Tecniche

Orate su spiaggia bassa

Di Michele Nardi pubblicato il 30/04/11

Per molti pescatori l’orata di taglia rappresenta la massima espressione della pesca estiva dalla spiaggia e se ciò avviene su arenili a basso digrado, dove le orate si mantengono sempre ben distanti dalla riva, ciò raffigura indubbiamente anche il massimo della sportività.

 

La pesca sportiva è uno degli sport che maggiormente pongono l’individuo al centro della natura. La disciplina del surf casting, o più genericamente quella della pesca dalla spiaggia, enfatizza tutto questo e vorrebbe essere sempre associata a degli scenari selvaggi, proprio come spesso avviene nei nostri sogni. Tutto questo conferisce una grossa dose di fascino facendoci capire anche il motivo del costante aumento di appassionati che approfittando della pesca riescono almeno per un pò a staccare la spina dai mille problemi quotidiani. Molte volte nelle spiagge più lontane dai centri abitati dove non si sente nessun rumore se non quelli della natura ci sentiamo come parte di un altro mondo, un mondo migliore se vogliamo. Questa dimensione il surfcaster più in gamba riesce a crearsela ovunque ci siano il mare ed i pesci, anche nel più urbanizzato dei paesaggi. Nella stragrande maggioranza dei casi il pescatore da spiaggia è un viaggiatore sempre in cerca d’avventura: va bene la spiaggia sotto casa (per chi ha la fortuna di avercela) e va bene quella a duecento o più chilometri di distanza, l’importante è vivere sempre un’altra bell’avventura, e se l’avventura trascorsa non è stata poi delle migliori va bene lo stesso! Quante volte stando seduti ad aspettare (forse) quell’unica abboccata e guardando intorno alla nostra postazione abbiamo pensato che se fossimo riusciti a raggiungere quell’ultimo frangente o quella porzione di mare più scura l’orata avrebbe fatto la sua apparizione? Le spiagge a basso digrado sono certo le più difficili, le più tecniche, ma sono anche le più comuni nella nostra penisola e poi quando il caldo comincia a farsi sentire il passaggio delle orate prima o poi avviene di sicuro, tocca a noi scoprire dove, quando ed a quale distanza. Si deve scoprire anche se siamo in grado di far arrivare l’esca in zona di transito, e magari di farlo sportivamente, senza l’ausilio di canotti o altri mezzi atti a trasportare le esche lontano: il vero surfista usa ed abusa esclusivamente del lancio per posizionare le proprie insidie.

Esche infallibili

La prima cosa da fare per tentare questa nobile cattura è quella di procurarci le esche da orata che siano del tipo adatto ad essere lanciato lontano. Per far sì che la scelta ricada su quelle migliori bisognerebbe sapere cosa sono solite mangiare le orate del posto e cercare quelle esche che lo sparide trova in natura, ma state certi che nessuna orata affamata rifiuterà mai un esca di quelle ormai divenute mitiche. Infatti, c’è da affermare che il mito del bibi resta sempre intramontabile, anche se negli ultimi anni un nuovo concorrente gli ha fatto perdere un po’ del suo fascino, si tratta del verme di Rimini: un incredibile anellide che può superare il metro di lunghezza e che a guardarlo bene sembra appena uscito da un laboratorio di genetica illegale! Se il bibi è un esca classica non solo per l’orata, ma anche per il sarago, la spigola, l’ombrina e la grossa mormora, il verme di Rimini è ancor più un esca generica anche se la sua consistenza lo indirizza verso pesci con un certo apparato boccale. Ottimo nelle zone a fondale misto dove non è da sottovalutare anche l’uso del murice e dell’oloturia se vogliamo fare una pesca proprio specifica. Inoltre, va da se che un cannolicchio vivo o un bel verme americano, specialmente se innescato intero, su molte spiagge è spesso gradito dalle orate più grosse. Per tutte queste esche ci vuole un amo adatto che si possa conficcare bene nel durissimo palato dell’orata: fine, robusto e con forma rotondeggiante tipo beak (si scrive proprio così, non come riportato su gran parte delle riviste di pesca). Programmando la battuta di pesca dovremo tassativamente includere il picco d’alta marea al suo interno ed essere perfettamente operativi già diverse ore prima del tramonto o dell’alba a seconda dei casi.

Montiamo la postazione

Il modo migliore per scegliere la spiaggia dove andare a pescare è sicuramente quello di conoscere in anticipo l’evolversi della situazione meteo e di procurarci notizie sui possibili scenari che incontreremo una volta giunti sui luoghi di pesca. Per questo inseguiremo i bollettini meteo e le notizie dell’ultim’ora per sapere dove le orate hanno fatto qualche apparizione. Inoltre, cercheremo di saperne di più frequentando i migliori negozi di pesca, dove qualche dritta giusta si riesce sempre a sentirla. Giunti in spiaggia non dobbiamo montare velocemente la postazione in un punto qualsiasi ma dovremo fermarci, guardarci bene intorno e fare il punto della situazione. Con un ottimo occhiale polarizzante cercheremo di leggere la spiaggia sommersa, individuando le possibili zone di transito dello sparide, cercando buche e canaloni dove il pesce di passaggio probabilmente si fermerà a cercare cibo. Una volta scelto il posto, se intorno a noi non ci sono zone di sabbia pulita da dove poter lanciare col piombo a terra, bisogna farsele da soli e perciò e bene arrivare sempre con largo anticipo. È doveroso precisare che è sempre pericoloso per i nostri occhi starsene in spiaggia senza occhiali, invero, anche quando non ce ne accorgiamo una grande quantità di raggi dannosi ci investono e pian piano causano danni irreversibili alla vista, quindi è meglio spendere qualche soldo subito per un buon occhiale polarizzante, che si renderà utile in tante occasioni.

Raggiungere i nostri avversari

Sulle spiagge dove nei primi venti o trenta metri la profondità dell’acqua si conta in centimetri, il novanta per cento delle volte si dovrà intercettare l’orata sulla lunga distanza e per ottenere questo esistono due scuole di pensiero. La prima, di origine inglese, prevede l’uso del lancio pendolare, dove tassativamente servono canne in due pezzi abbinate al mulinello a bobina rotante. La seconda prevede l’uso del mulinello a bobina fissa (taglia grande con bobina enorme) abbinato ad una canna in grado di fare grandi distanze, che può essere in due pezzi (simile alle capostipiti inglesi) oppure in tre pezzi, l’essenziale è che sia veramente prestante. Naturalmente ognuna delle due scuole è valida. Ad onor del vero però dobbiamo affermare che al giorno d’oggi utilizzando un ottima canna abbinata ad un ottimo mulinello a bobina fissa ripieno fino all’orlo con filo di diametro intorno al venti si riesce ad arrivare o addirittura a superare la distanza raggiunta dal nostro amico “con il rotante”, che magari s’è dovuto allenare per una vita. Tuttavia sosteniamo che anche per imparare a lanciare bene con il “fisso” ci vuole tanto allenamento anche se il tutto è più semplice e senza quei fiumi di parrucche: questione di gusti. Per quanto riguarda le montature non c’è molta scelta: sulla lunga distanza all’orata si pesca con il piombo fisso ed il long arm in fluorocarbon lungo anche oltre due metri. Una buona idea da tenere presente quando le prede sono proprio sul limite operativo dei nostri lanci è quella di predisporre un bait clip col filo idrosolubile, utile per guadagnare ancora qualche metro. Una volta sistemata la canna in pesca è opportuno adottare un segnalatore d’abboccata molto leggero del tipo ad ascensore che oltretutto servirà per dare un po’ di bando alla lenza, molto utile, se non indispensabile, per ingannare le orate più grosse.

L’abboccata

Dopo la prima tocca che solitamente è abbastanza lieve il pescatore dovrà lasciare ingoiare il boccone all’orata attendendo alcuni secondi prima d’iniziare un lento recupero, dato che il pesce, specie se di grosse dimensioni, sfrutterà la sua forma ovale mettendosi di traverso e cercando di non lasciare il fondo. Un recupero forzato ha come risultato solo il rischio di perdere la preda. Quando si ferra un’orata di peso superiore al chilo è sempre un evento molto emozionante: sembra di aver agganciato il fondo, poi dopo le prime forti testate si dovrà lavorare il pesce mantenendo la canna alta, stancandolo quando è ancora distante dalla riva in modo che una volta arrivato nei pressi del gradino di risacca si presenti completamente privo di forze. Di seguito abbasseremo la canna e trascineremo la preda all’asciutto, ma con molta calma e con la massima attenzione, sempre pronti (in mancanza del raffio) a far entrare in azione le nostre mani e nei casi più disperati anche i nostri piedi! Se poi in fondo alla lenza al posto dell’orata troviamo un bel fragolino di oltre sette etti, come quello della foto (scattata all’Elba sulla spiaggia di Lacona durante l’ultima "gita surfistica"), non crediamo che valga di meno: voi cosa ne pensate?

 

 

 


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