momento veramente sto testando le mie capacità di affrontare una pesca estrema.

Ci vuole un fisico bestiale

Sembrerebbe che l’unica difficoltà da superare sia la vigorosa impetuosità del fiume,non è così. Questa forza il più delle volte è accoppiata alla forte presenza di massi distribuiti non solo lungo la sponda ma nei fondali del corso d’acqua stesso. Un binomio di inconvenienti che mette a dura prova non solo la nostra attrezzatura, che analizzeremo di seguito, nella sua complessità, ma anche la nostra forma fisica. Il più delle volte le nostre canne verranno posizionate a ridosso dell’acqua per riuscire a farle protendere maggiormente verso l’esterno in modo da permettere alla madre lenza di rimanere il più possibile staccata dagli ostacoli presenti nella riva, rami di alberi massi, tronchi ancorati alla sponda e soprattutto , tenendole alte di far entrare minor filo in acqua a formare minor attrito Ci aspetterà un ricorrente andare e venire dalla alta sponda al pod, il più delle volte tra i massi ed in condizioni di precario equilibrio. Inoltre questo tipo di pesca ci obbligherà ad una pasturazione che evidenzia caratteristiche di una certa continuità, ogni ora e mezza due si dovranno rinnovare gli inviti ai nostri avversari a cibarsi ed anche la sostituzione degli inneschi avrà cadenze  più brevi del solito soprattutto se innescheremo esche di minor consistenza quali frolic o boilies a grammatura grossolana. E poi le montature da rifare quando il grosso masso nel fondo non vuole rilasciare il nostro terminale e  rimane svolazzante  il solo moncone di nailon privo di tutto il resto, oppure nel momento in cui, recuperato l’amo, ci si accorge che risulta spuntato e che va immediatamente sostituito o successivamente quando  da una attenta verifica il tratto di madre lenza poco sopra la clip risulta sfilacciato e allora via, a risistemare il tutto. In mezzo a tutto questo ci son poi le catture, e si perché generalmente a pesca ci si va per questo e nel momento in cui la nostra determinazione sarà assoluta anche i risultati avranno buone possibilità di essere ottenuti. State certi che se tutto verrà fatto come questo tipo approccio prevede riposerete ben poco.

 

Rod pod o picchetti ?

Dipende da quale situazione di riva troviamo, se questa è libera da massicciate o altro via libera ai picchetti, profondamente piantati nel terreno daranno garanzie di tenuta maggiori contro i furiosi attacchi che i pesci riserveranno alle nostre esche. Si perché le carpe, o i poderosi e frequenti barbi vi strascicheranno letteralmente le canne dai supporti, in parte per la forza di cui dispongono, lottare quotidianamente contro la corrente vorrà pur dire qualcosa, e poi anche perché la frizione sarà chiusa più del solito per impedire un fastidioso e continuo bip esercitato dai piccoli movimenti del monofilo trascinato dalla corrente  Ricordo una delle ultime volte quando una partenza devastante con il primo assalto fece letteralmente staccare il manico della canna dal supporto e successivamente ne proseguo della mangiata la canna venne letteralmente trascinata in acqua. Fortunatamente il pesce, in quella occasione un grosso barbo, si blocco sul fondo e la canna planò in acqua affondando lentamente tanto da darmi il tempo di recuperare un’altra canna con la quale agganciatone il monofilo mi permise di trarre a riva i tutto e di recuperare anche la preda. Quando si dice fortuna !

Se invece avete la presenza di grossi massi dove i picchetti possono ben poco diventa obbligatorio l’uso del Pod, fondamentale in questo caso bloccarlo saldamente al suolo con degli elastici.

Altro accorgimento da tenere è quello di corredare il buzz-bar con poggia canne a bicchiere. Considerato che le canne andranno tenute il più alte possibile per ridurre l’attrito del filo contro la corrente, la forma particolare di questi supporti impedirà maggiormente al calcio della canna, in caso di brusca partenza di separarsene.

Canne , mulinelli e….

Le canne dovranno essere di libraggi elevati, io utilizzo attrezzi da 4,5 lb, permettono di lanciare zavorre superiori anche ai 400 grammi in caso di necessità, inoltre consentono di contrastare le fughe del pesce con una certa tranquillità specialmente quando la carpa si getta in piena corrente sfruttandone l’ impetuosità.

Mulinelli di grande capacità,  nel mio caso dovranno contenere diverse centinaia di metri di monofilo di grosso diametro, parliamo di uno 0,60, e con buona potenza di recupero visto il lavoro che li attende. Importantissima una frizione “seria “ sarà molto sollecitata, la utilizzeremo abbondantemente dovrà compensare la rigidità della canna e la poca elasticità del consistente monofilo. La grande quantità di monofilo da inserire nella bobina è dovuto alla concreta possibilità che molti metri ne dovranno  essere spesso sacrificati a causa del suo sfregamento contro massi e ostacoli. Ricordate di verificarne ad ogni recupero la perfetta consistenza. Non uso la treccia, ho già le canne che mi concedono poco, inoltre ci sono i massi e poi i trecciati bloccano maggiormente le impurità e i detriti continuamente presenti nell’acqua. Non servono gli affonda filo perchè la forte corrente trascina i terminali a pochi metri da riva , dove la profondità è già pronunciata, e da questi piccoli accessori non trarremo la benché minima utilità.


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