Itinerari Estero

In Sorgiva con Palù (racconto dell’incontro con una leggenda)

Di Stefano Lucacchini pubblicato il 24/07/13

Ed ecco verso noi venir per nave
Un vecchio bianco per antico pelo ,
gridando :"Guai a voi , anime prave !
Non ispirate mai veder lo cielo :
i' vengo per menarvi all'altra riva
nelle tenbre etterne ,in caldo e in gelo .
E tu che se' costì , anima viva ,
partiti da codesti che son morti ".
Ma poi che vide ch'io non mi partiva,
disse" Per altra via , per altri porti
verrai a piaggia , non qui , per passare :
più lieve legno convien che ti porti".
E ‘l duca lui :" Caron , non ti crucciare :
vuolsi cosi colà dove si puote
ciò che si vuole , e più non dimandare".

 

Così Dante, nel terzo canto dell’Inferno, descrive  Caronte, ed è l’immagine “fantasiosa” che ebbi  quando vidi Francesco Palù per la prima volta. Mi trovavo in Austria, e con l’amico Massimiliano stavamo recandoci in Sorgiva, una delle tante riserve gestite dalla famiglia Gargantini dell’Aktiv Hotel. Mentre stavamo percorrendo la strada che costeggia i 9 chilometri di questo piccolo corso d’acqua, nella nebbiolina del mattino, intravedemmo quest’uomo, fermo, immobile sulla sponda, con in mano una lunga canna. La
similitudine con il “traghettatore delle anime perse” fu immediata, la barba e i lunghi capelli bianchi,  la  sua canna da pesca la pertica che spinge il battello. Doverosamente ci fermammo e restammo a osservarlo.  I  movimenti ritmici, e l’ attrezzatura gli permettevano agevolmente, dall’alto della sponda,  di proiettare la sua mosca  nelle cristalline acque, una lunga passata e poi di nuovo un lancio, fin quando un pesce non veniva tratto in inganno dalla sua imitazione,  salpato di peso,  slamato e liberato per poi rendergli la dovuta libertà. Sapevo di essere di fronte ad una leggenda della Pam, non era per niente in contrasto con l’ambiente che lo circondava, ma sembrava farne parte, un vecchio salice dalle fronde argentate i cui rami si sospingevano fino all’acqua, vi entravano dentro fino a divenire un tutt’uno con essa , come se tutti gli elementi si fondessero in uno solo. Una descrizione un po’stravagante, ma era ciò che realmente provavo. Poi il mio volo pindarico d’improvviso fu interrotto dalla sua voce, “Ostia, tosati” , ci avvicinammo, ci presentammo e cominciammo a parlare con lui. Era interessante ciò che ci raccontava, ma la  voglia di pescare e le magiche bollate che vedevo con la coda dell’occhio mi distraevano dalle sue parole, non volevo essere scortese, ma poi bruscamente dissi: “Francesco, ne parliamo questa sera in albergo, i pesci sono in piena attività e non vorrei perdere questo momento” sapevo che avrebbe compreso il mio sano ed indomabile istinto di “cacciatore” .  Lo salutammo e ci dirigemmo circa un chilometro a valle, dopo pochi minuti la mia 7’6” è montata, il finale stirato ingrassato e con la mosca fissata al tippet, non resta che indossare i waders ed entrare in acqua. In questi ambienti ristretti, con acqua trasparente bisogna cercare di disturbare il meno possibile i pesci, la possibile fuga,  dal fondo lama, di una trota, un temolo od un salmerino, metterebbe in allarme  tutti gli altri pinnuti, rendendo vana  la nostra azione di pesca. La sorgiva è un ambiente veramente ricco, non bisogna risalire velocemente le sue acque, ma sondarle meticolosamente, cercando di utilizzare nei momenti di schiusa, ovviamente,  mosche d’imitazione, somiglianti a quelle che scorrono sul pelo dell’acqua, mentre in caccia,  inmitazioni d’insieme o grossi  terrestrial accidentalmente caduti dalla fitta vegetazione che la sovrasta.  Visto che la schiusa  è in atto e delle effimere scorrono sulla superficie dell’acqua decido di iniziare l’azione di pesca utilizzando una “Valtellina” , semplice ed efficace , praticamente una piuma di cul de canard  fissata a ¾ dell’amo, girata su quest’ulimo a spire relativamente strette, fino all’occhiello, tutte le fibre  raccolte in avanti per poi essere fissate verso  l’alto a formare l’ala, un montaggio semplicissimo, efficace ed estremamente galleggiante. Pescare in queste acque non è difficile, i pesci sono tanti e collaborativi, l’unica attenzione che dobbiamo tenere è durante l’azione di lancio, infatti in alcuni punti ci troveremo in un vero e proprio tunnel di vegetazione, ma facendo attenzione a non fare inutili lanci lunghi, non avremo problemi, e se poi eseguiremo dei sottovetta le probabilità di agganciare l’amo ad un albero saranno veramente remote ed anche se dovesse succedere, nella peggiore dell’ipotesi lasceremo il nostro contributo alla dea della sorgiva. Purtroppo la schiusa dura poco, e i magici cerchi come d’incanto si smorzano fino a sparire definitivamente,   regalandoci però diverse belle trote un temolo ed un grosso salmerino, ma questo non vuol dire che il gioco sia finito, basta cambiare approccio ed il divertimento continua. Opto per la pluri testata Attila Killer in filo di montaggio rosso, palmer in collo di gallo grey dun, ed ala in cul de canard naturale,  la faccio scorrere nei pressi della sponda, alcuni lanci ed una bella iridea mette a dura prova il tippet in fluorocarbon del 14. In questa tipologia di acque nonostante siano estremamente cristalline non conviene mai scendere al di sotto di un tippet dello 0,14, infatti la mole della maggior parte dei pesci presenti , dopo poche fughe, spezzerebbe con estrema facilità uno 0,12, anzi con mosche “generose” potrete tranquillamente salire ad uno 0,16, 0,18, cosa che vi permetterà di portare a guadino in poco tempo la possibile preda, evitandogli inutili stress ed accumuli di acido lattico all’interno del muscolo in modo da poter effettuare un corretto catch & release.  Risalendo di qualche centinaio di metri catturo altri pesci, poi diversi lanci a vuoto, tanto che per stimolarli decido di pescare in dropper legando uno spezzone di fluorocarbon di circa 15-20 cm sulla curvatura dell’amo ed una piccola ninfa o spider per sondare gli starti al di sotto della superficie. Con ami senza ardiglione è facile nell’azione di lancio perdere la seconda mosca, per evitare questo inconveniente sono solito inserire uno spezzone di qualche millimetro di tubicino siliconico, quello usato solitamente per fissare i galleggianti nella pesca generica. Quest’ultimo farà si che il nodo (Improved clinch Knot) non scivoli lungo l’amo, evitando l’inutile perdita di preziosi artificiali. La sommersa che mi ha regalato maggiori catture è uno spider montato su amo grub  14-18 con corpo in filo di rame ed una piuma di petto di pernice . Il filo di rame permetterà a quest’ultima  di non essere trascinata in superficie dall’imitazione galleggiante, ma di rimanere al di sotto di quest’ultima e approssimativamente alla profondità dello spezzone di filo fissato alla curvatura. Tanti “puristi” , gli irriducibili della secca, coloro che non considerano Pam la ninfa e tantomeno lo streamer, storcono il naso a sentir parlare di dropper. Ma siamo qua per divertirci, e se vogliamo essere veramente etici, e realistici, non è del tutto “sano” insidiare dei pesci per il solo scopo ludico,  per cui meno elucubrazioni mentali e più divertimento, cerchiamo di non erigerci in cattedra come portatori di verità. Ma ritorniamo alla sorgiva e alla nostra giornata di pesca, l’escamotage della sommersa è risultato vincente, ed in poche centinaia di metri sono riuscito a far salire innumerevoli pesci, anche sulla mosca galleggiante, infatti in alcuni casi la sommersa funziona come i teaser  nella pesca a  traina, stimolando i pesci a salire in superficie. E’ tempo di rientrare in albergo, è giovedì e ci aspetta il piatto clou di Erica, la moglie di Adriano, lo stinco al forno con patatine, e anche un ospite di riguardo al nostro tavolo, Francesco Palù. Dopo una lunga doccia calda rigenerante e un piccolo riposino, la campana della cena suona, scendiamo e prendiamo posto nella sala da pranzo. “Il vecchio caronte” e già seduto a capotavola
intento a raccontare ad Adriano Gargantini la sua giornata di pesca, le varie catture, i dettagli tecnici con cui è riuscito ad ingannare i pesci, alcuni a streamer, altri con la mosca spia, il paluana  a cui abbina una ninfa, altri con la grossa vespa, cìò che si percepisce e trapela  è l’entusiasmo che perdura dopo anni e anni di pesca. Al di la delle strane e bizzarre abitudini alimentari di Francesco, è un piacere stare ad ascoltare le sue storie, come ha ideato e commercializzato le sue teleregolabili, e sopratutto  l’esigenza che lo ha spinto ad ideare una tecnica verticalizzata volta alla pesca “a piede asciutto” senza ombra di dubbio meno invasiva e di maggior rispetto sia dei pesci che dell’habitat fluviale. Il suo abile ed innato spirito di commerciante non tarda a salire a galla, tanto che da li a poco ci dice: “ perché non comprate una mia canna” ovviamente con il sorriso sulle labbra a mo di battuta, chissà se scherzava realmente????????? Comunque la serata è stata istruttiva e divertente e si è conclusa con Francesco intento a girovagare tra i vari tavoli dell’Hotel chiedendo ai vari Pam: “conoscete le mie mosche?” le costruisco di notte, con la luna piena, ad occhi chiusi, vi faranno catturare molti pesci”. Vedere quest’uomo che, con la foga  di un bambino, pubblicizza le sue creazioni, che non si arrende di fronde agli acciacchi dell’età e della salute, che ancora ha voglia di provare l’emozione della cattura di un pesce, che blandisce la sua spada contro Atropo e le sue lucenti cesoie, vincendone ogni battaglia. Tutto questo mi fa riflettere sul fatto che lo spirito a volte riesce a contrastare il destino. Si siede nuovamente al nostro tavolo e prima di ritirarsi nella sua camera per dormire, ci chiede se l’indomani vogliamo pescare in sorgiva con lui, ovviamente lo ringraziamo, accettiamo e ci diamo appuntamento alle 7:30 per la colazione.  All’indomani puntualissimi  siamo pronti per andare a pescare. Francesco ci segue con la sua auto, percorsi circa tre chilometri lungo la sorgiva e raggiunto un tratto libero dalla vegetazione, ci fermiamo.  Abbiamo raggiunto la sua postazione, dove agevolmente può praticare la ormai testata tecnica “a piede asciutto” avvalendosi della turbo teleregolabile  polivalente  .     Si infila il gilet, apre la sua canna, stira il corto finale, lega al tippet una grossa mosca, che dopo poco  vediamo scorrere  sulla superficie dell’acqua. Noi avevamo appena indossato i waders e dovevamo ancora montare le nostre canne,  e mentre le stavamo estraendo dai tubi ci propone di usare le sue, per l’esattezza la  teleregolabile jet.  Accettammo la sua offerta e dopo aver accorciato il lungo finale usato per le nostre 7’6” ci dirigemmo un poco più a valle per iniziare l’azione di pesca. La lunghezza della canna va da 2,00m fino a 3,60 m in 5 misure, permettendoci agevolmente di pescare a ninfa, a secca e volendo anche a streamer. Nell’attesa della schiusa apro tutta la canna ed inizio a pescare con una piccola ninfa in tungsteno, sondando tra gli erbai ed i sottosponda, riuscendo ad ingannare alcuni temoli di medie dimensioni e qualche interessante salmerino. La canna ovviamente è più pesante di quella ad innesti, ma è ben bilanciata e assolutamente non stanca il braccio e usandola in tutta la sua lunghezza posso sondare tranquillamente la sponda antistante in hight stick. Percorsi circa una ventina di metri si cominciano a vedere le prime effimere scorrere sul pelo dell’acqua, non mi resta che sostituire la ninfa con una secca, accorciare la lunghezza della canna fino a circa 8’ e dedicarmi alla pesca in superficie. La mia AK 47 svolge egregiamente il suo lavoro “mietendo” innumerevoli vittime, ma non cadaveri, ed anzi montandola su ami tipo i tiemco 100 BL o similari , nella maggior parte dei casi togliendo tensione alla coda i pesci si slamano da soli, evitando così di doverli toccare con mano. Pescare in sorgiva è sempre divertente e rilassante, oltre ad avere la possibilità di catturare innumerevoli pesci, anche  di grossa taglia,  saremo avvolti completamente dal verde, dalla natura , dall’azzurro cristallino delle sue acque e se a tutto questo  ci aggiungiamo la possibilità di pescare con Francesco Palù , una leggenda della pesca a mosca, avremo un  piacevole ricordo che rimarrà impresso in maniera indelebile nella nostra mente

 

 

 


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