Tecniche

Il Cine-Panettone delle vacanze

Di Marco de Biase pubblicato il 14/01/12

Parlare delle mie avventure di pesca è sempre difficile. Avrei un mare di esperienze da raccontare, col rischio di cadere sempre nel  classico racconto unilaterale, tra me e me, scrittore e scrittore. Manca spesso quell'empatia tra colui che racconta ed il visitatore di una pagina web, che cerca avidamente informazioni criptate in linguaggio informatichese, attraverso qualche pagina di Google frutto una artificiosa ricerca. Oggi, invece, siamo qui... o meglio, tento di farvi restare incollati al monitor con qualcosa che forse riguarda anche voi. Le vacanze di Natale sono concluse da dieci giorni. Capodanno è un lieto ricordo e la Befana ha colto nel sacco, con una scopa che volava a cento chilometri l'ora, spinta dal maestrale gelido dell'Adriatico di venerdì mattina. Le feste sono arrivate in un clima molto triste a causa della manovra “Salva Italia”, un vero apripista su una discesa economica che ferma la nostra nazione verso il baratro della recessione. Se poi ci aggiungiamo le solite cine-panettonate vacanziere, fatte dei soliti propositi, abbiamo un quadro completo di ciò che ci attende alla vigilia del 25

Ciliegina sulla torta… anzi, oserei dire escremento di piccione sul nostro abito... è tempo del pranzo di Natale e del 1° di gennaio, con i parenti soliti nel fare sempre le infauste domande:

-          Sei fidanzato? No. E quando ti fidanzi?

-          Stai lavorando? Si. E quanti €uri prendi al mese?

-          C’hai la fidanzata? No. E quando te la trovi?

Tre domande che equivalgono la morte psicologica di un individuo che ha in mente solo qualcosa che si muove nell’acqua, pronto ad aggredire la punta di quell’amo che è fermo nelle profondità, ricoperto dal verme dei desideri. Per quest’anno ho detto NO alla routine, mi sono imposto di fuggire dalla consuetudine festiva dello stare in casa ad ammuffire, per riscoprire me stesso e la pesca in questi periodi così difficili, che può ancora regalare emozioni. Tempo permettendo, ovviamente. Mi è andata quasi bene.

Una vigilia super-tecnica sul Gargano. Forse avrò già perso un 10/20% dei lettori con questa prefazione così ampia. Poco importa, chi contina partirà con me in un viaggio fatto di pesci disperati, alla conquista di un alimento nascosto dietro il tranello dell’amo del pescatore che non può fare a meno di pescare anche a Natale e Capodanno. Incomincia così la mia Vigilia di Natale, con una sveglia alle 6.30 del mattino ed un viaggio di lavoro assieme a Papà verso Manfredonia, dove mi aspettano Pasquale ed Emanuele, due membri del Pescanet Team. Nei giorni precedenti il meteo si è sbizzarrito con nevicate a bassissima quota, imbiancando la meravigliosa Peschici. 

Giunto dalle parti di Margherita di Savoia i miei occhi si illuminano per la strana atmosfera invernale delle Saline, tra le più grandi di Italia. Avverto quasi un rosa zuccherato che si stende lungo la terra, profumando l’alba di questa giornata da spendere in riva al mare. Dinanzi a me c’è lui, il Gargano ed il Monte Calvo, promontorio che amo sin da bambino. C’è anche la neve ad aspettarmi, che imbianca le vette più alte e rende ancor più caratteristico questo Natale. Man mano che ci si avvicina verso Siponto e Manfredonia, il sole incalza e sprigiona un tepore inaspettato in questa Vigilia così fredda, che sfiora il grado termico alle 7.30 del mattino. Mezz’ora più tardi sono lì in piazza per l’appuntamento di rito con Pasquale, presidente del Gruppo Pescatori di Manfredonia. Ci siamo fatti entrambi un regalo di Natale: due bolognesi di alta gamma, una sei metri ed una sette, pronte per essere “sverginate” in pesca (termine altamente tecnico…ehm…). Ci raggiunge Emanuele, che questa notte ha fatto tardi. Caffè, tre cornetti, un latte macchiato ed un succo. Entrato nel bar sono vittima di uno sfottò amichevole con il cameriere per via del mio cappello da Babbo Natale. Sono davvero ridicolo! Poco importa però. E’ nello spirito di quest’oggi essere allegri e festaioli, dimenticando le difficoltà economiche reali che attanagliano tutti, anche noi pescatori.

Mettiamo piede sul lungo la banchina e preferiamo ripararci dal freddo venticello di maestrale proveniente dal Gargano. Peschiamo tra le barche e l’unico pesce da combattere è il solito, classico, amatissimo cefalo. Sfodero la mia sette metri, mentre Pasquale esordisce con la 6. Anche Emanuele, protagonista delle foto, ha una sette. La montatura è molto standard per tutti e tre. Un galleggiante da 1,5/2 grammi montato sul filo in bobina dello 0,14. Poi segue una torpille da 1,5/2 grammi bloccata da un micro-aggancio e doppio terminale dello 0,10 per 40 e 50 centimetri. L’amo scelto in questo caso è un 120N della Gamakatsu (o similare) della misura 18, davvero microscopico e adatto all’innesco del pane e filetto di sarda. In giornate fredde, seppur ricche di sole, il cefalo dimostra il rallentamento delle proprie attività. Pescarlo è altrettanto difficile ed occorre posizionare l’esca in modo assolutamente immobile. Una spallinata rischia di risentire i colpi di corrente nel porto, perché i carichi del piombo sono distribuiti in spazi medio-lunghi. La torpille, invece, è più fluida nella presentazione dei pesi che avvengono solo in un unico punto della lenza. Poi c’è il discorso dei terminali. Per acque molto chiare e fredde si parte dai canonici 40/50 centimetri per bracciolo fino a giungere ai  70/80 centimetri (in molti saranno increduli…) in casi estremi, di pesci sospettosissimi che si avvicinano alla nostra esca e rifiutano l’invito all’amo. La pasturazione e la presentazione dell’esca completano il discorso del cefalo. Gli sfarinati per l’inverno dovranno rispettare un’alta percentuale di aglio tritato nel composto. A tal fine consiglio pasture molto bianche e di grana finissima, ricche di formaggio e aglio, appunto per garantire il lento scioglimento in acqua di elementi proteici che non sfamino il pesce. La mia esca preferita resta il pane, nelle sue numerose varianti come la treccia, il “quartino”, pan carrè e “pan bauletto” della Mulino Bianco o altre marche similari. Quest’ultimo sembra essere davvero il migliore perché ricco di alcool e assolutamente gommoso una volta imbevuto di acqua. Lo si spreme delicatamente, privandolo dei bordi marroncini, adagiandolo poi sul panno asciutto. Qui effettuiamo una seconda strizzata per eliminare l’ultima acqua in eccesso e lo si lascia riposare qualche minuto. I fiocchetti pronti all’uso garantiscono un’assoluta facilità di innesco tale da coprire interamente l’amo e nascondere l’insidia al nostro astuto cefalo.

Ad ogni cefalo una foto col cappello di Babbo Natale! Detto, fatto. Dopo aver regolato la profondità del galleggiante, sondando il fondo, Pasquale fa strike. Il primo cefalo (anzi… cefalino) capita al nostro Presidente, il Babbo Natale di Manfredonia. Foto di rito col cappello bianco e rosso in regalo con una lattina di birra Gordon. Silenzio e poi breccia. Arriva la seconda cattura,è il mio turno ed il cappello passa dalla folta chioma di Pasquale alla mia in stile Elvis Presley con occhiali alla Ray Charles, un programma tutto rock-soul. Il cefalo è medio-piccolo, sprigiona una forza che lo sposta in profondità. Si diverte a darmi botte e zuccate poi tira la corda e si lascia accomodare nel guardino con facilità. Pasquale mi scatta una foto col pesce in mano e stento a sorridere perché non sono molto soddisfatto della performance. Ed Emanuele? Il terzo incomodo? Parte anche lui all’attacco ormai specialista del cefalo grazie al nostro supporto. La canna si flette per un divertimento assicurato ed il cappello i Natale cambia attore. Un cefalino, poi doppietta per Pasquale e nuovo cefalotto per me. Pochi, non tanti. Non posso negare le difficoltà in pesca con pesci molto sospettosi ed infreddoliti, forse a causa della neve caduta il giorno prima. C’è anche pubblico partecipe alla nostra iniziativa natalizia tutta targata Pescanet. Il viso di Pasquale ed Emanuele ha quella felicità che provavo anche io da bambino, quando una cattura oltre i duecentro grammi significava quasi l’esser diventato un campione. Ora un pesce della stessa taglia lo reputo uno standard, sbagliando. 

Ferie marine di pesca alla spigola col cappotto. Ho trascorso il Natale con la mia famiglia perché risvegliandomi alle 7 del mattino il mio umore è stato letteralmente sbarrato da una tempesta di freddo e pioggia, impedendomi di uscire a trote. Sono caduto sul campo di battaglia da vittima delle solite domande, del classico polpettone con pomodoro e cipolla, classica pietanza che fa parte solo di uno dei centronovantaquattromila piatti serviti a tavola per il famigerato “pranzo del Venticinque”. Ingozzato come un maiale e vivo dei retroscena alimentari natalizi, mi sono spinto in Basilicata per una sessione di trota lago nel giorno di Santo Stefano. Anche qui la neve ha fatto compagnia, con il Monte Vulture imbiancato ed una temperatura di soli 3 gradi che ghiacciava il naso. Ecco a voi un bel po’ di trote congelate, in stile bastoncini Findus. Esse cadono vittima della tremarella col piombino e la giornata è salva, lontana dai bagordi familiari con bis e tris di tagliatelle alla bolognese e agnello alla cacciatora (si, lo so, non siamo a Pasqua…). La cronaca prosegue con i giorni successivi passati in ufficio assieme ai fantasmi dei miei colleghi tutti in ferie. Mi consolo con un po’ di forum e qualche acquisto online. Da Capodanno alla Befana tento senza risultati una pesca alla spigola che non ripaga, fatta solo di cappotti all’ultima moda salvati solo da un pesce multicolore. In compenso godo lo splendore dell’alba sull’ Adriatico, emozionante come sempre. Dimentichiamo questi dettagli. Ci tenevo a condividere con voi qualche cappottino per sentirmi più in compagnia!

Il saluto posticipato della Befana con orate solitarie. Ultimo giorno di ferie, ultimissimo sprazzo di vacanza. Domenica 8 Gennaio, porto degli Argonauti a Marina di Pisticci. Viaggio solo, il carissimo Leofishing sempre al mio seguito , come il cane di San Rocco, è influenzato, quindi resta a casa. L' itinerario con la fidata Skoda parte da Molfetta e si esaurisce lungo la ss106 Jonica. Sono catapultato dalla terra di Bari in territorio lucano mediante una superstrada di notevole impatto naturalistico. Si intravede durante il viaggio la città di Taranto, sempre all’opera con l’ ILVA e i suoi fumi malefici che annebbiano il paese prima dell’alba. C’è poi la piana di Metaponto e Ginosa Marina, il massiccio del Pollino in lontananza coperto di neve e le cime del Monte Sirino, anch’esse imbiancate. Poi la piana del Cavone ed il Basento, con le campagne di Marconia alla mia destra. Un insolito viaggio che va incontro al freddo, quello rigido imposto dalle perturbazioni che hanno appena spazzato l’ Italia con la Befana cattiva che, anziché portar carbone, diluiva neve e ghiaccio lungo i cieli nostrani.

Rifletto per qualche attimo... La Basilicata è davvero fantastica. E’ quasi una mia seconda terra natale. Qui sono “cresciuto” lungo le sponde del Basentello dopo gli anni universitari. Il piacere delle acque interne ha spinto la mia mente ad aprire gli orizzonti, scrutando la terra Potentina, con la trota lago alle terme di Rapolla, le alture Lavello ed i monti di Avigliano. Il Sinni ha scosso la mia coscienza alieutica con il Lago di Monte Cotugno, la prima diga in terra battuta d’Europa e lo splendore dell’incantevole Lago Pietra del Pertusillo. Ricordi legati ad emozioni che porto nel cuore, miste a soavi note d’amore che non dimenticherò mai. Viaggio e sogno ad occhi aperti. Ogni attimo alla guida è un innalzarmi spiritualmente alla pace che si vive nella Basilicata, una regione povera economicamente ma ricca di risorse come acqua e petrolio. Scorro la statale e nei pressi dello svincolo di Marina di Pisticci vedo i cari Nico e Marco, pronti ad attendermi sul ponte per andare a pesca. L’abbraccio di rito scalda i nostri cuori di pescatori incalliti, incuranti del freddo e di una squadriglia di agricoltori in difficoltà con l’auto. Al di là del cavalcavia ci aspetta Biagio, purosangue lagonegrese e nuovo utente conosciuto grazie al mondo di internet. La strada che conduce al porto degli Argonauti si stende lungo una folta pineta. La spiaggia è deserta, manca il belvedere femminile estivo con i costumi sgambati, la musica per i truzzi ed i mojito che il barman elargisce ai passanti.  C’è solo silenzio e otto (pazzi) pescatori. Tre praticano surf, cinque invece sperano in qualche cattura in canale. 

Parliamo della mia lenza. Inizialmente nasce come un progetto supertecnico per affrontare il gravoso giro di correnti che si è formato d'estate a Molfetta, città dove vivo. Negli ultimi due anni è esploso industriale che sta portando lustro al nuovo porto commerciale. I nuovi lavori per aumentare notevolmente la capacità al porto (entro il 2016 i politici affermano che sarà il terzo porto di Puglia dopo Bari e Taranto) hanno sfortunate alterato il gioco di correnti che vigeva in passato. Tutto è cambiato e per vedere un galleggiante con l'asta perpendicolare all'acqua occorre ingegnarsi. Tempo fa sperimentai con successo la tripla spallinata, una rivisitazione grezza (come rimarcato da alcuni - n.d.r.) della biconica che tanto si usa alle foci per contrastare le diverse correnti, sia di superficie che di profondità. Al porto degli Argonauti è come se pescassimo alla foce del Basento. In realtà è un canale che scorre parallelo alla foce del fiume, sempre ricco d'acqua, capace di ingoiare correnti esterne quando la marea è bassa e rigettare le proprie correnti verso l'esterno con l'alta marea. In questo complesso scenario alieutico tento la fortuna con questa famigerata tripla spallinata.  Per realizzarla dobbiamo innanzitutto pescare su fondali di almeno 4/4,5 metri, altrimenti rischiamo di realizzare distanze troppo chiuse tra i pallini. La prima sessione di piombo è costituita da una corona di 10 piombini in un metro di lenza (10 centimetri l'un l'altro) poi bulk di 5 pallini a 2cm ed ancora corona di 10 piombini sempre in un metro di lenza. Il terminale è preferibilmente corto, così il bigattino o il coreano possa avere una discreta mobilità e correre dinanzi alla restante montatura. E' complessa e richiede pazienza. Nel mio caso ho gestito la problematica dei pesi con un galleggiante da 3 grammi. Per piombarlo quasi totalmente univo 20 pallini dello stesso peso a 5 pallini più grandi per il bulk (lasciavo uno scarto per pescare col gamberetto vivo - visto il suo peso intrinseco) . Voi potete fare lo stesso. Lascio spazio all'immaginazione che però deve prendere per fissa la geometria della lenza. La portata del galleggiante ed i pallini necessari per tararlo possono cambiare.

Una volta in pesca noto subito l'efficacia del metodo correntista. I galleggianti altrui tendono a muoversi vorticosamente. Il mio, invece, subisce sì l'effetto della corrente ma la contrasta agevolmente tranne nei momenti in cui il canale diventa un fiume in piena a causa del vento. All'amo Casini serie 11B del n° 10 innesco un verme coreano a penzoloni, esca obbligatoria in foce che piace davvero tanto ai predatori. Il cappotto è finalmente scongiurato. Arriva la prima orata, che morde violentemente il vermetto e si lancia all'attacco. Inizialmente la scambio per una spigola. Poi la sua fisionomia quasi ellittica mi ricorda un'orata e confermo qualche istante più tardi, salpandola col guadino. E' piccina, forse 150 grammi, non di più. La libero delicatamente. Cerchiamo tutti di comprendere se è un pesce solitario o accompagna altre cugine a spasso nel canale. Dopo qualche minuto sono smentito con favore. Si tratta di una seconda orata, sempre per me ed una terza per Biagio. La cattura è emozionante perchè il pesce si pone in modo opposto alla corrente e si fa trascinare raddoppiando idealmente il proprio peso. Crediamo infatti che si tratti di un pesce da porzione vista la forza impressa durante il combattimento. Sbucano dalle profondità due simpatiche regine, sempre di piccola taglia che rendono comunque lieta una gionata iniziata con solo 1°C ... Il vento non da tregua, ci impone uno spostamento verso l'esterno del molo. Qui le catture tendono a rarefarsi, intervallate solo da qualche saraghetto molto modesto. Prima di chiudere l'armamentario, il caro Nicola batte tutti sul tempo. Trovo occasione per riprenderlo con una piccola ripresa video. Voglio fargli un regalo! Nico è un caro ragazzo lucano di Bernalda. Ha conosciuto Pescanet grazie agli articoli qui su Pescareonline e si è rivelato un attento internauta, aperto al web 2.0. Ci siamo presentati proprio a pesca, agli Argonauti, in un giorno terribilmente infuocato, con un vento da sud tendente ai 40°. Le circostanze sono opposte quest'oggi ma la passione per il mare ci lega indissolubilmente. A Nico ho insegnato a pescare le trote grazie ai nostri corsi di pesca gratuiti, ai quali parteciperà anche Gionata Paolicchi come ospite speciale. Ha perfezionato lo stile anche nella pesca in acque interne, dove peccava di poca velocità nelle catture. Poi è venuto il momento del cefalo con la canna fissa ed il doppio terminale fino ad arrivare all'orata che lo vede protagonista. Il nostro amico la gestisce con molta calma, senza esagerare. Ferra con decisione e gusta il recupero momento dopo momento. Poi accompagna il pesce nel guadino, con savoir-faire non indifferente. Infine, il momento più emozionante col rilascio della preda ed il saluto finale agli amici ritrovati grazie alla pesca.

Ho sognato un'altra volta. Ho rivissuto questi momenti con voi. Continueremo a vivere nei prossimi mesi qui... su Pescareonline... con nuove avventure.

Buone feste passate,
Marco

 


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