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Le Nasse da Pesca

Di redazione pubblicato il 18/10/21

La nassa da pesca è certamente uno degli strumenti più antichi impiegati dall’uomo per pescare pesce. Il principio è quello di posizionare la nassa in acqua, invitare il pesce ad entrarvi (con l’ausilio di esche profumate) ed attendere che lo stesso si renda conto di essere rimasto intrappolato. Esistono fondamentalmente due tipi di nasse: le nasse da pesca (con funzione di porta pesci, soprattutto nel carpfishing) e le nasse da cattura. Entrambe le tipologie possono avere forma di cilindro o rettangolare. Le nasse odierne hanno struttura e maglie realizzate con materiali nuovi come metalli leggeri, nylon o plastica, anticamente, come tradizione voleva,  era invece il vimini a costituire il materiale di base per la costruzione delle nasse da cattura.

 Focalizzando l’attenzione sulle nasse da cattura, da quanto già detto la pesca con nassa ha origini antiche ma è decisamente ancora praticata ed apprezzata da molti pescatori, non soltanto professionali, anche sportivi. La pesca con le nasse è, in altre parole, una sorta di trappola letale:  la forma ad imbuto della base permette agli ignari pesci di entrare nella nassa, ma non di uscirne. Per indurre i pesci ad accedere all’interno della nassa vengono depositate in essa, come sopra accennato, esche dal profumo penetrante ed decisamente invitante.

 A differenza della pesca con le reti fisse, la pesca con le nasse prevede sempre la presenza dell’esca,  che attira la specie ittica che si desidera catturare. Anche la forma e le dimensioni cambiano a seconda del “pescato” che si predilige: per catturare Gamberi e grandi crostacei come le Aragoste crostacei andrà impiegata una nassa più grande con forma rettangolare,  con ingressi differenti dalla nassa tradizionale e calata a grande profondità (fino a 300 metri, utile in questo caso l’ausilio di un ecoscandaglio). Discorso diverso per i cefalopodi, per i quali è consigliabile invece utilizzare una nassa a “barile” più piccola e con ingressi più “difficili”.

 La tecnica di pesca con nassa a livello di tempistica contempla il calare della stessa in acqua nell’ora del tramonto per poi recuperarla alle prime luci dell’alba. Alle nasse viene applicata una zavorra tarata al peso idoneo per raggiungere la profondità che il pescatore desidera scandagliare per insidiare una determinata tipologia di pesci. A segnalare la presenza della nassa al pescatore provvedono boette o bandieruole.

 Ovviamente la nassa non trova il suo utilizzo soltanto in acqua salata, non così diffuso ma non per questo neanche così sporadico è l’utilizzo delle nasse anche in acqua dolce, con lo scopo di insidiare per lo più anguille e capitoni ma anche Ciprinidi come Cavedani e Barbi (fortunatamente la sinergia tra leggi ad hoc controlli serrati da parte dei forestali sta scongiurando il perpetrare bracconesco dell’utilizzo della nassa per catturare il super protetto Gambero Italico di fiume). In definitiva, nel parlare di nasse da pesca,  stiamo parlando, più che di una tecnica, di una vera e propria tradizione di pesca, che affonda (è proprio il caso di dirlo) le sue radici nell’antichità, in territori che vivono di storia del mare come la Sicilia, per giungere fino ai nostri giorni alterata soltanto nei materiali di costruzione, ma non nello “spirito” e nella forma.


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