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IL PARCO DEL BRENTA - parte 1 di 2

Di Riccardo Dominici Foto di Ornello Dominici pubblicato il 11/09/08

Vacanze al parco del Brenta

Tutto inizia dopo aver letto un articolo su una rivista del settore che descriveva questo bellissima cava, che si trova a Fontaniva in Provincia di Padova. Mio padre si è letto e riletto l’articolo, e dopo due settimane mi passa l’articolo apostrofandomi in questo modo: “ Leggi bene l’articolo, se la cosa ti interessa potremmo passarci una settimana nella prima metà del mese di luglio, così potremmo portare anche la mamma, perché è un luogo sicuro, ci sono i servizi igienici, le docce e tutto il necessario per trascorrervi una settimana pescando in tranquillità e relax. Sempre che tu sia interessato datti da fare, telefona, prenota, comunque fai tutto il necessario.”

L’indomani sera, durante la cena comunico a mio padre che la cosa mi interessa, l’idea è allettante; una settimana continua a pescare carpe! Prendiamo in mano la rivista dove c’è la piantina della cava, con indicate le postazioni e le varie profondità. Tutte le postazioni presentano motivi di interesse, per svariati motivi ci sono 22 postazioni ben distanziate una dall’altra, su alcune si può con due pod su altre in due si sta un po’ stretti. È gioco forza scartare le postazioni che permettono la pesca ad un solo pescatore, e così prendiamo in considerazione solo le postazioni doppie, fatto questo ci diamo delle priorità : dal momento che ci dovremo passare una settimana vogliamo una postazione comoda e non disturbata dal passaggio di autovetture, fa niente se ci dovremmo portare tutta l’attrezzatura a spalla per alcune centinaia di metri, un posto ombreggiato per la maggior parte della giornata dal momento in cui il sole di luglio non è sicuramente un “pallido sole” primaverile. Le postazioni che sulla carta hanno queste due qualità fondamentali sono la 15, la 16 e la 17.

Quella che maggiormente ci alletta è la 15, pescosa ma non da infarto ma che potenzialmente può regalare gradite sorprese.

L’indomani pomeriggio chiamo il proprietario della cava per chiedere maggiori informazioni e per prenotare. Ma vi è un piccolo contrattempo. Mi informa che in quel momento sta avvenendo un passaggio di proprietà e mi da il numero del nuovo proprietario.

Il giorno dopo richiamo e parlo con Antonio, il nuovo proprietario, il quale chiarisce tutti i miei dubbi, dal regolamento alle esche ed alle postazioni migliori; gli chiedo se la postazione numero 15, che a quanto scrive rivista risulta la più occupata, e libera per la settimana che và dal 6 al 12 luglio compresi. Colpo di fortuna, è stranamente libera. Mi affretto a prenotarla.

Sono al settimo cielo; ho prenotato la postazione che volevo. Chiamo subito mio padre sul posto di lavoro, gli dico che è tutto a posto e che ho prenotato. Lui si esalta subito per la gioia e mi chiede di riferirgli quali sono le boiles che vanno per la maggiore e quale tipo di pasturazione è da preferirsi. Gli rispondo; ne parliamo stasera!

La sera stessa decidiamo che le boiles ce le facciamo da soli, e che non avremmo usato il mais per pasturare, nonostante la presenza di molti Amur. La scelta di non usare il mais è dettata dall’esigenza di fare una pesca di qualità (nella taglia) e non di quantità.

La settimana prima della partenza è dedicata al controllo dell’ attrezzatura, canne, mulinelli, tende, sedie, lettini, lampade ecc. sono accuratamente controllati, e la sera, il dopo cena è dedicato alla fabbricazione delle boiles. Si lavora ininterrottamente dalle 20.00 alle 2.00 del mattino senza avere un minuto di sosta. In tre serate riusciamo a produrre 18 kg di boiles estruse a mano e cotte a vapore suddivise in tre gusti: frutta, pesce e spezie. Decidiamo di portare con noi anche 6 Kg. di boiles che mi aveva regalato il mio direttore Gionata l’anno precedente e che avevo fatto mettere sotto vuoto con una macchina professionale.

Il tempo stringe e la data della partenza si avvicina velocemente. Sabato 5 luglio pomeriggio cominciamo a caricare la macchina, le canne ed i pod e altro materiale lo carichiamo sul contenitore posto sopra il tetto della macchina, e alle 22,00 tutti a nanna: la sveglia è puntata alle 05,00. Finiamo di caricare la macchina che è stipata oltremisura (vi ricordo che siamo in tre con mia madre e che le esigenze delle donne sono diverse di quelle di noi uomini), siamo tutti euforici e alle 5 e 30 del mattino partiamo con destinazione Parco del Brenta.

Il tempo stimato per arrivarci è di circa 3 ore, 180 chilometri ad una media di sessanta chilometri orari tenendo conto che non tutto il viaggio sarà fatto in autostrada, che dobbiamo fare la tangenziale di Mestre e che dobbiamo fermarci a Marcon per comprare due sacche porta boiles. Il viaggio è estenuante e sonnolento, l’autostrada nonostante siano le sei del mattino è stipata di camion, mio padre prudentemente non supera i 90 Km/h, visto il carico della macchina, ci stiamo portiamo dietro anche 2 biciclette dal momento in cui, la postazione da noi scelta dista a quasi un chilometro e mezzo dai servizi e dalle docce, poi la bici servirà per andare a comprare il pane e quant’altro ci dovesse servire, tutto fila intoppi sino a Marcon, spegniamo la macchina, compriamo il giornale, le sacche per le boiles, e sorpresa: quando saliamo in macchina per ripartire, questa non ne vuol sapere di accendersi: è saltata la batteria. Mio padre stranamente non impreca, rientra in negozio e chiede se per caso c’è un meccanico nei paraggi e se c’è dove ha l’officina, ottenuta l’informazione scarichiamo le bici ed andiamo a cercarlo, per fortuna abita a non più di mezzo chilometro da dove siamo fermi.. Questi gentilmente accorre prontamente in nostro aiuto, ci rimette la macchina in moto e ci raccomanda di non spegnere la macchina sino a quando non saremo giunti a destinazione, dopo di che, dovremmo provvedere alla sostituzione della stessa.

Si riparte, sperando in cuor nostro di aver esaurito la sfiga, verso le 11 e mezza, con ben tre ore di ritardo sulla tabella di marcia, finalmente oltrepassiamo il cancello di entrata alla cava, ci fermiamo alla catena, parcheggiamo lasciando la macchina in moto, ci presentiamo e facciamo conoscenza con il proprietario Antonio e suo padre Giorgio, raccontiamo la nostra disavventura meccanica. Giorgio ci dice di non farci problemi avrebbe provveduto lui all’indomani a sostituirci la batteria della macchina. Ammiro la bellezza della cava e mi soffermo a guardare l’acqua limpida e cristallina, tutto intorno alle sponde ci sono alberi e canneti, all’esterno del recinto i campi sono coltivati a mais, gli orti sono ordinati e curati. si vede la gente pescare e dei ragazzi del posto si stanno divertendo come matti a tirare fuori delle carpotte dal laghetto, che funge da allevamento, attiguo alla cava principale.

Vi è solo un piccolo problema. Dopo il nostro arrivo il cielo si sta annuvolando ed una vasta e scura nuvola sulle nostre teste non promette niente di buono.

Ci affrettiamo verso la nostra postazione, scarichiamo la macchina ed in tutta fretta montiamo le tende e tiriamo un telo in modo che ci protegga dall’imminente acquazzone, incomincia a piovere dapprima lentamente, poi il vento diventa sempre più forte ed ad un certo punto mio padre si trova a fare da palo di sostegno del telo, è fradicio da capo a piedi, la situazione è veramente comica, arriva anche Giorgio, preoccupato dal fatto che non ci fossimo ancora sistemati. Vista la situazione ci dà una mano anche lui, si appende all’altro capo del telo per impedire che il vento ce lo porti via, mentre io butto rutto nelle tende perché non si bagni. Il tutto dura per una ventina di minuti.. Il forte vento dove eravamo noi non ha fatto danni ma alle postazioni 16, 17 e 18, ha sradicato alcuni alberi e vi posso garantire che erano alberi alti oltre dieci metri e che alla base avevano un diametro di oltre cinquanta centimetri. Giorgio ci saluta, e bagnato da capo a piedi, è visibilmente preoccupato da quello che può essere successo sulle altre poste, non sappiamo come ringraziarlo e lui ci sorprende ancora una volta, “non preoccupatevi della cena, vi porti io stasera la pizza e se non vi disturba mi fermo a cena con voi”. Siamo senza parole, è raro incontrare una persona disponibile, gentile, educata e discreta come Giorgio.

Risistemiamo il campo, fissiamo le tende, e mettiamo ad asciugare quanto bagnato. Mentre mio padre comincia a montare i pod e le canne io faccio del plumbing, davanti a me a circa settanta metri c’è una bella buca profonda ed estesa, che mi pare molto intessente, il terreno è duro e non ci sono ostacoli se non nel sottoriva.

Parlo con mio padre e gli comunico quale sarebbe la mia strategia, alla luce di quanto scoperto con il plumbing. Lui condivide le mie decisioni, di pescare con nailon in bobina e di non usare il tracciato, piombi a perdere, anche se non ci sono ostacoli e sul posizionamento delle canne; tre nel sotto riva di destra a scalare, e tre centrali nella buca che abbiamo di fronte. Cominciamo a pasturare con le boiles, lancio in acqua circa 4 - 5 kg di boiles. Quello che voglio fare è creare due aree grandi come due campi da basket ben pasturate su cui lanciare le mie esce. E così faccio.

Enrico, mi ha consigliano di lanciare le esche nel sottoriva, a non più di 20 cm dal canneto, e quando si dice 20 centimetri si tratta di 20 centimetri e non di 25 o 30 centimetri. Cosi ci lancio sotto subito 3 canne ma le altre 3 decido di lanciarle centralmente nella buca che ho individuato precedentemente. Ho pasturato abbondantemente, sotto riva con boiles alla frutta, al largo con le boiles al pesce. La pioggia sembra aver fermato tutta l’attività del pesce però dopo poche dopo poche ore le carpe tornano a farsi sentire.

Pescando al largo senza mais le abboccate non dovrebbero essere numerose ma in compenso le dimensioni delle carpe che potenzialmente potrebbero arrivare a guadino dovrebbero essere di taglia interessante, almeno questo in teoria, vedremo.

Viene ora di cena, ed arriva Giorgio con le pizze, mentre ceniamo ci racconta dei danni procurati dal fortunale, ci dice che un albero cadendo ha sfiorato una tenda, non ci sono danni né alle persone né alle cose. Spero che la sfiga per oggi e per tutta la settimana si sia sfogata e che ci lasci in pace per il resto della vacanza. Faccio una briscola con mia madre, gli vinco i canonici cinque euro e poi vado a letto.

La notte passa via tranquilla, l’indomani ci svegliamo alle cinque, un cielo terso ed un sole spendente ci accoglie, siamo contenti, rinnoviamo le esche e mentre stiamo rinfrescando la pastura si sveglia anche mia madre la quale premurosamente ci prepara la colazione ed il caffè.

Alle 10 e mezza mentre sono intento nella lettura del giornale un segnalatore cominci a urlare all’impazzata, scatto verso la canna, ferro ed allamo la prima carpa. Tira come una matta non ne vuol sapere di staccarsi dal fondo, penso che superi e di molto i dieci chili, ha una bella forza, dopo pochi minuti di combattimento e sotto riva ed inizia a farsi vedere, non dovrebbe superare i 10 chili, nonostante la taglia fa delle ripartente che smentiscono il detto che le carpe di cava tirano poco.

Il mio primo pesce preso in questo cava, sono al settimo cielo è una bellissima regina, con riflessi d’oro e pinne e coda arancio, che ferma l’ago della bilancia ai 9 chili netti.

Controllo il terminale cambio l’esca e rilancio immediatamente, con il cobra ci lancio sopra una decina di boiles.

Questa cattura mi ha esaltato, mi ha divertito ma allo stesso tempo mi ha fatto esplodere un qualcosa dentro, rendendomi nervoso, è una sensazione già provata è come un nodo allo stomaco che si scioglierà solo con altre catture.

Questa prima cattura mi rende contento perché è stata effettuata con le esche fatte da noi, la giornata fila via tranquilla con altre due catture tra cui un Amur caduta su una boile al pesce e tutte le catture sono state effettuate al largo, mentre le canne posizionate nel sottoriva sono stranamente mute, sino a quando ad un quarto alle ventidue abbiamo una partenza sul sottoriva, è una regina non molto impegnativa pesa 8 chili, ma ci rende felici perché anche le boiles alla frutta funzionano.

Tutte e tre le carpe catturate avevano una cosa in comune, non portavano segni di altre catture solo l’Amur era stato sicuramente catturato di recente. La prima o meglio la seconda giornata era al suo epilogo, e si potevano trarre le prime conclusioni, le carpe catturate sono sane e combattive, la taglia è interessante e le nostre boiles funzionano e dulcis in fundo il posto è bellissimo. Cosa chiedere di più, se non di superare il mio record? Se la dea bendata non mi abbandona sono certo che anche questo succederà!. 


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