Tecniche

I segreti di una grande pescata: 73 kg gennaio 2010 (73/01/2010)

Di Massimo Zelli pubblicato il 15/06/14

parte uno di due

Sono davanti ad un buon the ed è il 5 di gennaio sera, ho bisogno di riordinare un po’ le idee: oggi credo di aver maturato ancora qualche riflessione che vale la pena scrivere. Le mani odorano ancora di “pesca” mentre guardo la pagina bianca che ho di fronte, la schiena e le spalle hanno quell’indolenzimento tipico di una giornata passata in piedi con la bolognese: un fastidio piccolo che può sembrare quasi piacevole, nel ricordarci da che cosa deriva.  Credo che la pesca, prima che di tecnica, sia fatta di passione ed è proprio questa che ci spinge a tentare un’uscita anche quando i pronostici ci danno battuti in partenza. Ed è sempre passione quella che oggi con due amici mi porta sulla sponda del fiume, cosi com’è passione quella che respiro alle 7:50, mentre il sole sorge timido dietro le nuvole ed io sto aprendo le canne immaginando ad occhi aperti la prima affondata. Il titolo tra parentesi non è un errore di stampa, è solo il mio modo per segnare sul calendario una delle uscite più generose che un fiume freddo di gennaio mi abbia mai regalato: 73 Kg in tre  poco più di una mattina.

La gronda: un punto di riferimento certo

La caligine che si alza lieve dietro la palizzata della sponda m’indica che l’acqua è ben più calda dei sei gradi che ha l’aria e sull’erba c’è appena un po’ di condensa ma non è brina. I giorni di freddo che si sono ripetuti, con sempre maggiore frequenza, mi hanno preparato psicologicamente a cercare una decina di pesci di grossa taglia centellinando la pasturazione e sudandoli uno per uno. Colgo però diversi segni che oggi la giornata prenderà decisamente un altra piega. Forse la convinzione che l’inverno debba per forza fare “L’INVERNO” mi inganna ma ho più che non una semplice impressione che questo 5 gennaio è invernale “solo all’anagrafe”, sembra più un 20 ottobre o giù di lì. Il fondale è sui 5 metri e ottanta in questo punto, decidiamo di sondare il terreno con qualche passata e vedere come va prima di forzare gli eventi pasturando pesante.

 La taglia della breme qui è elevata cosi come la sua concentrazione: ambienti con corrente lenta e ricchi di vegetazione sono gli spot prediletti di questi ciprinidi. Sono posti nei quali il loro accrescimento non è disturbato da troppi “concorrenti” ed antagonisti. Le breme più vecchie assumono una tonalità scura in perfetta mimesi con il fondale, la loro colorazione è similare a quella di una carpa. La combattività di questi esemplari e la particolarità del modo in cui vanno pescati fornisce più di una ragione per ritenere questa pesca divertente ed appagante. Non ho purtroppo le competenze specifiche per definire questi pesci come facenti parte di una razza diversa di breme ma v’è più di un motivo che mi spinge a porre un distinguo tra la poco combattiva e pallida breme che popola diversi corsi d’acqua italiani e questa sul mio Sile: sembra molto simile a quella che incontro in Austria sulla Drava, decisamente un pesce forte. La pesca a filo della gronda in inverno, laddove il fondale è molto elevato, è una delle scelte da tentare come prima carta: usare lo scalino come punto di riferimento semplifica parecchio il lavoro quando non abbiamo idea di come impostare la pesca. Nella pasturazione basta tenere “il braccio” più corto di un metro, la palla arriverà sull’ultima parte del declivio toccando il fondo e rotolando giusto alla fine dello scalino. A quel punto pescarci sopra è uno scherzo, fatte dieci passate sappiamo esattamente dove la lenza deve scorrere.

Se le condizioni lo permettono, un finale lungo e morbido è un aiuto di cui non fare a meno. Usando una bava sui 40 cm, anche nell’evenienza in cui tratterremo la lenza troppo a ridosso dello scalino, resteremo in pesca dragando un po’ ma senza vedere false annegate. In correnti lente, la lenza deve mantenere sempre una certa lunghezza e flessibilità. Sarà perciò nostra cura, quando insidiamo la breme, ridurre lo spazio in cui i pallini sono disposti creando una “corona” leggera ma molto fitta. Questo ci consentirà di pescare con una certa precisione poggiando in terra solo una porzione del finale: la mangiata in starata sarà molto ben segnata, considerato il gran numero di pallini in poco spazio. La trattenuta sarà in questo caso abbastanza accentuata: una lenza come questa se resta abbastanza “tesa” funziona in maniera egregia nella segnalazione. Se invece la faremo fluire troppo libera, la lunghezza del finale ci giocherà brutti scherzi segnando in ritardo la mangiata. Sarebbe un  errore usare una lenza di questo tipo, con un finale libero cos’ lungo, trattenendo appena. Ogni lenza ha un suo modo d’essere usata e quest non fa eccezione: va trattenuta.

Una  possibile variante sul tema usando la stessa lenza potrebbe essere questa: se vogliamo dragare di più basterà poggiare in terra qualche piombo (alzando il bulk e togliendo un paio di pallini). In questo modo la presentazione sarà ancora più statica, e la mangiata sarà avvertita nove volte su dieci come un affondata piuttosto secca. In questo caso i pallini precederanno l’amo. Il galleggiante se lasciato fluire sarà inclinato in avanti: la lenza non va comunque lasciata a scarroccio, bisognerà sempre effettuare un controllo puntuale per avere la massima reattività sulla tocca. Questo ultimo espediente  va usato solo quando abbiamo la certezza che il pesce sia molto attivo: il numero di mangiate è molto più alto in questo modo, ma si tende a perdere più pesci perchè vengono agganciati all’interno del palato che è molto più fragile del labbro.

La breme: capirne il comportamento

La breme in acqua ferma ha fama d’essere un pesce dall’appetito delicato e facile da saziare: in quasi 6 metri di acqua corrente il comportamento cambia. Questa è fondamentalmente la ragione che mi porta a creare distinzioni tra breme diverse, in una giornata come quella odierna l’equazione “tanta pastura = tanto pesce” non è mai stata più vera. Soltanto per fornire un ordine di grandezza, questa mattina sono volati in acqua oltre 6 Kg di sfarinato a testa. In parte, dovuti al fondale elevato e alla corrente ma, in grossa misura, al fatto che appena il substrato di cibo offerto sul fondo comincia a scarseggiare il pesce perde interesse nella nostra postazione e diviene sporadico nelle abboccate. Con Sergio osserviamo quasi una relazione causa effetto: appena molliamo in acqua  2-3 bocce di pastura il pesce arriva e resta  in passata per una decina di minuti, in modo  regolare, dopodiché le abboccate divengono rade e poco convinte. Ripetendo la pasturazione il copione si ripete. E’ una logica di funzionamento che non sempre può sussistere: oggi c’erano delle condizioni particolari che ci hanno permesso di giocare in questo modo. Nella pesca a passata, quando si adopera pastura, la sequenza più comune è quella che prevede un fondo iniziale alimentato da una palla una tantum (un lancio ogni 3-4 passate). Questo garantisce un substrato costante di pastura che man mano che si consuma viene rimpiazzato. E’ una tecnica che funziona ottimante sul cavedano. Si crea un punto di caduta ed una scia sulla quale il pesce si dispone in maniera più o meno casuale verso valle. La breme è un pesce che può avere comportamenti diversi a seconda del luogo dove vive: in questo caso la sua logica di branco gli impone gruppi molto numerosi al contrario dei cavedani che, quando sono molto grossi, hanno branchi attorno alla decina di unità o meno.

In estate, a fine giornata, osservo le breme cibarsi nelle acque basse delle lanche, specie dopo aver vuotato in acqua i resti delle esche e della pastura. E’ sufficente allontanarsi una decina di metri stando magari su un punto di osservazione soprelevato, per capire come “ragionano” questi pesci. Il comportamento delle breme, in questi frangenti, è come quello dei colombi di Piazza S.Marco. Quando arrivano sulla manciata di mais che i turisti lanciano loro, si sistemano a raggera tutti intorno all’area di caduta. E’ come se avessero il biglietto della fila all’ufficio postale: uno alla volta , in maniera più o meno ordinata, prendono la loro parte entrando dentro “la pastura” ed uscendone con qualcosa in bocca.

Man mano che la quantità diminuisce il gruppo si dirada verso l’esterno fin tanto che non resta qualche esemplare più ingordo o semplicemente più debole a pulire le briciole. I cavedani agiscono in modo diverso: credo che la loro genetica sia stata in qualche modo evoluta e modificata dall’antica frequentazione con i pescatori o forse, sono soltanto naturalmente sospettosi, un po’ come i gatti. I cavedani non si avvicinano mai del tutto ad una zona molto pasturata, preferiscono restare laddove si sentono sicuri di poter esaminare cosa mettono in bocca (a valle o di lato), sono rare le giornate (ma ci sono specie in primavera) dove i pesci fanno pazie aggredendo le palle di pastura in caduta ancor prima che tocchino il fondo oppure spaccando l’incollato a musate prima che questo si apra (ve ne accorgete quando ne catturate uno che ha in bocca molta ghiaia...fate la prova innescando una pallina di incollato, ne vedrete delle belle). In sostanza, volendo pescare bene sulle breme, bisogna essere sicuri di passare con l’esca ben aderente al fondo da circa un metro prima di dove supponete sia la pastura a circa un paio di metri dopo.

Molto di rado al contrario del cavedano la breme lascia allargare la scia della pastura verso valle: se questa è presente insieme ad altri pesci, soltando forzando la pasturazione sulla quantità riusciamo ad avere una scia verso valle sufficente per fare passate più lunghe. Una condizione da tenere bene a mente se noi vogliamo prendere altri pesci. Cosi come va tenuto a mente che le lenze da usare devono permetterci di non prendere le breme. Useremo scalate leggere a sfiorare il fondo o pescheremo leggermente staccati. Ovviamente queste ultime considerazione valgono nella bella stagione.

Vorrei completare il discorso aggiungendo una riflessione tratta dall’osservazione diretta durante la pesca: i cavedani vengono presi  a valle durante la giornata anche 10 o 15 metri fuori pastura e questo soltanto dopo un po’ che stiamo pescando  le breme invece, com’è giusto che sia, arrivano “con i primi botti” della pastura. E’ un chiaro segno che la breme si concentra a ridosso della pastura, mentre il cavedano si posiziona prudenzialmente fuori dal raggio d’azione delle insidie, brucando con sospetto quello che la corrente porta a valle.

 Pasturazione: tecnica d’urto

 Nell’articolo parliamo di un tipo di pasturazione in cui il modo di dare pastura è diverso dai canoni classici della passata: diamo grossi quantitativi ad intervalli molto lunghi. La regola generale vuole che sia fatto un fondo iniziale e che questo vada alimentato con una palla di piccole dimensioni molto di frequente. Nella tecnica descritta, passatemi la definizione, si fa “il fondo”  numerose volte nella pescata. In canale l’approccio sarebbe sbagliato poichè il pesce non ama sentire “botti” sopra la testa mentre è in pastura ed è uno dei motivi per cui pasturare su più linee diverse rende meglio. 

In fiume le dinamiche sono diverse: il botto inziale potrebbe persino essere l’attrattiva per questi animali, un po’ come il rumore delle crocchette per il gatto, ma non è questo il punto. Pasturare ad intervalli lunghi ci permette di avere “picchi di presenza”  che sono elevatissimi e che vanno scemando man mano che la pastura finisce. Quello che conta quindi è che la quantita media di pesce che abbiamo sotto è molto elevata anche se non è continua e regolare come la classica passata impone nella sua logica di lavoro. E’ un adattamento della tecnica bolognese al pesce transalpino che con la sua voracità ed il suo comportamento da “colombo”  impone dei cambiamenti non di poco conto nel modo di fare le cose.

Questo modo di pescare si avvale di quantitativi importanti di sfarinato: esistono in commercio buoni prodotti ma avendone la possibilità ed il tempo usare della buona pastura autoprodotta abbatte i costi e regala quel poco in più di soddisfazione.

La taglia e la voracità dei pesci in determinati spot ci permette di usare pasture piuttosto cariche di nutrienti: io uso una ricetta che ho calibrato in anni di conoscenza di questi pesci nei miei spot, quindi è probabile che sia un po’ troppo specifica per altri posti, di seguito trovate la composizione.

Pane (colorato) 35%

Farina di halibut 30%

TTX di mais 15%

Canapa frantoiata 10%

Bird food 10%

La colorazione assume un verde intenso dovuto in particolar modo al pane che compro in questa colorazione inconsueta ed alla tonalità dell’ahalibut che da sul  nero.  Il pane colorato non è ovviamente vero pane ma come tutti i pani colorati (rosso giallo etc..) è una sorta di biscotto senza zucchero, non è lievitato ed è per questo molto più legante del pane comune. La sua macinatura in questa pastura è finissima come per tutti gli altri componenti: in questo modo si massimizza la sua coesione e quando si vogliono confezionare palle grandi e ben compresse  la disgregazione è molto graduale sul fondo. Se avessi usato una grana grossa avrei dovuto farlo con ingredienti molto più leganti, una farina sottile da più liberta in questa direzione ma da un punto di vista meccanico fornisce una via obligata che è quella di comprimere bene le palle per  avere uno sfaldamento molto progressivo e solo sul fondo. Canapa e bird food forniscono un giusto apporto di fibre ed al contempo una certa frazione di oli vegetali e di proteine. La farina di halibut sbilancia la miscela favore delle proteine e dei grassi per andare a compensare l’apporto di carboidrati del pane.

In buona sostanza si tratta di una pastura pesante e con un’aroma forte dovuto all’halibut: quando la taglia va selezionata uno dei sistemi e tagliare fuori la minutaglia e con una miscela del genere ci si riesce benissimo.

Una pastura di questo tipo inoltre si adatta particolarmente alla tecnica di pasturazione poichè non ha parti grandi e leggere che possono essere trasportate sul fondo per lunghi tratti: quando si disgrega sedimenta e viene consumata. La colorazione la scelgo in tonalità con il fondale erboso, per qualche motivo in questo posto, la breme non gradisce colori chiari in aperto contrasto con il fondale.

to be continued tra 15 gg.


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