Tecniche

Emozioni d'Orate

Di Marco De Biase pubblicato il 12/11/09

Con l’arrivo delle prime piogge di questo autunno 2009, le acque interne si sono trasformate in pantani ed acquitrini, e abbiamo, pertanto, preferito "l’asciutto” di porti e scogliere. Per fortuna, i venti freschi da Nord non hanno ancora abbassato sensibilmente la temperatura delle acque, e, di conseguenza, le nostre pescate non sono state inficiate. Sentivamo da tempo parlare di catture di orate, un po’ insolite in Puglia: è stato così che, qualche domenica fa, si è insinuato in noi il desiderio di sfida contro questo meraviglioso sparide.

Approfittando di una perturbazione in arrivo, abbiamo sfoderato le nostre potenti bolognesi ad azione di punta. Il freddo pungente non spaventa di certo degli impavidi giovani come noi, pronti anche a nottate al gelo pur di catturare qualche prezioso esemplare. Con l’orata, però, il gioco si fa ancora più duro, i suoi denti spezzano facilmente gli esili terminali, rovinando e spuntando anche ami rinforzati. Per ovviare a questo problema, l’allegra brigata costituita dai miei colleghi di società, si presenta sul luogo di pesca con attrezzature marziane, quasi che fosse una pescata al tonno gigante.

Sono le 6 del mattino e, come detto poc’anzi, “arriccia il pelo”. Mentre Bari dorme, il suo porto è in fervida attività, coi traghetti che si apprestano ad attraccare dopo una notte di navigazione. Ci rendiamo conto che la colazione consumata in fretta e furia tra le mura di casa non ha appagato abbastanza i nostri giovani e robusti appetiti. E’ d’uopo un latte caldo dal “baretto” dinanzi al varco doganale… Non ci penso due volte e, accompagnato dall’amico Marino, giungo in questo bugigattolo ricco di simboli fascisti e quadri del Duce. Cose che possono capitare solo a me, pescatore della domenica davvero sfigato. Cornetto, polacca e latte macchiato, servito dal barista con in testa un cappello da gerarca.

Torno quindi in postazione, nel frattempo si son fatte le 7, il sole è ormai sorto da più di mezz’ora, ma di catture nemmeno l’ombra. Al secondo lancio incaglio sul fondo. Dopo un lungo “tira e molla”, spezzo il terminale e parte del trave. E’ la buona volta che seguo la geometria consigliatami da Luigi “Sanny l’oratomane”, che ne sa sempre una più del diavolo in fatto di orate. Analizziamola assieme: madre dello 0,16, galleggiante Maver modello Cervia a goccia rovesciata da 2 grammi, una coroncina di 12 pallini distribuiti in 1,5 metri di lenza, poi girella e terminale, lungo anch’esso un metro e mezzo, dello 0,12 armato di un amo Gamakatsu 6315H del 12.

Ammetto di esser connotato, per natura, da un certo scetticismo e diffidenza di fondo: sono un po’ il “San Tommaso” della pesca, se non vedo…non credo!!! L’idea di uno svolazzo così lungo, con i bigattini come esca, mi lasciava alquanto perplesso. Non riuscivo a capire come fosse possibile evitare garbugli ed al tempo stesso movimentare l’esca sul fondo. Nasce anche una piccola disquisizione, dai toni piuttosto accesi, e Luigi, alla fine, decide di mostrarci il suo segreto. Occorre lanciare e distendere la lenza, poi imprimere degli strattoni mentre si è in pesca e adeguare la pasturazione di pellets e bigattini parallelamente alla direzione della corrente. In questo modo, il prezioso brumeggio, arriva direttamente nei pressi dell’esca mentre essa è in fase di trascinamento dovuto alla forza della corrente. Un po’ come avviene con la pesca alla passata in fiume.

Strike! Ha abboccato. La prima regina sembra essere di buona pezzatura, scoprirò poi che si tratta di un pesce da “porzione”. Alcuni minuti più tardi, è la volta di Luigi, poi ancora degli altri pescatori. Il recupero è elettrizzante, l’orata punta verso il fondo, con le sue inconfondibili zuccate, tentando di scovare qualche pertugio ove infilarsi per sfuggire alla cattura. Sono momenti che richiedono freddezza, con la bolognese di sei metri completamente piegata, il guadino nella mano sinistra e quella manciata di secondi a dividerci dal salpare la nostra preda.

Ne arriva un’altra, poi un’altra ancora, come una danza, accompagnata dal suono delle voci di uccelli del malaugurio che auspicano, scherzosamente, la perdita del pesce in canna. Ma, come si suol dire, chi la dura, la vince e, a fine mattinata totalizziamo quasi sei chili di pesce. Niente male, anzi un ottimo risultato vista la fredda giornata con cielo plumbeo e pioggia incombente.

 

La nostra “cavalcata” non finisce qui, galoppiamo vero la meta futura: la spigola!


FacebookTwitterGoogle+Invia per email

Collabora


Ti potrebbero interessare anche: