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I coregoni del Lago d'Iseo

Di Mauro De Simone & Gianprimo Bonassi pubblicato il 20/09/15

Il coregone o lavarello è un pesce ricercato dagli intenditori della pesca di lago poichè abita i fondali profondi delle acque aperte, dove la maggior parte degli altri pescatori non riesce ad arrivare. Sul Lago d’ Iseo questa tecnica di pesca si sta diffondendo sempre di più proprio grazie alla purezza delle sue acque che ospitano branchi molto numerosi e che non aspettano altro che di essere pescati. Per la nostra uscita abbiamo chiamato Gianprimo, esperto locale di questa tecnica, che con le sue amettiere super raffinate riesce sempre a fare risultato e le catture non si sono fatte attendere più di tanto. Il coregone appartiene alla famiglia dei Salmonidi, cioè allo stesso gruppo di trote e salmerini; questa è quindi una specie pregiatissima, non solo interessante da pescare da un punto di vista sportivo, ma anche ottima da mangiare, gastronomicamente parlando. Di coregoni ne esistono diverse varietà tra cui il “lavarello” appunto, tipico abitante dei laghi più profondi e freddi dell’ Europa, e la “bondella”, cioè una varietà più snella che ritroviamo anche nel Lago d’ Iseo. Il nome tecnico del lavarello e’ Coregonus lavaretus. Lo si pesca in Svizzera, in Francia, in Austria, ma anche in tutto il Nord Europa così pure come in Canada, dove viene soprannominato dai pescatori locali come “White Fish” cioè pesce bianco. Questa definizione deriva ovviamente dal suo aspetto, ed in modo particolare dalla colorazione delle squame che riflesse al sole rivelano una tonalità azzurro argentata. L’ aspetto morfologico del coregone è quello di un pesce tipicamente snello, con fianchi piuttosto schiacciati e molto longilinei. La pinna caudale è ben sviluppata e vistosamente forcuta; subito a ridosso di questa, in porzione dorsale, ritroviamo la pinna adiposa tipica dei salmonidi, che ne rivela l’ appartenenza al gruppo. La testa del lavarello è relativamente piccola, minuta, con un occhio ben sviluppato ed una bocca molto fragile e delicata; è proprio a causa dell’ apparato boccale particolarmente cartilagineo che spesso si perdono molte catture poichè, se non si è più che delicati in fase di ferrata, è facile lacerare le membrane proprio con la punta dell’ amo. Un’ altra caratteristica riconoscibilissima e’ anche la morfologia della bocca, decisamente inusuale e tipica di questa specie. La conformazione della bocca rivela lo stile alimentare del coregone, che pattuglia i fondali standosene sempre molto vicino al substrato, dove ricerca ed inghiotte decine e decine di larve di chironomo, esca questa che deve essere necessariamente imitata dai particolari artificiali che si impiegano, per riuscire a convincerlo ad assaggiare. La taglia media dei coregoni può variare da 200-300 grammi nel caso delle bondelle fino anche a 2 o perfino 3 chilogrammi per gli esemplari di maggior calibro. In passato in queste acque si sono perfino agganciati veri e propri trofei di 60-70 centimetri, anche se la maggior parte delle catture si aggirano intorno ai 30-40 centimetri. La riproduzione dei coregoni segue ovviamente gli stessi ritmi biologici di quella dei salmonidi in generale, coincidendo con i mesi invernali. E’ l’ Autunno una delle stagioni migliori per ricercarlo dalla barca, poichè la frega non è ancora iniziata ed in questo periodo i coregoni sono impegnati a nutrirsi attivamente per metter su peso e prepararsi così meglio al periodo in cui dovranno deporre le uova. La pesca del coregone è una tecnica non facile e che necessita di ripetuti tentativi prima di riuscire ad agganciare con successo le prime catture, oltre che ad un attrezzatura specifica senza cui è praticamente impossibile riuscire nell’ impresa. Innanzitutto il pescatore deve avere una barca con cui portarsi al largo, in genere da qualche decina a qualche centinaio di metri dalla riva, per cercare il punto esatto del lago dove gironzola il branco. Consigliato l’ utilizzo di un motore, poichè spesso occorre spostarsi in maniera intermittente, pescando una mezz’ora in un posto per poi muoversi e sondare una nuova locazione poco più distante, qualora non si individuino subito i coregoni. Oltre alla barca necessaria anche una canna del tutto particolare e costruita appositamente per questo tipo di pesca. Si tratta di una cannetta molto leggera, lunga da 1,5 a 2,5 metri al massimo, quindi estremamente corta, con un vettino davvero molto sensibile senza il quale risulterebbe praticamente impossibile rilevare la toccata. I coregoni infatti sono difficilissimi da pescare poichè a differenza di altri salmonidi piu’ tradizionali, come la trota ad esempio che assaggiano con irruenza, questi lo fanno in modo quasi impercettibile. Oltre ad una cannetta ultrasensibile si consiglia di utilizzare anche il caratteristico mulinello “a ruota” tipico di questa pesca, che facilita enormemente lo spostamento dell’ amettiera lungo la verticale, avendo un rapporto di recupero elevato grazie al suo diametro considerevole. Per alleggerire ulteriormente il tutto, la struttura di questo semplice mulinello è forata, per ridurre il piu’ possibile il peso

dell’ attrezzo e quindi facilitare  al pescatore la percezione della toccata, anche dopo ore di pesca quando la stanchezza incomincia a farsi sentire. Sul mulinello si montano da 75 a 100 metri di lenza dello 0,22, che serviranno a far affondare a profondità notevoli le esche artificiali (in genere si entra in pesca da 20 a 40 metri di profondità). Come esca si lega sulla madre lenza un’ amettiera molto lunga, di circa 3,5 metri, con 5 o 10 ami collegati al corpo principale con dei corti braccioli di 4-5 centimetri, che hanno la funzione di far oscillare gli ami quel poco che basta ad attirare

l’ attenzione del salmonide. Si utilizzano ami obbligatoriamente dorati, di grandezza variabile dal numero 12 al numero 8, con sezione dello stelo sufficientemente robusta per appesantire

l’ imitazione, che così nell’ acqua si muove con un certo “peso”. Sull’ amo è costruita

un’ imitazione artificiale di chironomo, cioè una componente dello zoo plankton lacustre tipicamente bentonica. Le larve di chironomo vivono nella fanghiglia e durante il periodo più caldo dell’ anno, da Marzo-Aprile fino ad Ottobre-Novembre, abbondano a pochi centimetri dal fondo, dove coregoni e branchi di persici ne vanno davvero ghiotti. Le nostre imitazioni dovranno assomigliare il più possibile a queste larve di insetti. Le amettiere non sono affatto facili da costruire, soprattutto se ci troviamo alle prime esperienze con questa tecnica di pesca e quindi il suggerimento e’ quello di avvalersi dei consigli di qualche pescatore piu’ esperto che gia’ la applica da tempo con buoni risultati. Meglio se e’ un pescatore locale, che conosce esattamente il comportamento dei coregoni, la posizione dei branchi durante le varie stagioni dell’ anno e le tattiche migliori per agganciarne a ripetizione anche fino ad una decina per giornata. Noi ci siamo avvalsi dei consigli di Gianprimo Bonassi, già nostro collaboratore fidato, che conosce tutto quello che c’è da sapere per effettuare catture a ripetizione in queste acque dell’ Iseo.

La tecnica di pesca è molto semplice; si tratta semplicemente di collegare al corpo principale dell’ amettiera un piombo di peso variabile tra i 15 ed i 30 grammi, lasciando successivamente affondare il tutto finchè la zavorra non è arrivata sul fondale, fermandosi. Il pescatore deve tenere la lenza ben tesa in verticale per far lavorare i vari ami a profondità differenti. Di tanto in tanto si puo’ sollevare di una decina di centimetri il peso dalla fanghiglia, per poi farlo precipitare nuovamente e creare così una nuvoletta torbida che ha la funzione di attirare l’ attenzione dei coregoni in feeding mood. Il segnale di assaggio dell’ esca da parte del lavarello sarà sempre molto leggero; a volte si trasmette come una semplice vibrazione ripetuta delle durata di un istante fin sul vettino della canna. Altre volte e’ semplicemente rivelata da uno “spiombamento”. In entrambi i casi deve seguire una ferrata rapida ma mai eccessiva, per riuscire a tenere in canna la cattura così allamata. Infine un ultimo suggerimento che riguarda

l’ utilizzo dell’ ecoscandaglio, che dovrà  essere montato sull’ imbarcazione per raggiungere ed individuare la posizione del branco di salmonidi. L’ ecoscandaglio ci permette di riconoscere la presenza dei lavarelli, anche quando questi si trovano molto vicino al fondale. Ne esistono in commercio svariati modelli. Il consiglio è quello di acquistarne comunque uno di qualità e di elevata precisione perchè questo strumento assume importanza maggiore anche della canna per quanto riguarda questa tipologia di pesca.


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