Tecniche

La prima volta

Di Nonno Ippei pubblicato il 30/06/10

La curiosità piscatoria ha colto il mio figlio maggiore da qualche mese.
Ha 5 anni e la promessa fattagli è stata che quando avrebbe avuto sei anni l’avrei portato a pesca con me.
La curiosità si è accesa sempre più con il passare del tempo ed il desiderio, sempre più stuzzicante, ha preso possesso della mente del bambino intasandone i sogni e la fantasia.
Da quest’inverno mi ronza intorno quando preparo le lenze e la domanda è sempre la stessa: papà, quando ho sei anni è vero che mi porti a pescare?
Sì Marco.
La svolta il 9 maggio. Mi alzo alle 5:00 per una gara. Scendo, mi lavo velocemente il viso e mentre accendo il gas sotto la caffettiera amorevolmente preparata la sera prima da mia moglie, il cucciolo mi si presenta in cucina mezzo assonnato stropicciandosi gli occhi.
Gli chiedo cosa facesse alzato a quell’ora, lo abbraccio e scoppia a piangere.
Voglio venire con te, mi sussurra singhiozzando. Gli spiego perché non è possibile e dopo qualche coccola tristemente torna a letto.  Le successive uscite le ha vissute con partecipazione diversa, al mio rientro mi tempestava di domande: quanti pesci hai preso, come erano grossi, hai usato il mais o i vermetti, chi ha vinto ……. eccetera.
La sera di martedi primo giugno, rincaso dal lavoro e mio figlio, sempre prodigo d’affetto al mio rientro mi è da subito parso particolarmente felice di accogliermi.
Con incontenibile entusiasmo mi ha subito reso partecipe del fatto che l’indomani, visto che sarebbe stato festivo, aveva ottenuto il permesso dalla mamma per finalmente andare a pescare con papà.
La sera stessa di sua iniziativa si è coricato in anticipo rispetto al solito orario, doveva essere pronto e ben riposato per la sua prima pescata.
La mattina dell’evento ci si reca con comodo al laghetto dietro casa, un ottima “palestra” dove potersi divertire, fortunatamente smentendo il buon Giuliacci il cielo è terso, è una mattinata ideale per fare attività all’aria aperta.
Degli avanzi di mais nero conservati in frigo dalla mia gara della domenica e fagioli borlotti avanzati la sera prima sono state le nostre esche. Pasturazione a pellet.
Faccio sedere Marco sul mio panchetto, posiziono all’altezza giusta la spray-bar e gli do in mano una punta della mia roubaisienne. Filo del 18 diretto e la più classica delle montature da “rattopesca” a completare il quadro tecnico.
Il laghetto è pieno su tutte le sponde, ci sono due gare. Noi ci posizioniamo in un angolino, unico punto disponibile.
Si parte. Una manciata di pellet e Marco goffamente “esce” con i 5 pezzi della overkill. Il tappo ci mette poco ad affondare, il filo si tende e l’elastico esce.
Il piccolo alza le mani e gli spiego nuovamente che deve tirare indietro la canna anziché sollevarla, capisce la filosofia abbastanza in fretta. A scanottare ci penso io, ma dopo una mezz’oretta di catture a buon ritmo, mantenendo la stessa lenza gli sostituisco la punta con una di una canna ben più “robusta” equipaggiata con elastico molto più generoso. Il nuovo attrezzo è più pesante, ma sono più tranquillo.
A guadinare e slamare ci pensa sempre papà.
Marco ci mette poco a catturare anche le simpatie dei vicini di pesca, sono intenti nella loro gara, ma lo seguono con attenzione e prenotano virtualmente il suo pescato per la pesa finale.
Marco è completamente coinvolto nelle dinamiche della pesca, varia le esche, chiede di innescare due fagioli, poi addirittura tre convinto di poter prendere pesci sempre più grossi. 
Passate due ore, il neo pescatore ha già condotto con rara maestria a guadino 31 carpe, due carpe slamate di buona taglia che sono state più brave di lui ed hanno vinto loro, ma vabbè ….. Il culmine si raggiunge come nelle migliori favole alla fine, quando gli dico che sono le 11 e dobbiamo smontare per tornare a casa.
Gli concedo l’ultima. Come detto, manco a farlo apposta aggancia “il mostro”.
L’ultima cattura ha richiesto l’aiuto di papà sia per reggere la canna sia soprattutto per contrastare con un briciolo d’esperienza le furiose fughe verso il largo. Appena agganciata, io ero distratto, stavo iniziando a mettere via le prime cose e sento che Marco si lamenta: “ho preso, è dura !”, dice.
Repentinamente, d’istinto afferro la canna assieme a lui, le manine sono strettissime e subito mi rendo conto di cosa sta accadendo. Dall’altra parte del filo un macigno si muove lentamente sul fondo agganciato al nostro amo. Le braccine del bambino sono tutte un nervo, il corpicino si era addirittura curvato in avanti sotto lo sforzo quasi ad abbracciare la canna. Dopo parecchi  interminabili minuti di lotta pura e l’aiuto del papà, lo sfinito Marco può finalmente ammirare il meritato premio di tanti mesi d’attesa. Una panciutissima carpona a specchi di stimati cinque kg con le sue enormi scaglie che sotto il sole brillano come oro. L’unica cosa che riesce a dire dall’emozione è rivolta al pescatore li vicino: è grande come mio fratello !
Esausto, fra i complimenti dei vicini sta li fisso in piedi, mentre io smonto, a rimirarsi quel laghetto che per un paio d’ore è riuscito a regalargli tante emozioni, sta li come un vecchio marinaio che mira l’orizzonte al tramonto riassaporandosi memorie di chissà quali avventure di un lontano passato.
La tanto attesa pescata si è conclusa, il mio cucciolo si dirige verso la macchina ubriaco di felicità e non vede l’ora di poter raccontare tutto a mamma (che a metà mattinata è riuscita a venire a trovarci per pochi minuti, il tempo per un paio di foto).   
Alla prossima.
Nonno Ippei.


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