Racconti

Pasqua di Resurrezione

Di Marco de Biase pubblicato il 15/11/10

 

Chiudi gli occhi, Marco. Sono con te.

La sento. Anche se lontani, la mia musa è qui, accanto a me. E' la sua presenza che mi regala la forza per scrivere e raccontare, ancora una volta, delle nostre avventure di pesca. La avverto ferocemente, è dentro di me. Posso lasciar andare le dita, sono un coro all'unisono con i pensieri che si accavallano nella mia mente, mentre decido di intraprendere il cammino dei ricordi che, istante dopo istante, mi porterà a quella domenica di aprile, passata in compagnia e totale spensieratezza al Lago Locone, presso l'agro di Montemilone, in terra Lucana.

E' tempo di Aprile, il mese del risveglio. La natura mostra i suoi primi frutti, dopo un inverno che ha congelato i sentimenti, che ha messo da parte l'amore e l'amicizia, privandomi della forza per continuare. E' il tempo dei pensieri, della sofferenza, del dolore. Sentimenti ed emozioni negative mitigate dalla passione per la musica e la pesca, attività delle quali in molti simpaticamente mi definiscono “maestro”. E' arrivato il momento della riscoperta di me stesso, della genuinità del mio spirito, dell'animo sportivo che è in me. E' giunta Pasqua, con la risurrezione del Cristo, con la rinascita del tempo, dei profumi. Con la rinascita di me come uomo...

I prati sono ormai verdeggianti, gli insetti amoreggiano nell'aria, trasmettendo quella fiducia di rinnovamento che tutti attendevamo dopo mesi di gelo. Le giornate sono più lunghe, il sole riscalda la nostra pelle, l'aria si tinge di colori ed essenze fuori da ogni logica del letargo. E' arrivata la primavera, la tanto attesa stagione delle carpe, del ledgering, delle pasture al pastoncino e dei barattoli di mais comprati a basso prezzo dal supermercato a due passi da casa. Una serie di consuetudini che, anno dopo anno, sono sistematicamente ripetute, anche se il gusto dell'agire cambia in ogni occasione.

Due avvenimenti stravolgono i nostri piani per Pasqua. E' ora di rimettere in discussione il sistema Pescanet, le sue compagnie, i metodi, ciò che si cela dietro l'arte della pesca. Non sono solo, per fortuna. Accorrono in soccorso morale tre amici, tre uomini, tre storie, tre cuori. Tre magnifici angeli che decidono di supportarmi con la loro sensibilità, l'affetto, la stima, col credere in me e nel nostro progetto. Ormai sono di casa, presentarveli può apparire terribilmente scontato. Leo (Leofishing), la mia più grande soddisfazione, alunno di pesca di vecchia data, ormai una macchina da guerra pronto a qualsiasi avventura. Sergio (Bidumba), il timido, il verace barese trapiantato in terra modugnese, colui che silenziosamente approva ogni mia scelta ed è pronto a porgere sempre il palmo della mano per un cinque. Francesco (Hackman), il giovinastro, altro alunno della scuola di Pescanet, ottimo informatico e grande appassionato di ledgering. E poi, ci sono io. Quattro vite, quattro amici, quattro storie, quattro filosofie di pesca a confronto.

L'idea di passare qualche ora lungo le sponde del lago Locone balenava ormai da settimane, alla conclusione della stagione (a ritmi agonistici) della trota lago. Eravamo tutti curiosi di sperimentare i nostri nuovi acquisti, i costosi feeder della Fox, gli anti-tangle della Middy, le nuove pasture da carpa della Tubertini. L'unico interrogativo permanente era il quando. Pasqua? Pasquetta? Sabato Santo? Il giro di telefonate e messaggi su Facebook rende più facile la scelta, che ricade su Domenica, il giorno di Pasqua. Unico giorno di riposto per tutti, lontano dalle processioni e riti religiosi delle nostre compagini cittadine, al riparo da perturbazioni meteorologiche in arrivo da nord, previste per Pasquetta. Nel pomeriggio del Sabato Santo ho modo di accompagnare Nonno Mauro per strada, concedendogli la visione della Madonna Addolorata, per poi fare due passi sul porto e ritornare indietro di qualche anno con i ricordi. Appartengono al passato scene come queste, che hanno segnato la mia vita universitaria, quando non potevo viaggiare e concedermi il lusso di una pescata fuori porta. Passavo Pasqua a Molfetta, sul porto, lungo la banchina, in attesa di Nonno Mauro e dei suoi passi, del suo sorriso, della sua inconfondibile camminata mussoliniana. Attendevo con speranza il suo arrivo, custodendo con zelo il pescato all'interno della nassa, per mostrarglielo poi con quella soddisfazione che ha un bambino nel vincere una gara di pesca. E poi il suo inconfondibile “Bravo Marco” accompagnato dal bacetto sulla guancia e pacca sulla spalla.

L'emozione incalza. Scendo in giardino per preparare l'occorrente, mettendo da parte le attrezzature necessarie per la battaglia. Seleziono accuratamente i pasturatori, il power-gum, gli anti-tangle. Ripasso le montature, stringo nodi, ripulisco dalla polvere il manico della tre pezzi e auguro a me stesso buona pesca. Ripongo tutto l'armamentario dietro la porta, prima di aver controllato che non manchi nulla. Passiamo poi la serata tra amici, in attesa della “ritirata” della Madonna, ci scambiamo gli auguri e torno a casa, per una breve e monotona dormita. Alle 5:30 suona puntualissima l'odiata sveglia. In pochi minuti i miei pensieri collegano azioni a oggetti, l'uno diverso dall'altro nel buio più pesto della mia camera: jeans, scarpe da ginnastica, immancabile giacchetta griffata, cappellino per nascondere la cura alla calvizie in corso, telecamera e macchina fotografica. Leofishing è il solito ritardatario, ama farsi aspettare come le donne. Raggiungiamo Bidumba al Bar Arcobaleno, consumiamo voracemente un cornetto e ci incamminiamo verso il Lago, a velocità moderata, la fretta è cattiva consigliera di guida.

La mia Skoda macina chilometri, il motore consuma gas, a stento riesce a capire quante distanze avrà ancora da percorrere per accompagnarmi a pesca. Fabia è una purosangue dal pelo rosso, un'affidabile compagna di viaggio, riesce infatti a soddisfare silenziosamente i miei istinti di guidatore, avverte i miei umori, ascolta i miei discorsi, custodisce le mie ansie, le paure. Accanto a me un sonnecchiante Leofishing, che ha digerito a malapena la pizza consumata alcune ore prima del nostro incontro. Ci segue Bidumba, a passo costante, in direzione Minervino Murge. Nel nostro tragitto avvertiamo luci, bagliori, l'estasi dell'alba. Tra uno sbadiglio e l'altro, percorriamo le colline di Canosa di Puglia e ritornano alla mente sprazzi di ricordi, di quei momenti passati in riva al fiume Ofanto, a caccia di carpe e carassi pescati col metodo più inglese che esista. Una filosofia di vita, il ledgering, che mi ha avvolto sin dai primi esordi nelle acque interne. La sua capacità devastante di attrarre prede lungo la linea di demarcazione costituita dallo scioglimento della pastura è qualcosa che affascina. Uno stile di pesca che può sembrare apparente statico e monotono, capace però di trasportare il pescatore in un viaggio attraverso pianure e fiumi inglesi, dove fu concepito il seme della pesca a fondo.

Arrivati a destinazione, in località Minervino, ci fermiamo per un secondo cornetto e colazione assieme ad Hackman, padrone di casa. Notiamo alcuni vecchietti, già svegli alle sei del mattino, intenti a squadrarci con gli occhi spalancati di chi non concepisce il diverso, forse per il nostro modo di comunicare, o il vestiario particolarmente inusuale. Caricate le ultime attrezzature marziane, ci catapultiamo lungo la riva del Locone, quest'anno particolarmente alto di livello, grazie alla copiose piogge di Marzo. Lungo il nostro “locus amaenus” non v'è traccia di esseri umani, per fortuna. Ci sistemiamo in velocità, ognuno col proprio panchetto, col suo zaino e l'arsenale nucleare racchiuso in un fodero. Alle 7.15 del mattino parte la nostra garetta, uno sfidino amatoriale a suon di carpe e carassi, che non tarderanno ad arrivare.

Il primo ad entrare in pesca, come di consueto, è il sottoscritto. La delicata azione della mia tre pezzi è moderata sapientemente dal lavoro di frizione e anti-ritorno, nella più classica delle concezioni anglosassoni. Con il cuore ormai emozionato per la prima cattura della mattinata, effettuo larghi pompaggi a destra, con l'intento di avvicinare la mia preda a riva, per poi guadinarla in velocità, senza che abbia la possibilità di incagliarsi nei rami sommersi, una piaga ormai ricorrente in questo lago nel periodo primaverile. E' una carassio, il primo pallido carassio domenicale che mi riempie di gioia. Non passano minuti che sento esclamare l'esuberante Leofishing “Ahò! Wagliò! Ahò!” . Quando Leo esulta così c'è solo una ragione, ovvero carpa! E' lei, la nostra signora degli abissi, la preda che amiamo di più, che inviteremmo a nozze per il resto delle nostre pescate. E' talmente eccitante vedere lo spettacolo di un ragazzo alle prese col suo pesce preferito che smettiamo per un attimo di pescare, seguendo in diretta l'esito del recupero. Si ride, si scherza, si vive un'atmosfera che qualcuno dall'invidia funesta voleva forzosamente estromettere dai nostri incontri, invece è sempre più presente, attimo dopo attimo. Anche questo secondo pesce giunge a riva ormai allo stremo delle sue forze, ingannato dai chicchi di mais innescati con la tecnica dell'hair rig, su un amo del 8, lungo uno spezzone di 70 cm dello 0,14 . Prima di rilasciarla in acqua, Leofishing si concede una foto alla “campione del mondo”, con sguardo disinteressato e pescione in bocca all'obiettivo, per una posa più da calendario che da rivista di pesca.

Ve ne sono altre di catture che potrei annoverare. Due però, ad opera di Bidumba ed Hackman, hanno dello spettacolare, non tanto per il recupero in sé, quanto per la goliardia con cui sono state effettuate. Tra un discorso e l'altro, sempre a carattere profondamente...ehm...femminile... ormai un must per le nostre pescate in compagnia, sentiamo uno strano rumore. Una canna parte in acqua! Corsa quasi al limite dell'inciampo, ferrata istantanea e combattimento in stile traina al tonno. E' lei, un'altra allegra signora ghiotta della combinazione lombrico-mais, proposta da Bidumba. Questa allegra carpetta non si fa scrupoli ed incomincia un serrato combattimento a suon di zuccate verso il fondo mettendo in difficoltà il nostro amico, che la contrasta ad armi impari, con una canna di soli 12 piedi, ideale per un ledgering medio-leggero. La prontezza di riflessi unita alla ricchezza di spirito di Sergio sono una miscela esplosiva che attraversa le vene del protagonista. Anche lei, come le altre sorelle nella nassa, cade sfinita a riva qualche minuto più tardi, lieta di aver donato un attimo di soddisfazione e gioia ad un pescatore che la rispetta, abbracciandola come una bambina per lo scatto di rito.

Conclude il momento mistico l'ultima cattura di Hackman. Arrivato il fatidico mezzogiorno di fuoco , come da accordi, si chiude bottega. Il profumo dell'agnello speziato che cuoce nel forno invade le nostre narici, nonostante casa nostra disti più di cento chilometri, obbligandoci a ritornare a Molfetta. Mentre smontiamo “barracca e burattini”, Francesco ci chiede aiuto. Dice di aver incagliato, me è perplesso, crede di aver allamato qualcosa. Prova con qualche strattone a destra, a sinistra. Nulla. Ironicamente gli consiglio di farsi il giro del lago, lui però il suggerimento lo prende sul serio. Ecco che, tutto ad un tratto, la lenza si sblocca e la sua canna parte vorticosamente verso il fondo. L'elasticità della sua quattro metri tutto-fare impone una lotta più lunga del previsto, accorriamo tutti nei pressi della sua postazione per aiutarlo, sostenendolo in questa sfida. Anche questa volta il pescatore vince la sua medaglia. Una meravigliosa e dorata carpa regina spunta dalle profondità, regalando l'ultimo sorriso di questa Pasqua di Resurrezione.

Tornato a casa mi dedicherò al montaggio di un video che ha fatto storia, pubblicando foto e custodendo gelosamente nel mio hard disk i “negativi” in digitale di questa memorabile giornata tra amici. Questa sera, per caso o volutamente, non saprei, sono capitato in un folder del mio disco fisso. Alla visione delle fotografie ho avvertito la pulsante voglia di scrivere, di raccontare. Prima di consegnare il lavoro al caro Gionata ho riletto il tutto. Le loro voci sono ancora presenti nella mia anima, con i loro inconfondibili schiamazzi dall'accento puramente barese. Lo è anche il tocco violento delle carpe, la tremenda puzza di biscotto e terreno della mia auto al ritorno da questa avventura dal sapore lucano.

Amen.

La mia più grande fan dice che ho la stoffa per fare il reporter. Io le credo. Voi no?


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