Itinerari Italia

Passata destinations: Palazzolo sull'Oglio

Di di Gianprimo Bonassi & Mauro De Simone pubblicato il 26/06/15

                                                   

IL FIUME OGLIO, NEL TRATTO COMPRESO TRA CASTELLI CALEPIO

E PALAZZOLO, E’ RICCHISSIMO DI SPECIE ITTICHE ESTREMAMENTE COMBATTIVE ED OFFRE PERCIO’ ACQUE OTTIMALI, SOPRATTUTTO DURANTE LA BELLA STAGIONE, PER EFFETTUARE RIPETUTE PASSATE, “AGGANCIANTI” E PRODUTTIVE !

 

BARBI COCCIUTI, CAVEDANI FURBISSIMI E PIGHI DI TAGLIA SONO LE CATTURE PIU’ FREQUENTI E POPOLOSE, MA NON MANCANO ANCHE CARPE DA SOGNO, BELLISSIME TINCHE ED OCCASIONALI SORPRESE COME SCARDOLE, PERSICI DI FIUME E VAIRONI.

 

La location:

Palazzolo sull’ Oglio si raggiunge con l’ Autostrada A4, uscendo al casello di Ponte Oglio per chi proviene da Milano o Bergamo e a quello di Palazzolo invece per i pescatori bresciani. Lasciata l’ autostrada si procede quindi per qualche chilometro verso Sud, per arrivare appunto nella bellissima cittadina di Palazzolo. Il tratto di fiume in questione è lungo circa una decina di chilometri, e costituito da acque mediamente profonde tra i 3 ed i 6 metri, a fluire lento e costante, indicatissime per la pesca a passata, anche se non mancano di tanto in tanto correntini veloci e dighe che formano rigiri, buconi e vortici pure da provare. Noi, in una bellissima giornata di Giugno, abbiamo affrontato il tratto di Oglio posizionato subito sotto il Comune di Palazzolo, che si raggiunge imboccando via Santissima Trinità (facilmente individuabile attraverso Google Map) e parcheggiando subito dopo il sotto passo di Viale Europa (SS573). Per una maggiore comodità e’ consigliabile portarsi dietro un carrellino per trasportare tutta l’ attrezzatura fino al fiume, che si raggiunge a piedi, a circa 500 metri dalla macchina, dopo aver attraversato i campi.

L’ oglio in questo tratto è delimitato da un muretto in cemento, particolarmente comodo perché durante l’ azione di pesca vi si possono appoggiare le vaschette, i bigattini, la nassa e tutto l’ occorrente al fine di esercitare una corretta e facile azione di passata.

 Con la 5 metri:

In questo segmento di fiume si può pescare sia con la bolognese di 5 metri che con quella di 6, in base alla tipologia delle catture che intendiamo effettuare e al modo in cui mangiano. Pescando sottile sottile, la 5 è ottimale perché molto leggera e di facile manovra. Si effettuano in questo caso passate abbastanza vicine a riva, lanciando a soli 7 o 8 metri dal muretto in cemento. La grammatura deve essere obbligatoriamente leggera, montando sulla lenza galleggiantini che, per portata, variano tra 1,5 e 2,5 grammi. Onde evitare di perdere metri preziosi durante la fase di lancio, quando si pesca con sugheri grammiformi, è sempre meglio montare in bobina una madrelenza di diametro contenuto. Uno 0,16 va benissimo, in particolare abbinato ad un mulinellino molto piccolo, per ridurre ulteriormente il peso complessivo della canna. La montatura dovrà essere obbligatoriamente a scalare verso il basso, con uno svolazzo finale lungo almeno 30 centimetri e dello 0,10. Le acque dell’ Oglio sono in genere abbastanza limpide (anche se durante la nostra uscita un temporale le ha intorbidite non poco) ed i pesci che le abitano perciò furbissimi; assaggiano solamente esche presentate alla perfezione e che discendono il fiume con una passata perfetta e senza esitazioni, né rallentamenti. Ecco quindi spiegata la necessità di costruire una montatura estremamente morbida e flessibile, soprattutto per i pighi e per i cavedani che, ancora una volta si dimostrano come gli avversari più difficili ed impossibili in queste acque.    

 Con la 6 metri:

Attraverso l’ utilizzo di una bolognese un poco più lunga si possono raggiungere le acque centrali del fiume, pescando a passata da 10 a 15 metri di distanza da riva. Poiché la lunghezza della montatura varia dai 3,5m ai 4,0m, più la bolognese è lunga e maggiore è la facilità di lancio e di trattenuta, anche se si perde in sensibilità e velocità di ferrata rispetto alla 5.

Il nostro consiglio è quello di aver sempre a disposizione, quando si pesca in queste acque, entrambe le metrature, per scegliere al momento giusto la telescopica più adatta, in base a come mangiano i pesci.  

 I “ciccioli”, le esche più catturanti:

L’ esca principale e più catturante nelle acque dell’ Oglio è senza ombra di dubbio il bigattino, detto anche “cicciolo” a causa del suo aspetto di larva paffutella e rigonfia. Il bigattino è la larva di mosca carnaria e per cavedani, pighi e savette rappresenta l’ innesto più attraente in assoluto. Per attivare l’ appetito dei pinnuti è sempre preferibile effettuare una pasturazione preventiva, non appena si arriva in postazione, per poi proseguire con una palla di pastura ogni circa mezz’ ora, per tenere attivo e concentrato in scia il branco.

Il bigatto può essere inserito singolo su di un amo piccolissimo, del numero 20 o anche 22, bronzato e particolarmente resistente; oppure in coppia, a calzetta o con entrambe le larve a penzoloni, quando si sale ad un 18. In seguito all’ assaggio da parte di un pinnuto interessato alla nostra esca, dopo l’ eventuale non proficua ferrata, è sempre buona norma recuperare e sostituire immediatamente la larva schiacciata e succhiata, scambiandola con una più viva ed appena innestata, quindi più catturante ed attraente.

 Le specie autoctone locali:

Numerose sono le specie ittiche presenti in questo tratto di fiume. Le acque dell’ Oglio mantengono ancor oggi un buon grado di purezza. La loro trasparenza è elevata e frequenti sono le cascatelle e rapide, in prossimità di dighe e di sbarramenti, che contribuiscono a mantenere ben ossigenata e ricca di nutrienti la corrente principale. Tra tutte cavedani e pighi la fanno da padrone; presenti in numero abbondante e con esemplari di ottime dimensioni. Ma anche barbi ed altre specie tipicamente di fondo (carpe e tinche) in queste acque raggiungono taglie pesanti.

 Il Cavedano (Leuciscus cephalus):

Quando si pesca a passata, lo squalo d’ acqua dolce rappresenta la cattura più difficile in assoluto da agganciare, consequentemente alla ferrata. Il cavedano è infatti un avversario astutissimo poiché possiede una vista sviluppatissima, con quei suoi grandi occhioni attenti.  Il leucisco assaggia in genere in maniera “impulsiva”, toccando appena appena il bigatto, afferrato in genere sulla coda della larva proprio per evitare di prendere in bocca l’ amo e rischiare così di venir agganciato e fregato. Per incrementare il numero di cavedani catturati, in particolare quelli adulti e di oltre 40 cm., si consiglia di montare un finale piuttosto lungo, di almeno 35 cm. e di diametro capillare: uno 0,08 o uno 0,10, sull’ Oglio vanno benissimo. Con acque torbide e velate possibile salire anche fino ad uno 0,12, in questo caso lungo almeno 45-50 cm. per distanziare sufficientemente dai primi piombini l’ esca vincolata.

 Il Pigo (Rutilus pigus):

Il pigo, lontano parente del triotto, ma di dimensioni decisamente maggiori, possiede una boccuccia fragilissima; il labbro superiore è davvero molto delicato e quando lo si ferra con ami molto piccoli ed affilati, rischia spesso di lacerarsi, facendo così scappare la tanto agognata cattura. E’ per questo motivo che i pighi più scaltri, soprattutto quelli di 1,5-1,8 kg non sono affatto facili da allamare e da salpare con il guadino. Per ovviare a questo inconveniente è preferibile utilizzare un mulinellino dotato di frizione molto dolce, armonica e sensibile, per rilasciare qualche metro in più di filo prezioso, non appena il ciprinide inizia con le testate cocciute.

 Il Barbo (Barbus plebejus):

Tipico abitante delle acque più profonde dell’ Oglio, il barbo bresciano è abbondantissimo in questo fiume, con numerosissimi esemplari di 400-500 grammi che pinneggiano indisturbati tra le alghe ed i ciottoli bentonici. Non mancano inoltre esemplari record, la cui stazza varia da un minimo di 1,5kg fin’ anche a 3-4kg. Per attirare barbi a volontà, indispensabile pasturare con pesanti palle di pastura, arricchite con decine di larve ad esse incorporate. Meglio se si lanciano delle comode retine, che contribuiscono a portare subito sul fondale il cibo da presentare a questi superaffamati e baffuti grufolatori.

 Altre specie:

Anche potenti carpe, gialle tinche e numerosi grossi scardoloni non sono affatto rari quando si pesca a passata in queste correnti lente e profonde. Ovviamente quando si aggancia una carpa di 4 o di 5 kg con una lenza minimale, costruita con uno 0,10, è necessario davvero pregare per sperare di riuscire nell’ impresa, ma con un po’ di perizia, fortuna e tanta abilità, giocando sapientemente di gomito e con la punta della bolo, non è detto che l’ impresa non riesca !

 Necessario un lungo guadino:

Poiché si pesca da un muretto sopraelevato, per riuscire a portare fin nella nassa le catture senza il rischio di perderle, è obbligatorio intervenire con l’ utilizzo di un comodo e leggero guadino telescopico. E’ preferibile scegliere un guadino dotato di rete a maglie appositamente costruite per evitare l’ autoaggancio dell’ amo, qualora la cattura dovesse dimenarsi, subito dopo essere stata avviluppata, liberandosi così dell’ uncino. Queste pesci si dimostrano abbastanza indiavolati e vendicativi, dopo essere stati ferrati, soprattutto per quanto riguarda gli esemplari di dimensioni medie; necessario quindi stancarli a dovere, prima di accingersi a bagnare il guadino, perché non appena questi vedono il retino avvicinarsi, puntano e scattano decisi verso il fondo e al largo, spaventati proprio dalla paura di finire nella nassa.


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