Tecniche

Pesca tra i massi

Di Agostino Zurma pubblicato il 25/03/09

Gioie e dolori. Se la prima attribuzione riguarda la relazione che le massicciate hanno con noi carpisti, e vedremo i perché, la seconda è rivolta al rapporto che le stesse tengono con il fiume e per il quale dovrebbero rappresentare unicamente protezione. Ricercare le carpe in situazioni di fondale e di rive identificabili con la presenza di questi blocchi di roccia, risulta di indubbio vantaggio e di sicuro indirizzo.

Avvalersi di questa condizione consegue validi risultati in tutte le stagioni in quanto i grossi massi, utilizzati a rinforzo delle rive, allungano la loro presenza nell’alveo del fiume per alcuni metri. Nella stagione fredda il vantaggio che la loro posizione produce, in modo particolare nel Delta del Po, è da valutarsi nella presenza delle maree. Succede che durante il fenomeno di bassa marea le rocce si espongono, in maggior misura nelle calde giornate di sole, ad un lieve ma determinante riscaldamento. Questo calore, che viene rilasciato lentamente durante il periodo di alta marea, diffonde direttamente nel liquido tale riserva di energia, sufficiente ad influenzare positivamente il comportamento dei pesci.

Ma non solo,di massima importanza è la condizione che si crea all’intorno delle massicciate e che conseguentemente viene rivolta nei confronti delle esche. Posso sostenere che le boilies e le granaglie utilizzate per la pasturazione hanno senza dubbio maggiori possibilità di essere mantenute nella zona pasturata. Incuneandosi tra i massi e i piccoli anfratti presenti i nostri alimenti rimarranno in buona parte nel settore prescelto, e la loro collocazione non creerà alcuna difficoltà alle carpe di aspirarli.

La nota dolente è, a detta di molti esperti,quella che vede sia le prismate che le massicciate come le maggiori responsabili di quel processo di cementificazione dei fiumi in atto da tempo nel nostro Paese, al contrario di altri paesi (ad esempio la Germania) dove invece si sta correndo ai ripari decementificando. La cementificazione, a loro opinione, risulterebbe una delle principali cause dei sempre più frequenti disastri provocati dalle onde di piena, perché il cemento, a differenza delle sponde naturali che sono permeabili ed hanno un grande potere assorbente, é impermeabile, non assorbe e contribuisce così a far aumentare il volume dell’acqua che quando tracima va ad occupare zone mai occupate prima. Si sono così create le canalizzazioni, ovvero quelle strutture di vario genere dove il fiume viene ingabbiato perdendo così le sue caratteristiche naturali di fiume ed acquisendo quelle artificiali di canale. C’é però un differenza sostanziale fra un canale ed un fiume canalizzato ed è questa: mentre in un canale il flusso dell’acqua viene regolato artificialmente attraverso un complesso sistema di paratie, nel fiume ciò non è possibile ed esso é obbligato a raccogliere tutta l’acqua che arriva dal cielo.

Ma veniamo all’argomento trattato. Pescare sicuri tra i massi, è possibile ?

Il problema reale, è quello di assicurare al pescatore l’assenza di un possibile incaglio che potrebbe avvenire anche se, in alcuni casi nel tratto conclusivo del loro sviluppo, queste grosse pietre vengono parzialmente coperte da fanghiglia che ne limita però solo parzialmente la pericolosità. Questa certezza, oltre che nella fase di recupero del finale, deve essere senza altro garantita nel preciso istante della ferrata, per cui possiamo affermare che la zavorra si deve staccare automaticamente in questo esatto momento.

Un semplice galleggiante, collegato ad un terminale costruito adottando alcuni semplici accorgimenti, è la soluzione ai nostri problemi. Avremo così realizzato la nostra montatura anti massicciata. Il galleggiante serve a mantenere la lenza perpendicolare al fondale impedendo così alla stessa di andarsi ad impigliare tra i massi. Nello stesso tempo favorisce , nel caso di recupero, il piombo nel suo togliersi dalla inconsueta prigione entro la quale sarà inevitabilmente rinchiuso. Questo ha successo perchè la zavorra viene estratta dal suo alloggiamento in modo quasi verticale, e non viene strusciata per essere disincagliata. Teniamo ben presente che non sempre però l’operazione riesce e il nostro peso a volte rimarrà nel fondo del fiume.

Come realizzarla

Iniziamo dal nostro corpo in grado di galleggiare, generalmente uso dei semplici galleggianti scorrevoli di forma circolare capaci di trattenere un peso dai 60 ai 100 grammi, non spaventatevi della grammatura, ma la forte corrente a volte lo farà comunque scomparire. Lo inseriremo lungo la lenza e successivamente collegheremo alla stessa lo spezzone di leadcor portante il finale. A salvaguardare dall’impatto del galleggiante il punto di collegamento tra madrelenza e trecciato inseriremo una piccola perlina rigida ( foto 1).

Il resto del finale si identificherà con uno tra quelli generalmente usati, una montatura a elicottero o un semplice un bolt rig. Evitate di utilizzare montaggi in linea, il motivo è facilmente intuibile seguendo quanto successivamente descritto.

Come messo in evidenza la zavorra utilizzata dovrà necessariamente staccarsi dal nostro terminale, conseguentemente quello che si differenzierà nel nostro particolare finale sarà nella sua connessione al piombo. Questa semplicissima azione dovrà essere effettuata in questo modo: muniamoci di uno spezzone di nailon la cui sezione non dovrà superare lo 0,14 e di una porzione di filo solubile, PVA. Questi verranno collegati, al piombo o al sasso utilizzati, come mostrato nell’immagine (foto 2).Inseriremo il cappio realizzato con il nailon nella clip e annoderemo il PVA collegando la zavorra alla stessa clip. Un sasso raccolto lungo le sponde, al quale applicare una fascetta in plastica, stretta a dovere risulterà una otima zavorra a costo zero e senza inquinamento alcuno. Il filo solubile,piegato almeno due-tre volte, serve a garantire la tenuta alla rottura durante il lancio. Viene naturale pensare che un monofilo di così ridotta portata non reggerebbe allo sforzo di lanciare pesi anche superiori ai 150 grammi. Il PVA trasferirà, con il suo scioglimento, l’azione della tenuta direttamente al nailon, e la sezione ridotta di questo ultimo ne garantirà la sua rottura. La perdita del peso avvenuta nel momento della ferrata, darà la certezza che il combattimento avverrà con la lenza completamente libera e disincagliata dai massi.

Un secondo sistema, per poter lanciare senza pericolo di rotture, è quello di inserire tutto il terminale all’interno di un sacchetto solubile nel quale si potranno inserire anche alcune boilies, valide per una pasturazione a ridosso dell’esca (foto 3). In questo caso non verrà utilizzato lo spezzone di filo solubile. Prima di lanciare forare ripetutamente l’involucro per facilitarne l’affondamento.

Infine a conclusione della nostra preparazione sarà sufficiente bloccare il galleggiante, all’altezza voluta, con un piccolo nodo in power gum e il nostro finale” anti massi” sarà perfettamente pronto ed efficace (foto 4).

Consigli utili

1) Il blocco in power gum, nel caso si peschi in acque in cui è presente il fenomeno delle maree, deve essere posto circa un metro in più rispetto alla profondità normale rilevata, per consentire al galleggiante di risalire la lenza in concomitanza della variazione di profondità.

2) Le canne sul pod devono essere poste in posizione il più verticale possibile, abbastanza alte in modo che la lenza rimanga del tutto sollevata dal pelo dell’acqua e direttamente allineata sulla piccola boa galleggiante ( foto 9 )

3) Dopo la ferrata, mediante la quale staccheremo il piombo dal finale ( non di rado la zavorra si toglie direttamente quando avviene partenza), tenere alzata la canna. Questo movimento vi consentirà di sollevare immediatamente il pesce dal fondo evitando così in via definitiva un possibile incaglio tra i massi.

 


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