Tecniche

Feeder vs Match rod: in acqua ferma

Di Massimo Zelli pubblicato il 27/07/14

 

Per esperienza anche le giornate che cominciano come se “ era meglio se fossimo restati a casa” poi alla fine in qualche modo si rivelano interessanti. Ora non vorrei farne una regola generale ma, da un punto di vista prettamente statistico, sarà forse dovuto in parte alle aspettative nutrite da una preparazione perfetta per una giornata che da perfetta si tramuta in “migliorabile” ma, proprio le più imperfette, quelle meno preparate, alla fine chiudono la partita con un bel tiro “di raddrizzo” che manda a casa la platea stanca, bollita e contenta.

Andando per gradi... Il sabato avevo bisogno di staccare col mondo. Avete presente quando bramate solitudine e riflessione? Alle 3 di mattina sono in piedi che preparo il caffè. I gatti sono abbastanza sorpresi, di solito me li trovo tra i piedi alle 4. Stamattina li ho colti nella fase profonda del sonno: il grigio, il meno famelico dei due, abbozza d’aprire gli occhi e fa pure per scendere dal divano ma poi ci ripensa. Il gatto nero, quella cloaca che puoi distinguere da un cinta senese di 3 anni soltanto perchè gli manca la cinta riesce a scendere dalla sedia in tutto il suo mastodontico incedere, salvo poi, con gli occhi mezzi chiusi, cappottarsi di schiena tra i miei piedi mentre preparo la colazione per riprendere a dormire a pancia in su, russando. Alle 3 e mezza sono in macchina, mi sparo 250 Km e alle 6 sto aprendo la canna, una sei leggerissima. Mi ritrovo esattamente dove avrei voluto essere: a zampe in acqua in completa solitudine.

Sfilo 16 barbi e una ventina di cavedani in giornata. Verso le 3 riesco a “non perdere” l’ennesimo capoccione, fratello dei tre che avevano fumato il finale dell’8 e nel mentre il contadino che era calato ad accendere l’idrovora si presta a fare il fotografo. Scambiamo due chiacchiere, la bilancella si ferma 2180 grammi  e ... siccome non ho voglia di cambiare posto e con l’idrovora accesa è un delirio, decido che posso percorrere i 250 km che mi separano da casa. Il senso di ristorazione e di pace interiore che andavo cercando mi pervade e percorre le vene come se l’avessi nel sangue. Passo a fare un saluto ad un amico che riposa li vicino prima. Mentre sono li che ci scambio due chiacchiere arriva la telefonata di Guelfo. Risposte secche e misurate definiscono che: mi fermo a cena da lui, ha raccolto “un po’ di vongole” e il giorno dopo si va a vedere un lago nuovo: lui a a feeder e io a inglese.

Vorrei spendere quattro righe a commentare l’ospitalità della famiglia Morganti: non so perchè con quella cuoca, la Rita e quella passione che si ritrovano per la cucina entrambi, non facciano i ristoratori. Le linguine alle vongole in bianco sono semplicemente superbe. Semplici ed eccezionali. Il soutè di vongole al pomodorino e peperoncino invece... si fa dare decisamente del lei . Onoro quella decina di Kg di vongole equamente spartiti in 4 (ossia 7 Kg a me e 3 al resto della famiglia ... uno dei lati positivi della famiglia Morganti è che l’ospite è sacro e, in quanto tale, è meglio che muoia crepato di indigestione piuttosto che vada via con il benchè minimo cenno di fame).

Mi tocca dare segni di cedimento a metà del soutè di vongole perchè obiettivamente credo d’aver raggiunto il fondo scala. La cosa mi verrà confermata in seguito dal fatto che appena entro in autostrada per fare quei 25 Km fino a casa mi fermo a in una stazione di servizio per comprare due red-bull perchè sono col naso sul volante ogni 3 minuti. Come previsto mi fanno quanto una pisciata sull’incendio di una raffineria, praticamente nulla. Alla fine trovo la soluzione: torno a casa fumando mezzo pacchetto di sigarette per tenermi sveglio e ci riesco anche se fatico “abbestia” a tenere aperti gli occhi. La mattina mi alzo di buon ora... alle 8. Preparo un inglese, il panchetto , le esche e salto in macchina. Alle 8:30 sono sul posto, sembra persino di aver smaltito la stanchezza del giorno prima, chiamo Guelfo e:<< Sto caricando la macchina ora, tra una mezz’ora sarò li >>. Rispondo con paterna pazienza facendo la parte di chi è sveglio come un grillo e oramai ha aperto le canne ma ... in verità ne approfitto per una dormitina.

Alle 9:30 mi sveglio perchè la macchina, nera,  precedentemente parcheggiata all’ombra,  è investita dal sole pieno almeno da mezz’ra e sto facendo degli incubi della madonna immerso in un bagno di sudore mentre sdraiato sul sedile sbavo sulla polo, anche essa nera, a bocca aperta.

Una scena raccapricciante. Scendo dalla macchina sconvolto, ansimando. Nel mentre, la solita fortuna vuole che passi una signora in bicicletta: fa una faccia come se avesse visto uno spetro, tremenda. Non posso darle torto, chissà cosa avrà pensato di uno in una macchina ferma, in un parcheggio deserto, che esce fuori ansimando rosso e sudato. Provo un leggero imbarazzo ripensandoci. Richiamo Guelfo e, dopo che un fiume di bestemmie in livornese mi ha travolto riesco a comprendere che: ha sbagliato strada e tra mezz’ora sarà qui. Passa ancora mezz’ora. Lo richiamo. Dopo aver ascoltato un’altra sequela di cani, porci,serpenti e madonne assortite, arguisco che l’uomo è in difficoltà col navigatore. Decido di andarlo a prendere. Era 2 Km dalla meta e girava in tondo.

Sbollita l’incazzatura alle 10:30 riusciamo ad aprire le canne.  Alle 10:31 tocca a me smadonnare: la corda del sacchetto  si è allentata ed il bigattino fermato dal portabagli del Sorento s’è fatto 300 Km tra ieri e sta mattina davanti al tubo di scappamento. Avete presente il bigattino morto? Ecco, il mio era morto di certo ma anche mummificato. Sembravano dei tizzoni in scala ridotta. Setacciando riesco a tirare fuori un etto di innesco su un Kg e mezzo... non male, facciamo girare l’economia.

Di seguito, in sequenza,  Guelfo finisce di fare la lenza solleva la canna e miracolosamente il filo è tagliato: come direbbe Bartali, “l’è tutto da rrifare”.Io per non essere da meno e non beneficiare di nessun vantaggio al primo lancio attacco un rametto fetente e invisibile alle mie spalle e faccio un gomitolo di Maxima intorno al galleggiante. L’unica consolazione è quella di non aver fatto in due la canna. Dopo non pochi ripensamenti e un cambio di picchetto causa cespugli vari alle spalle che impedivano il lancio mi posiziono anch'io ed era anche ora. L'argomento di oggi è breme e gardon in acqua ferma. Una pesca tecnica riflessiva e difficile.

A pesca

Circa da marzo di quest’anno ho avuto modo di trovarmi a pesca con l’amico Guelfo in molte occasioni e proprio per questo m’è capitato più e più volte di mettere a confronto il ledgering con l’inglese in acqua ferma o pressochè ferma. Quanto segue è una breve riflessione sull’ultima pescata che trae spunti anche dalle altre mettendo a confronto le principali azioni di pesca.

1) Il lancio:

Nella pesca all’inglese l’uso di uno scorrevole o un fisso presuppone realmente una grossa dimestichezza nel far girare la canna in un certo modo, pena distanze ridotte e grovigli di lenza. Il ledgering possiede un’architettura delle lenze che non si prestano al benchè minimo rollare del lancio: i pasturatori open end ad esempio vanno forzati in modo molto progressivo per non perdere la palla all’interno. Altre lenze sono sbilanciate dinamicamente e la minima oscillazione potrebbe creare accavallamenti. In altre parole a ledgering il lancio deve essere di due tipi: under-arm se si pesca vicino, above ma senza oscillazioni di precarica se lanciamo lontano.
Su questa voce darei un pari : il fascino del lancio con l’inglese compensa la maggiore semplicità del lancio con il ledgering.

2) Affondare il filo

Con l’inglese, in acqua ferma, si oltrepassa il bersaglio di 5-10 metri, si frena il lancio mettendo in tensione, si mette la punta in acqua recuperando fino a distensione completa e si tira  fuori dall’acqua la linea con la punta della canna sommergendo la parte di filo restata fuori. Con il ledgering abbiamo una sequenza assai simile. Pari anche qui.

3) La pasturazione pesante iniziale

L’uso della fionda non è banale sulla canna inglese, figuriamoci nel ledgering dove i punti di riferimento potrebbero essere nascosti. Il ledgering ha da giocare però la carta della pasturazione pesante fatta con l’uso di larghi open-end. 5-6-10 lanci consecutivi eseguiti con la massima precisione permettono realmente di entrare in pesca in un tempo cortissimo e con la massima precisione. In questo caso la precisione del lancio con la fionda è ampiamente battuta dalla precisione di una pasturazione effettuata con la canna in cui la distanza è determinata dal fermo sul mulinello. 1-0

4) Alimentare la pasturazione

Nel ledering lo fai ad ogni lancio. Con la canna inglese lo fai quando fiondi e devi essere preciso. 2-0 per il ledgering a causa della minor difficoltà e del perfetto automatismo.


5) Lettura della mangiata

Per quanto sensibile possa essere un vettino non compete con l’immediatezza di un fischione. Perchè il segnale arrivi al vettino ci sono 20-30-40 metri da muovere. Perchè il segnale arrivi al fischione c’è solo il fondo come distanza tra questo e l’amo. Per di più nel ledgering ci vuole molta esperienza nel capire quanto scorrevole lasciare il pasturatore e quale peso è ottimale affinchè la mangiata sia efficaciemente sengnalata. 2-1


6) Pesca a mezz’acqua.

2-2 No contest.


7) Resa totale

Il ledgering permette un approccio più diretto e meno complesso: è sicuramente meno soggetto ad errori, specie nella pasturazione. Comporta tuttavia una serie di competenze specifiche che, se non possedute, trasformano la semplicità del ledgering in un boomerang di banalità applicata che può risultare infruttuoso. La pesca all’inglese ha decisamente un bagaglio superiore di gesti tecnici di elevata difficoltà da conoscere. Si presta maggiormente ad errori.

Paragonando due ottimi pescatori di inglese e di ledgering, posso asserire con certezza e con una statistica ragionevolmente lunga che non ci sono grosse differenze di resa, a meno che, per natura del posto e stagionalità, il pesce non vada a posizionarsi “on the edge”. Vi sono poi condizioni per le quali i pesci mangiano francamente solo sul method, viceversa in questo caso con l’inglese siamo tagliati fuori.

Paragonando due pescatori discreti invece, il ledgering ne viene fuori meglio: ripara molte delle mancanze e degli errori che, con la canna inglese comportano un calo drastico della resa. Detto questo, l’articolo nasce per eseguire un confronto tecnico serio tra due tecniche che si equivalgono, circa, in acqua ferma e per fornire spunti di riflessione a quelli che ancora credono alla favola che il ledgering sia una tecnica banale: il ledgering è una tecnica fatta di concetti semplici, che per essere eseguita ad alti livelli necessita grande competenza e conoscenza di quei concetti, nonchè manico. Un buon pescatore, è un buon pescatore anche a ledgering, un pescatore scarso, sarà un pescatore scarso anche a ledgering.

Fine giornata

Dopo aver provato a me stesso che due giorni a pesca macinando ore e Km a questo livello sono lavori che vanno fatti con il giusto tempo di recupero tra uno e l’altro, deduco che in fondo, sebbene stanco, sebbene lesso come un cotechino, sono queste le giornate che porterò con me infondo al viaggio, che tutti facciamo, in un angolo in del cuore. Cosa c’è di meglio che passare una giornata a pesca parlando di pesca, di figa e di cucina con un amico? A voi la domanda... ma la risposta tenetela per voi e non ditela a vostra moglie.


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