Tecniche

Ledgering, di tutto, di più

Di Sabino Civita pubblicato il 20/04/10

Ho sempre reputato la pesca nei canali artficiali, piccoli, lenti e a basso fondale, come una delle più tecniche e difficili in assoluto, che si peschi a ledgering o in qualunque altro modo. È per questo che mi piace, naturalmente, e soprattutto nella stagione primaverile, quando questi corsi d’acqua sembrano esplodere di vita ittica, non mi faccio certo mancare di frequentarli il più possibile, grazie anche alla fortuna di averne uno praticamente sotto casa: il Naviglio Pavese.


La preparazione della sessione di pesca, quando vado in Naviglio o posti simili, è un po’ più accorta, o se non altro più meditata, e anche se è da diverso tempo che lo frequento, il Naviglio Pavese è per me una specie di “atto masochistico”, ovvero come cercare di complicarsi la vita per prendere pochi pesci difficili quando invece potrei andare altrove e fare una “mattanza”, ma è anche lo spot che mi permette di usare attrezzature molto leggere, canne da 10’ molto paraboliche, ami del 20, feeder leggerissimi. Divertentissimo, anche con scardole da qualche etto.
Pescare in Naviglio in questa stagione può essere bellissimo, a dispetto della provinciale trafficata che lo costeggia da Pavia sino a Milano. Il sole tiepido, ancora niente zanzare, le cime degli alberi e l’erba di un verde così brillante da sembrare smalto, il pesce in attività, tutto concorre a dipingere un rilassante pomeriggio di pesca.


Nella mi mente ho già impostato la sessione preparando un chilo circa di piccole pellets da 3 millimetri da sfiondare, accanto all’immancabile mezzo chilo di bigattini. Niente pastura o mais, lascio alle larve e alle pellets il compito di attrarre i pesci sul mio amo del 18 a filo fine, il quale sarà innescato con bigattini, vivi o “finti”, i Berkley Gulp Alive gialli, il cui liquido di conservazione ha un potere attirante che ha del miracoloso.  Con le pellets di piccolo diametro metterò col “muso per terra” i pesci, e lo stesso compito avranno i bigattini, che escano dal feeder o che vengano sfiondati, mentre il Gulp serviranno ad evitare che pesci di disturbo mi rovinino anzitempo l’esca, oltre che ad avere una scia attrattiva “liquida” che porti i pesci proprio sul mio amo.
Una ABU Süveran  10 piedi, con un ABU Söron SXT 40, caricato di trecciato da 0,08 sarà la mia attrezzatura, e una scelta di feeder leggeri, tutti swimfeeder da bigattini, completerà il tutto.
Ma le cose non vanno mai esattamente come ce le immaginiamo. Il pomeriggio non è certo primaverile, il cielo comincia a scurirsi. Per ora non minaccia pioggia, ma si verà, e poi non intendo farmi scoraggiare da quattro gocce d’acqua, per giunta eventuali.


Arrivato allo spot, un’altra piccola delusione. Acqua sporca, non scura ma che trascina in superficie un sacco di erba, sedimenti, ramoscelli. Colpa del vento, che comincia a farsi sentire. Dovrò rinunciare a pescare a canna bassa, col vettino che sfiora la superficie dell’acqua, per evitare che troppo filo intercetti i detriti in superficie. Ma questo metterà il mio cimino in balia delle raffiche, che però sono per ora limitate. Se continua così, potrebbe ancora andar bene.
Ma non continua così. Il vento aumenta, i detriti e l’erba in superficie pure, come sempre il pesce, quando c’è vento forte e si pasca in acque basse, è nervoso, e fatico a vedere le mangiate. Una piccola scardola, un’alborella (sì, ne esistono ancora…), un’altra scardoletta, io non lascio il pasturatore per più di cinque-sei minuti in acqua, accompagnandolo con qualche fiondatina di bigattini e di pellets. Poi si scatena l’inferno.
La pioggia non è forte, ma il vento sì, raffiche che sollevano nuvole di polvere e rischiano di rovesciare la canna dal rest, fortunatamente ho, per caso dimenticato in macchina, un giubbotto imbottito, perché fa davvero freddo. Aspetto paziente che le cose si calmino, e così avviene. Certo, c’è vento, ogni tanto un debole scroscio d’acqua, ma le cose si calmano. Il tempo passa e fra poco devo rientrare. Per riuscire a prendere qualche pesce degno c’è da decidere se cambiare tutto o fidarsi. Io mi fido, la mia strategia non è sbagliata, è che l’uragano Katrina ha deciso di visitare il Naviglio, e in quel casino pescare è poco divertente e complicato.
Il quietarsi del vento mi permette lanci più precisi e costanti, le pellets e i cagnotti vengono fiondati nel posto giusto, ora, certo c’è ancora qualche raffica solitaria, ma la si sente arrivare. Con tutta la pastura che è finita in acqua mi aspetto due generi di pesci.: carpe o cavedani. Spero nei secondi, perché l’attrezzatura che uso è veramente light e le carpe qui sono quasi tutte grosse, non ne ho mai presa una sotto i cinque.


Vedo micromangiatine, da pesce piccolo, fortuna che non ho legato un 20, perché con un amo piccolo rischierei di trovarmi microalborelle e altri pesciolini attaccati all’amo ad ogni lancio. Devo continuamente cambiare l’esca, martoriata dalla minutaglia.
Ad un tratto una mangiata secca, una fucilata rapidissima e mentre ferro con altrettanta rapidità penso: cavedano. Infatti è lui.
Ho ancora una mezz’oretta, il recupero del pesce ha creato una certa confusione, probabilmente in acque così basse significa non vedere una mangiata per un po’. Tre, quattro, cinque lanci, la minutaglia si fa ancora più intraprendente maciullandomi i bigattini sull’amo, così sostituisco le larve “vere” con i maggots Gulp Alive, e al primo tentativo, strike. Un altro cavedano, più bello del primo. Ricomincia a cadere un po’ di pioggia, ma non importa, posso ritenermi soddisfatto, un paio d’ore di pesca in cui è successo, meteorologicamente parlando, di tutto e di più, passando dal sole caldo alla bora, col cielo che ormai è grigio ferro, ma i mie due sospettosissimi cavedani del Naviglio li ho presi. È ora di smontare.


FacebookTwitterGoogle+Invia per email

Collabora


Ti potrebbero interessare anche: