Racconti

L'AMICO SILENZIOSO

Di Jury Ianni pubblicato il 12/02/12

L’AMICO SILENZIOSO

Mar­tedì 19 luglio 2011, il mio Fiat Qubo carico all’inverosimile sfrec­cia veloce sulla super­strada Ascoli-mare, dire­zione Arquata del Tronto…
Gli alle­gri com­menti della pic­cola Giu­lia met­tono di buo­nu­more anche mia moglie che nono­stante sia stufa dei soliti posti di mon­ta­gna dove la porto da 24 anni, ha accet­tato “obtorto collo” di seguirmi (ancora) su per il fiume; per mia figlia, invece, è la prima volta.
“Spe­riamo non piova”, esorto con un sospiro guar­dando nuvole minac­ciose die­tro la Mon­ta­gna dei Fiori… e subito la piccola:”Papà, e se piove?… andiamo lo stesso in mon­ta­gna a vedere le trote sul fiume? Dai andiamo lo stesso per favore papà… andiamo al “pon­ti­cello” come lo chiami tu… me ne hai par­lato tante volte che muoio dalla voglia di vederlo, l’acqua chiara che scorre impe­tuosa, le libel­lule azzurre, le far­falle gialle, il verde dei boschi… voglio fare un bel dise­gno con i miei colori”.
E poi ancora ”Papà è un tuo amico il fiume?”
Penso tra me e me che…
” Il Fiume è, mio padre! Mi ha svez­zato e cre­sciuto, inse­gnan­domi tutto quello che cono­sco e che non cono­sco.”
“Il Fiume è mio amico… mi ha dato con­forto e con­si­glio senza mai chie­dermi niente in cam­bio, mi ha donato sere­nità , alle­gria, gioia di rive­derlo… sem­pre.”
“Il Fiume è… la mia amante, cuore che pal­pita di emo­zioni inde­scri­vi­bili, pia­cere ed estasi, pro­fumi ine­brianti, intensi amplessi.”
“Il Fiume è… mio figlio, coc­co­lato e difeso da un pic­colo uomo che ha un tempo, padre di un figlio senza tempo”.
Non le rispondo a parole ma il mio sor­riso la ras­se­rena.
Arri­viamo a Pescara del Tronto alle 10 e, men­tre par­cheg­gio il fur­gone, noto già i segni del pas­sag­gio di mezzi pesanti al fianco del ponte.
Scendo in fretta, più in fretta del solito, e rimango impie­trito!
Gli occhi di Giu­lia erano con­cen­trati sul mostro di ferro che faceva scem­pio dell’argine natu­rale del fiume per poi ricom­pat­tarlo in una ordi­nata gra­di­nata da sta­dio…
“Messa in sicu­rezza delle acque”, il ter­mine tec­nico uti­liz­zato dall’addetto al con­trollo, che inter­pello men­tre passa in auto.
Suona più come un requiem per quel tratto di Tronto che per lungo tempo scor­rerà in una bara di pie­tre e terra rea­liz­zata dall’uomo; non posso nean­che defi­nire “ine­vi­ta­bile siste­ma­zione dell’argine” i lavori ese­guiti, ma “bieca spe­cu­la­zione eco­no­mica a danno della natura” .
Un solo un ter­mine mi appare chiaro: ASSASSINIO!
I miei ricordi legati a quel posto, un tempo mera­vi­glioso, erano ancora più vividi dinanzi al disa­stro.
Rive­devo nella mia mente il lento ince­dere di Gio­vanni Cinti “lu fun­ta­nare”, che non è più tra noi, ucciso dal can­cro, lo stesso male che stiamo tra­sfe­rendo al Tronto in meta­stasi inar­re­sta­bili… mi guar­dava sem­pre con gli occhi da uomo buono e in ogni suo sor­riso scor­gevo le parole: “ti voglio bene, ragazzo”.
Avevo tre­dici anni… ero il futuro anche per lui.
Lo zio Nevio, mae­stro di pesca e di vita, mi con­si­gliava su tutto; per­sino cam­mi­nare nel modo giu­sto in mon­ta­gna era impor­tante, per non stan­carsi e arri­vare sul posto in silen­zio e non spa­ven­tare le magni­fi­che fario di un tempo.
Erano pesci mera­vi­gliosi, pieni di pun­tini rossi e con la pan­cia can­dida, mae­stosi nel nuoto, sor­retti da ampie pinne gialle.
Vere Regine del Fiume.
“Trota vista, trota presa” diceva lo zio, e poi ancora “trote a fra­sche” (sug­ge­ren­domi di schiz­zarle let­te­ral­mente fuori dalle acque cri­stal­line con la “sua” Lerc di 4 mt per evi­tare si “sla­mas­sero”).
Lui a pesca non va più da tanto tempo ormai, da quando il Tronto ini­ziò a tra­spor­tare veleni di ogni genere e il dolore per la per­dita del fiume, l’amico caro della sua gio­ventù, diventò insop­por­ta­bile.?
Quante gior­nate pas­sate a pesca in loro com­pa­gnia insieme anche a Clau­dio D’Urbano e a Mau­ri­zio “Perez” Gualà; risate e diver­ti­mento che non tor­ne­ranno mai più ci legano indis­so­lu­bil­mente al Tronto, una sorta di gemel­lag­gio tra noi pesca­tori san­to­me­resi e il fiume abruzzese-marchigiano che ci ha inse­gnato che, tenere una canna in mano, è molto di più che cat­tu­rare un pesce… è ami­ci­zia, è sim­biosi con la natura e le sue mera­vi­glie, è gioia, è sod­di­sfa­zione.
In una parola è la feli­cità.
Il tuffo che Gio­vanni e Clau­dio fecero nelle gelide acque di un feb­braio di 27 anni fa mi fa ancora sor­ri­dere, se non altro per la pre­cisa pre­vi­sione che zio Nevio fece prima che acca­desse; qual­che bic­chiere più del dovuto, dopo l’abbondante cola­zione, aveva fatto per­dere l’equilibrio ad entrambi che, mano nella mano per aiu­tarsi a vicenda, gua­da­vano un pro­fondo cor­ren­tone; vole­vano pescare in una posta­zione migliore. Essa non fu mai rag­giunta!
Si dibat­te­vano sotto i nostri occhi nelle acque fredde tra spruzzi e impre­ca­zioni. Quando rag­giun­sero, fra­dici, la riva, scop­piammo tutti in una fra­go­rosa risata.
Diver­ti­mento, risate e bat­tute hanno con­trad­di­stinto i nostri giorni pas­sati a pesca e ine­vi­ta­bil­mente que­sto sport ha segnato la vita di tanti di noi.
Anto­nio Gualà “lu bar­vir”, padre di Mau­ri­zio, “caseal­tese doc”, fu uno dei pio­nieri della pesca spor­tiva a Sant’Omero; ricordo le discus­sioni serali in merito a lenze ed esche che face­vamo nella sua “bot­tega” men­tre, siga­retta senza fil­tro tra le lab­bra, radeva il cliente di turno.
Dotato di un’ironia non comune, “Ntunì” era mae­stro indi­scusso nella pesca di carpe, tin­che e anguille. Il Sali­nello il fiume che amava di più e che affron­tava spesso con la tec­nica “a fondo” ed esche sem­pre “segre­tis­sime”, tanto da non rive­larle nem­meno a suo figlio!
Anche Len­tino Di Ubaldo, “mastro” fale­gname dei Colli di Sant’Omero, mi por­tava a pesca con lui; insieme al com­pianto amico “Mimì” Scoppa anda­vamo per lo più a barbi e cave­dani nel Sali­nello o in Tor­dino; “Mimì” ogni tanto mi diceva: ” Il motore perde olio…” , rife­ren­dosi al suo povero cuore malan­dato che di lì a poco lo tradì per sem­pre.
Anche lui era un caro amico.
L’amicizia, que­sto sen­ti­mento così impor­tante, è ampli­fi­cato “ogni male­detta dome­nica” (para­fra­sando un famoso film) che pas­siamo insieme con canna e lenza…
Tor­nato alla realtà del momento, que­sti pen­sieri sva­ni­rono, il rumore delle ruspe mi destò dal pia­ce­vole tor­pore dei ricordi.
Mia figlia mi guar­dava e non capiva; il tor­rente ora era diverso da come glielo avevo descritto nei miei rac­conti. Quel para­diso non esi­steva più. Chinò il capo e una lacrima solcò il suo dolce viso di bam­bina.
“Per­ché hanno fatto que­sto papà?” disse sin­ghioz­zando…
Io non seppi spie­gar­glielo!
Un nodo alla gola mi strin­geva forte ma, vinta la tri­stezza, presi per mano Giu­lia scen­dendo lungo il sen­tiero.
Le descri­vevo il luogo come era prima, i ricordi che susci­tava e, alla fine della strada, quando il fiume tornò ad essere tale, alla prima calata della lenza, fer­rai una colo­ra­tis­sima e vivace tro­tella che libe­rai subito dall’amo prima di rila­sciarla in acqua, un po’ spa­ven­tata dall’abbraccio della mia mano.
Giu­lia mi guardò e annuendo sor­rise.
“Sei ancora vivo (pen­sai… ) amico mio, nono­stante quello che ti hanno fatto e nono­stante quello che ti stanno facendo”.
L’essere umano sem­bra pro­prio non impa­rare mai dai pro­pri errori.
Dimmi che tor­ne­rai quello di sem­pre; l’acqua, fonte di vita, riprende sem­pre ciò che è suo.
Dimmi che tor­ne­rai a far inna­mo­rare di te un ragazzo e, soste­nen­dolo per mano, lo aiu­te­rai a farlo diven­tare un UOMO, come fai da secoli, come fai da sem­pre.
Come hai fatto con me.
Ti voglio bene AMICO mio!

Jury Ianni - www.lenzaclubnereto.it


FacebookTwitterGoogle+Invia per email

Collabora


Ti potrebbero interessare anche: