Tecniche

Nel dubbio , ferra!

Di Articolo e fotografie di Marco Altamura pubblicato il 07/04/19

Come accade tutti gli anni , verso la fine di marzo prima del periodo di interdizione alla pesca al lucioperca che cade il giorno uno aprile , non posso privarmi del piacere di fare qualche uscita a jigging con obiettivo il potente predone tigrato ; la fine del 2018 ed i primi tre mesi del 2019 sono stati caratterizzati da una perdurante siccità che ha messo in ginocchio tutto l’ecosistema lago . Non ha fatto eccezione il mio amato lago Maggiore che , dopo la piena dell’inizio novembre 2018 , ha visto i propri livelli idrici abbassarsi sempre più fino a quasi raggiungere i due metri sotto lo zero idrometrico . In compenso , le più che gradevoli ed insolite temperature del mese di marzo , hanno anticipato il risveglio primaverile di alcune specie predatorie , prima tra tutte quelle dei famelici lucioperca che si sono messi sul piede di guerra spostandosi nei sotto riva lacustri in cerca di un giusto areale per l’imminente periodo di fregola . Incoraggiato dai caldi raggi di un sole precoce , ho programmato un paio di uscite negli ultimi giorni di marzo per tentare la cattura di qualche bel percide venuto dall’Est ; ho scelto come spot un’ampia insenatura riparata dagli ancora frizzanti venti periodici dove le caratteristiche primarie sono la profondità costante di circa 5 metri e la presenza sul fondale di diverse strutture come legnaie  , plinti di ancoraggio per pontili e pali d’attracco in legno . Ogni anno torno in questo spot che non mi ha mai tradito e spero che anche questa volta mantenga fede alla sua buona fama . La giornata prescelta per la mia prima uscita a jigging non la si può certo considerare , almeno dal punto di vista meteorologico , ideale visto che segue un mese di tempo stabile con sole brillante e grande luminosità ; questi pesci espletano le loro finestre di attività in condizioni di scarsa luce o addirittura nelle sessioni notturne , così conviene tentare la fortuna operando in porzioni di lago in ombra oppure nei momenti del cambio di luce come l’aurora o il crepuscolo . Giungo sul luogo prescelto verso le ore quindici di un pomeriggio assolato ed in presenza di una leggera ma costante brezza che non facilita certo la percezione delle tocche già di per se subdole del lucioperca . Decido di utilizzare uno shad da quattro pollici di colore giallo flou che annodo al terminale in fluorocarbon di spessore 0,30 mm ; la canna utilizzata è una classica due sezioni da mt 2,40 con potenza di lancio effettiva di gr 15/40 ed azione MH ( medium-heavy ) . Il mulinello è un taglia 4000 caricato con dell’ottima treccia di spessore 0,15 mm e il terminale di circa un metro e mezzo è un fluoro da 0,30 mm connesso tramite un nodo doppio Albright ben eseguito . Inizio a sondare la porzione d’acqua antistante la zona di attracco dei battelli di linea ormai in disuso da qualche anno , ma la convinzione è scarsa in ragione del fatto che la zona risulta ancora illuminata da un forte sole ; non ci sono le condizioni necessarie per effettuare catture ma il lucioperca mi sorprende sempre per la sua imprevedibilità e così cerco di rimanere concentrato nella mia azione di pesca . Lancio la mia insidia una ventina di metri oltre i pali in legno , faccio affondare e di seguito inizio a richiamare l’artificiale verso di me facendogli compiere un movimento a piccoli balzelli sul fondo cercando di percepire sul polso tutte le asperità che incontra . Riesco a “ leggere “ perfettamente la conformazione del fondale e pongo molta attenzione alle fasi di ricaduta del mio shad : il predone quasi sempre attacca il malcapitato quando questo si trova a collassare verso il fondo ed è fondamentale mantenere un costante contatto con l’insidia anche nelle fasi di rilascio . I primi tentativi risultano infruttuosi e così insisto nelle zone che negli anni mi hanno regalato le catture più significative ; decido di sostituire lo shad giallo con uno analogo ma di colore verde e prima di riprendere a pescare mi concedo una pausa a base di arachidi e birra . Nel frattempo finalmente il sole si è eclissato dietro la montagna ed ora lo spot risulta essere in completa ombra ; finalmente posso dedicarmi a questa bellissima disciplina con concrete possibilità di successo . Durante uno dei tanti richiami dell’artificiale percepisco un anomalo appesantimento e prontamente ferro : anche se non mi ritrovo il pesce in canna , ho la netta sensazione che quello appena percepito è un attacco subdolo di un lucioperca che , anche se di grosse dimensioni , è solito attaccare l’esca con circospezione ed estrema delicatezza . Ora sono certo che li sotto , da qualche parte,  lui c’è ! Recupero , rinnovo il nodo all’artificiale e riprendo a sondare il fondo quanto mai concentrato . Pongo la massima attenzione quando giungo nei pressi del presunto attacco e al recupero successivo percepisco nuovamente quella sorta di appesantimento già sentito prima ; questa volta ferro con potenza e la prima sensazione è quella di aver incocciato in un ostacolo del fondo . Per alcuni attimi interminabili rimango con la canna piegata ma ben presto percepisco qualcosa di vivo all’altro capo del filo . Potenti testate ed una fuga rabbiosa mi tolgono ogni dubbio : ho in canna un grosso pesce che tenta disperatamente di liberarsi dall’inganno . Mi trovo su una terrazza rialzata di tre metri rispetto il livello dell’acqua e a sinistra e a destra ho i pali di attracco in legno che potrebbero costituire un serio pericolo al buon esito della cattura ; mi posiziono al centro cercando di mantenere la stessa distanza dai pali che però il grosso pesce cerca con ostinazione . Nelle fasi di stanca riesco a recuperare un po’ di filo che subito dopo riperdo per le fughe rabbiose del pesce . Non riesco a staccarlo dal fondo e , nonostante la grande esperienza di aver catturato molti grossi pesci , capisco che questo è di un’altra categoria . Continua a guadagnare filo come un maledetto e l’incubo dei pali si rinnova ad ogni fuga ; chiudo un po’ la frizione del mulinello ed esercito pressione con le mani sulla bobina dosando così la fuoriuscita del trecciato . Sono passati circa quindici minuti e non so ancora con che cosa ho a che fare . Decido di forzare un po’ il recupero fino a che , a circa quindici metri da me , il pesce guadagna la superficie : si tratta di un grosso esemplare di lucioperca che tiene saldamente tra i denti il mio povero shad siliconico . Sono riuscito a minare la sua resistenza ed ora cerco di portarlo vicino alla riva , ben sapendo che la parte più complicata deve ancora venire . Devo trovare il modo di guadagnare una posizione allo stesso livello dell’acqua e così con la mano sinistra tengo la canna alta e con il resto del corpo cerco di scavalcare l’inferriata dalla terrazza per calarmi giù . Il pesce sembra esausto e ne profitto per oltrepassare gli ostacoli che mi dividono dall’agognata riva . Con un ultimo sforzo il perca tenta di imbastire ancora una fuga verso il largo ma la frizione sapientemente regolata lo asseconda evitando problemi che a questo punto del combattimento sarebbero insopportabili . Finalmente raggiungo la battigia , porto il pesce riverso su un fianco a portata di mano e con una salda e sicura presa opercolare metto la parola fine al combattimento . Con fatica risalgo al livello della strada ed improvvisamente mi accorgo di quanta gente abbia assistito a tutte le fasi della battaglia . Mi prodigo a dare la mia fotocamera digitale ad un signore tra i tanti e lo esorto a scattarmi velocemente alcune foto a testimonianza dell’eccezionale cattura . Velocizzo questa fase e , di seguito , peso il pesce con la bilancia elettronica : il valore si ferma a dieci chilogrammi e venti grammi . E’ il mio record per il lucioperca ! Afferro il pesce con la mano destra per la coda e con la sinistra sotto la testa , ridiscendo verso l’acqua ed inizio una lunga fase di ossigenazione del pesce con movimenti avanti e indietro che permettono all’acqua di fluire attraverso le branchie fino a quando il pesce , di sua spontanea volontà , abbandona la mia delicata presa per guadagnare di nuovo le profondità del suo lago . Sono felice come solo queste circostanze sanno regalarmi e ringrazio il gentile signore per avermi scattato le preziose fotografie . Decido che ora posso a ragione smettere di pescare e , tornando all’auto e riponendo l’attrezzatura nel porta bagagli mi continuano a risuonare in testa le parole del mio maestro Roberto che in tempi lontani mi disse : “ Se non sei sicuro, nel dubbio ferra!“


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