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Finalmente a pesca.

Di Riccardo Dominici pubblicato il 29/05/08

Finalmente arriva qualche giorno di vacanza per Pasqua. Il mio compagno di classe e di pesca il “Pado”, è una settimana che mi sta stressando che vuole andare a lucci per provare la tecnica del “morto manovrato”   così si và a catturare delle scardole in un laghetto per usarle come esca. Quando racconto a mio padre quello che stiamo preparando, mi fa osservare che per il luccio è periodo di divieto e che se vogliamo pescare abbiamo due alternative: o aspettiamo dieci giorni per l’apertura della stagione di pesca, e così potremo andare a trote appena rilasciate, l’altra è il mare.

Avviso il mio amico che a lucci fino a metà Maggio ce li possiamo scordare, e lui convince, veramente aspettava solo di essere convinto, suo padre a portarci a cefali. Detto fatto l’uscita di pesca è organizzata. Saremo in cinque. Io, il  “Pado”, suo padre con un suo amico e Carlo altro compagno di classe. Per me è la prima volta, non ho mai pescato e cefali, sò solo che si pescano con la fissa, montature leggera e come esca una pastella sull’amo. Il “Pado” per due giorni mi prende in giro affermando che non prenderò niente perché i Cefali sono pesci “intelligenti” e solo quelli sofferenti di turbe psichiche e di crisi depressive con tendenze suicide si lasceranno prendere da uno “scarso” quale io sono. Lo lascio parlare e gli dico solo che i conti si faranno alla fine. Preparo alcuni finali di misure diverse sul “16” userò un galleggiante da un grammo, sul “18” e sul “20” un galleggiante da un grammo e mezzo. La pastura la prepara il padre del “Pado” e così siamo pronti.

Sveglia puntata alle 04:30 alle cinque raggiungo il luogo dell’appuntamento e finalmente si parte per Monfalcone, pescheremo un una località molto frequentata  dai pescatori di Cefalo, il canale Lisert. Ad un quarto alle sei siamo già in pesca, la giornata si preannuncia fredda, ma con calma assoluta di vento, cominciamo a pasturare lanciando delle palle di pastura molto compatte sul fondo, e le prime catture non si fanno attendere, o meglio gli altri catturano ed io resto a bocca asciutta. La mia attrezzatura è la seguente, canna fissa di sette metri, lenza madre del “25” finale del “20” e amo n° 8. Guardo come pescano gli altri e cerco di carpirne i segreti, le tocche sono molto rare e delicate ed ormai sono già le otto e mezza e la mia nassa è desolatamente vuota. Il “Pado” se la ride bellamente dicendomi che non si hanno notizie di Cefali depressi e che devo rassegnarmi ad un bel cappotto. Staremo e vedere se farò cappotto. Ma, il “Pado” non demorde e coinvolge anche Carlo nello sfottò.

Decido di cambiare strategia, cambio finale e metto quello leggero, preparo una palla di pastura poco compressa in modo tale che si sfaldi scendendo sul fondo ed inforco i miei occhiali con lenti polarizzate per vedere a che altezza dal fondo devo tarare il mio galleggiante. Lancio la mia pastura e vedo i cefali salire dal fondo, taro il galleggiante alla giusta altezza e, come per magia inizia la danza. Allamo il prime pesce  che prontamente rilascio anche se superava la misura, alle rimostranze del “Pado” sul fatto che avessi rilasciato il pesce gli rispondo che i “VERI” pescatori rilasciano sempre il pesce che non arriva come minimo al mezzo chilo, e che solo i “brocchi” come lui li trattengono. Ora è il mio turno per lo sfottò, le catture si susseguono e Carlo ed il “Pado” si sistemano al mio fianco, e lanciano i propri terminali proprio dove pesco io. Allora io mi sposto nella postazione che occupavano loro prima.

La situazione non cambia, continuo a prendere pesci a profusione con continuità, e con la stessa frequenza li rilascio ad esclusione di due che ho messo in nassa, perché sono sul mezzo chilo. Devo assolutamente portare qualcosa a mia nonna, dato che è il mio secondo sponsor, e so che se gli porto qualche pesce dieci o venti euro arrivano.


Dopo un po’ il “Pado” si rimette al mio fianco e lancia il suo finale a due centimetri dal mio, stessa profondità, stesso galleggiante, stessa misura dell’amo. Tutto uguale a mè, vuol mostrarmi che anche lui è capace di prendere i pesci più grossi sino a quando il mio galleggiante affonda, ferro prontamente e mi rendo conto di aver allamato un pesce veramente grosso, tira da matti, so di essere leggero, ed assecondo le sue fughe senza forzarlo e dopo quattro cinque minuti è a guadino.

E' veramente un cefalo super, quando lo peserò casa, la lancetta della bilancia si fermerà sui chilo e trecento grammi. Chiedo al “Pado” se vuole sottoporre a seduta psichiatrica il pesce, e lui bofonchia sommessamente: “Sempre il solito c****e!” Mi sto rifacendo con gli interessi di tutti gli sfottò subiti. La giornata continua in allegria con continue catture sino a quando, verso le quindici  i grandi decidono che è ora di rientrare. Raccattai le mie cose e rilasciai altri due pesci, stimai ad occhio che sette pesci arrivavano al limite dei cinque chili permessi, ed in effetti fu cosi, mia nonna era soddisfatta, sette pesci per 5 chili e trecento grammi. Ero stanco ma felice, aiutai  mia nonna a pulirli, feci la doccia, incassai la sponsorizzazione e preparai la borsa per andare ad allenamento.
Quella sera alle nove e mezza ero già a letto senza cena, e dormii il sonno del ”giusto”, era lo scorso Venerdì Santo.


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