Itinerari Italia

Liscio come l'Oglio

Di Massimo Zelli pubblicato il 26/04/13

Scorrevano con una certa prescia i kilometri tornando da Milano. Il tratteggio della linea, sull’asfalto nero, veniva inghiottito dal cofano con l’ingordigia di chi da del tu alla strada.   Erano le sei di sabato mattina, ma c’era qualcosa che mi rendeva nervoso, era come se stessi facendo qualcosa che non coincideva con i miei desideri, eppure, tornavo semplicemente a casa. Quel vedere il l’alba in autostrada, ecco cosa non mi tornava. Una nuvola m’aveva coperto il sole, dentro, mentre fuori splendeva. Non so spiegare, se fossi più nervoso per aver scoperto il motivo banale del mio essere nervoso oppure, proprio per aver capito che quello spillo piantato sulla schiena non era altro che il non poter pescare al sabato mattina.

 Tra il lampo della chiarezza e il mettere le mani sul telefono c’è passato un attimo...

 - Sandro dove sei ?_

- A Palazzolo sull’Oglio e tu? _

- Sto arrivando_

 - Come stai arrivando?!?!?!?!?_

 - Tu-tu-tu-tu-tu-tu....._

Dunque Palazzolo è al prossimo svincolo. Chiamo a casa e avverto che... mi sono dovuto trattenere ulteriormente. Si lo sò, abbiate solo la pietà di risparmiarmi i commenti e poi, chi non lo ha fatto almeno una volta?

La vecchia volpe di fiume, dallo sguardo ocra dietro i Ray-ban d’annata appare rapita dalla bellezza di una acqua che scorre senza increspature. Il paradosso del pescatore è proprio questo, nemmeno il più grande catturatore può evitare d’essere catturato dalla bellezza dell’acqua. E’ forse proprio il fascino che esercita l’acqua su quelli della sua razza che li porta a tornare sul fiume sempre più spesso, molto più che l’atto di pescare in se.

Ho visto questa volpe restare per molti minuti come ipnotizzata a fissare l’ineluttabile scorrere del fiume. Mi sembra di vedere me stesso, con qualche anno di più sulla gobba, qualche capello in meno e lo spirito granitico ed intatto che mi spinge oggi sul fiume, sempre e comunque. C’è una certa similitudine tra noi, cosa non avrei fatto per passare due ore in compagnia di un amico e di una passione?

Sandro scarica una gran botta sull’esile lenza, una sciabolata che spedisce a 20 metri una lenza da 0,75 grammi, è la prima volta che vedo pescare in questo modo. C’è una corrente che a farla piccola va affrontata almeno con 2 grammi, è difficile immagginarla presa di petto in quel modo e per di più pescando diversi metri fuori dalla canna. Eppure succede. Io mi siedo a guardare, peccato non avere una birra e delle patatine, per gustarsi quest’anteprima.

 La tecnica

La canna è una sei metri, una sette metri non sarebbe funzionale a questo tipo di tecnica, ci sarebbe da spremerla troppo per fiondare letteralmente una lenza di tale leggerezza a quella distanza. La sei metri ad onor del vero non è la mia canna preferita per la pesca su linee di passata lontane ma c’è un modo per superare il limite imposto da quel metro mancante.

La canna va tenuta completamente in verticale durante la passata, così facendo si riesce a porre la cima più in alto possibile e questo riproduce anche se in maniera più blanda un controllo molto preciso che sarebbe ottenibile con una 7 metri.

La tecnica prevede comunque che la lenza scorra pressochè libera, questo però non deve far supporre che usare una sei sia facile, la lenza infatti ha un equilibrio molto sottile e difficile da mantenere: il filo deve essere sempre perfettamente fuori dall’acqua.

Se sia più efficacie di altri modi di pescare non posso dirlo, di certo usare bene una lenza del giusto peso è molto meno stressante per chi pesca rispetto alla tecnica che descrivo. E’ tuttavia proprio l’abilità che occorre a pescare in questo modo il vero spettacolo ed è questa la sfida che a Sandro  piace vincere. La lenza pesa 0,75 grammi ed è composta da 3 pallini dell’11, tre palllini del 10, tre del 9 ed x pallini numero 8 fino a taratura completa. L’antenna del galleggiante deve essere semisommersa. Il finale è lungo 30 cm e porta  a metà un pallino dell’11. La spallinata è lunga in totale 50 cm. Bisogna sondare dando 5 cm di fondo in più, oppure nulla, ma questo va deciso sul momento ed anche funzione del modo di tenere la lenza.

Il nostro amico manda in corrente l’armatura tenendola in punta di dita mentre, chi ha la tendenza ad un controllo più deciso, dovrà aggiustare l’eccesso di fondo dando più acqua. Questo modo di pescare ha delle caratteristiche peculiari che vanno conosciute: la mangiata ad esempio non è quasi mai incerta. Sia il pigo, che anche il cavedano, come pure il barbo, quando mangiano esche trasportate velocemente dalla corrente non hanno il tempo di soppesare ed assaggiare il boccone: o decidono di mangiare oppure lasciano passare.

Questo deve farci riflettere su un paio di cose. La presentazione deve essere perfetta  altrimenti, se con altre tecniche la maggiore staticità può aiutare ad agganciare qualche pesce, in questo caso specifico un esca che non sia più che credibile verrà sistematicamente ignorata. Non si avrà nemmeno la possibilità di sbagliare qualche mangiata e magari aggiustare il tiro. Il pesce non sprecherà energie ad inseguire una cosa che non lo convinca al 200%. La seconda considerazione da fare riguarda il diametro del filo: più noi saremo in grado di assicurare una presentazione credibile attraverso la disposizione dei piombi ed il controllo di lenza, più saremo in grado di avvalerci della velocità corrente per mascherare l’insidia e quindi usare finali più grossi.

Sul pigo o sul cavedano non ha molta importanza salire sopra al dieci ma, se vogliamo avere qualche chance sui barbi, forse è il caso di fare qualche tentavo con del 12 almeno.

 


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