Racconti

I pesci che non ti aspetti

Di Luca Lepori pubblicato il 17/07/16

Dopo mesi di Spagna sono di nuovo nella mia Toscana e rivedo qualche amico nonché vecchio compagno di pesca. Inevitabilmente, dopo pochi convenevoli, si inizia a parlare del nostro sport preferito, di cosa avessi pescato nel Guadyana e nel Guadalquivir, e da lì a fissare per l'uscita il passo è breve.

Mi sarebbe piaciuto andare sul Serchio, ma in queste calde giornate di luglio nelle profonde buche della media valle amano nuotare alloctoni muniti di gambe provenienti da quei paesi che ci hanno regalato proprio quei pesci che non avrei voluto prendere e quindi, dato che la pesca è per me un momento di relax in compagnia di amici, preferisco andare dove tali alloctoni rimangono a piede asciutto. La scelta ricade su un piccolo ma pescosissimo corso d'acqua, il Bisenzio, che scorre a mezz'ora

di macchina da casa mia, quasi completamente nella provincia di Prato. Ed è proprio a monte di questa cittadina che si trova lo spot sul quale ci rechiamo di primissima mattina...

Dato che qui sono presenti prevalentemente cavedani, anche di taglie importanti, monto una barbara di 5 metri molto nervosa con un vecchio recupero Ritma, galleggiante allungato 4xnulla, finale abbondantemente lungo di un prudentissimo 0,11 e amo del 22 a gambo corto e senza ardiglione. Innesco un solo bigattino (bachino in toscana) appuntato a metà corpo perché scenda nella colonna d’acqua di fronte a me come quelli lanciati per pasturare e fiondo 10/15 larve ogni lancio.

Così facendo tutti i cavedani della lunga e stretta lama entrano in frenesia alimentare e non è difficile sin dai primi lanci cominciare ad agganciare pesci di tutto rispetto, soprattutto per l'ambiente ristretto, con una continuità impressionante a tutto vantaggio del divertimento.

Dopo qualche cavedano arrivano anche i primi barbetti la cui taglia non supera i 200 grammi, però sono molto vivaci e, soprattutto, sono i nostri rassicuranti barbo plebejus e barbo tiberino. Durante la pescata anche qualche barbo di taglia più interessante viene a farci visita.

Ci fermiamo per un panino verso metà mattinata, tanto i pesci rimangono lì e continueranno a mangiare senza fermarsi nemmeno un momento. Non ho neppure bagnato la nassa preferendo liberare immediatamente il pescato date le temperature estive che avrebbero potuto uccidere anche il più resistente dei pesci gatto, senza una adeguata ossigenazione.

Finisco di mangiare io e ricominciano i cavedani… andiamo avanti così tutto il pomeriggio fino a che il sole non comincia ad abbassarsi dietro la collina alle nostre spalle e le mangiate iniziano a diradarsi. Qualche triotto, un altro bel cavedano e poi si ferma tutto, come se in acqua non ci fossero più pesci. Questo è l’ultimo pesce guadinato…

 

 …ma non l’ultimo agganciato. Osservando una fiondata di larve affondare noto delle bolle salire dal fondo, circa 1 metro e 20 di acqua sotto la punta della 5 mt., poi una nuvola di fango, e penso: ci sono delle carpe, a forza di fiondar bachi sono venute a partecipare al banchetto… Lancio, mi concentro, il galleggiante parte e… perdo un paio di mangiate di fila! Così mi dico “adesso ti lascio mangiare, vediamo che fai”! Avete presente la mangiata di spigola nei porti? Il galleggiante affonda una ventina di centimetri, si ferma e, dopo alcuni istanti, parte deciso: è andata proprio così. Ferro e trovo duro: il galleggiante rimane inchiodato 5 centimetri sopra il pelo dell’acqua, sto quasi per dire una preghierina alla toscana per aver agganciato il fondo quando la lenza riparte, lenta ma inesorabile, ed il vecchio Ritma inizia a girare alla grande. Da questo momento per i prossimi 15 minuti sono certo di avere a che fare con un carpone decisamente cresciutello, complice la visibilità ridotta delle 8 di sera, finche non succede quello che non mi sarei mai aspettato: il pesce si ferma e, forzandolo un poco, riesco ad aggallarlo a 7/8 metri da riva e cosa vedo? Una bocca nella quale sarebbe comodamente entrato il mio pugno chiuso ed un paio di baffoni che escono dritti dritti dall’acqua, quindi, quasi immediatamente, quella tremenda sensazione di vuoto che si prova quando il pesce si sgancia, liberadosi… ebbene si… era un siluro, sia pure di ridotte dimensioni (3/4 chili al massimo), ma era lui. Forse ero l’unico ad ignorare la presenza di questo predatore nel Bisenzio, ma sono rimasto sorpreso! Per farla breve aggancio un altro di questi bestioni nel giro di due minuti. Forse era un poco più piccolo ed ha combattuto meno, ho tentato di portarlo al guadino ma ce ne entrava solo metà e, nonostante l’aiuto del compagno di pesca, non siamo riusciti a catturarlo per la foto di rito… si è infilato in una buca sotto un muraglione della sponda opposta e li è rimasto, slamandosi anche lui.

Chissà per quanto tempo un fiume piccolo come il Bisenzio riuscirà a sostenere la presenza di questi predatori prima di “soccombere” a tali fameliche presenze. I cavedani che mi erano parsi di buona taglia fino a quel momento all’improvviso sono sembrati uno spuntino per quei gattoni che certamente non saranno i più grandi tra quelli presenti qui…

Personalmente non sono convinto, avendo pescato in fiumi europei in cui la presenza di siluri di taglia notevole è conclamata da decenni, che tali pesci siano “pericolosi” per un ecosistema di grandi dimensioni. Certo, nel momento dell’insediamento creeranno sicuramente degli scompensi, ma, col tempo, trovano un loro spazio. Un esempio su tutti il fiume Ebro, famosa meta per pescatori di siluri in cerca del record, ma capace di regalare catture di carpe e barbi ed altro pesce bianco che sono presenti in quantità industriali… Altro discorso immagino si debba fare per i piccoli ambienti, non capaci di sostenere un periodo di adattamento alla presenza del nuovo alloctono senza riportare danni seri. Nel caso specifico, in una condotta di drenaggio delle acque piovane che passa sotto l’adiacente provinciale, ho trovato diversi metri di tramaglio ben riposto e pronto all’uso e, senza remore, l’ho distrutto completamente, bruciandolo. Questo, ad essere sincero, mi spaventa più dei siluri visti in acqua.

Un altro pensiero invece mi riporta agli anni in cui durante le gare del trofeo Pegaso in Arno fiorentino, ai “frenisti”, al “terrapieno” e all’”ambasciata” si vincevano i settori con diversi kg di cavedani, anche 10/12 kg o più… quei cavedani sono spariti molti anni prima che ci si rendesse conto della presenza dei siluri, quindi chissà ad opera di chi. Nel Tevere, dentro Roma, dove pure i siluri sono presenti, si catturano con buona continuità barbi, cavedani, carpe e ibridi di tutte le taglie e, quando fa buio, persino lucioperca di tutte le pezzature, come si spiega?

La prossima uscita la faccio in Serchio, un’uscita breve di prima mattina, in un giorno infrasettimanale, per vedere se riesco a pescare tranquillo tre o quattro ore…


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