Tecniche

Piano pianissimo,dolce dolcissimo

Di Marco de Biase pubblicato il 13/01/10

Cala il freddo dell’inverno sulle nostre trote e anche queste perdono la loro vitalità. Diventano strane, apatiche, ferme, sia quelel di piccola che di grande taglia. La loro lentezza è davvero agli antipodi del nervosismo che dimostrano d’estate, quando aggrediscono l’esca con enorme voracità. A volte stazionano al centro del lago, magari prima della semina del mattino, altre invece si avvicinano a riva, a pochissimi metri dalla nostra postazione. Comportamenti dettati sicuramente dal metabolismo che rallenta, fenomeno che si riscontra anche in altri pesci.

Pescarle, però, è sempre possibile. Fausto Buccella, un indiscusso e pluridecorato maestro della trota lago italiana, ha parlato di “motori al minimo” (non quelli delle auto...) circa 10 anni fa, un articolo che ho letto con piacere su una rivista di settore. Erano le mie prime uscite di pesca alla trota in lago e, seguendo i pratici consigli del campione, riuscivo sempre a farla franca contro i concorrenti a me vicini. Ma cosa significa “motori al minimo”? Essere calmi e muoversi lentamente. Dare questa idea di tranquillità, molto melliflua, anche alle trote. Farlo non è difficile, anzi; occorre solo attrezzarsi.

Innanzitutto, canne oltremodo leggere, con azioni light ed ultra light. Le misure ideali sono le 3,90m in tre pezzi o telescopiche, con le grammature standard tipo 1-3 (per i vetrini e le coroncine) oppure 2-6 (vetrino-piombino). I mulinelli, altrettanto piccoli, di taglia 1000 o 2500 (con recupero lento), imbobinati con un 0,14, permetteranno di ridurre le velocità in fase pesca. Necessari anche piccoli vetrini, piombini, catenelle costituite da styls e piombini scorrevoli. Infine i terminali, di lunghezza pari al metro dello 0,12, con ami misura 8-10.

L’armamentario, costituito da canne, monofili ed esche, è alla portata di tutti, lo stesso dicasi per le esche. L’iter completo, però, è sicuramente più articolato. La classica camola può a volte essere inefficace e deludente, specie quando ci si trova a pesca in giornate gelide con trote svogliate. L’inventiva e la creatività possono può venirci incontro, sempre quando consentito dalla gestione (ricordiamo che le esche artificiali non sono utilizzabili in tutti i laghetti). Pastelle, uova di salmone e polistirolo possono anche le situazioni più difficili.

Come innescarle? Le pastelle sono malleabili e modellarle sull’amo a forma di calzoncini è la soluzione migliore per garantire una certa rotazione durante il recupero. Le uova di salmone, con i loro inconfondibili caratteri organolettici, vanno solitamente a coppia o prevedono un innesco misto con la camola, sia a completamento dell’amo che sopra la paletta. Le palline di polistirolo, invece, tendono a far fluttuare l’esca, regalandole movimenti inconsueti che incuriosirebbero le trote che stazionano a mezz’acqua. Utilizzare inneschi multicolor è spesso decisivo durante la fase finale del turno di pesca, sicuramente perché le trote sono ormai abituate alle candide ed incolori camole dei nostri concorrenti e rincorrere “qualcosina” di colorato stimola l’appetito; il tutto, naturalmente, va condotto senza farsi prendere dalla fretta.

 

Le abboccate sono tutt’altro che fulminee. Sembra che le trote non si accorgano affatto dell’inganno. Questo accade perché hanno l’abitudine di succhiare l’esca, permettendoci di avvertire una o due tocche molto lievi, solitamente decisive. Capire il momento d’oro non è facile, occorre esperienza, ma esistono dei piccoli accorgimenti infallibili (o quasi). Quando si pesca col vetrino o con il piccolo piombino “ghost”, si suole lanciare al centro del lago. Si attendono 8/10 secondi, fino a quando si intravede qualcosa di simile ad una pancia a pelo d’acqua.

Ciò significa che la zavorra ha completato la sua discesa verso il fondo. Si procede dunque col muovere con massima delicatezza la la manovella del mulinello, quasi un giro ogni dieci secondi. Poi, di scatto, quando ormai si è vicini a riva, si prosegue con la tremarella, a canna bassa, mai alta. Dopo qualche istante dovrebbe avvertirsi la tocca, non particolarmente decisa. E’ questo l’attimo fuggente, da cogliere senza esitazione. Provare per credere.

Un altro sistema è quello della penna, che ho leggermente “personalizzato” col tempo, con una soluzione interessante, alla portata di tutti i principianti. E’ un metodo interessante quando le trote non vogliono proprio saperne di abboccare e stazionano sul fondo, sembrano preferire l’esca ferma ed immobile. Dopo aver inserito la penna sul monofilo, utilizzo un vetrino della sua stessa portata. Dopodichè, monto un terminale di 60 centimetri e sondo la profondità del lago. Lascio circa 10 centimetri di scarto ed innesco una camola.

Lanciamo a pochi metri da riva, avendo cura di notare i movimenti della penna. La sua posizione sarà perfettamente orizzontale, come se non fosse piombata. Ha inizio l’attesa. Do’ dei piccoli strattoni alla lenza, ad intervalli regolari di 30 secondi . La trota non avrà scampo e ingoierà la camola. La penna si alzerà improvvisamente, per poi partire verso il fondo. Altro momento d’oro da non sprecare è l’attimo in cui si avvertirà il sussulto del galleggiante si desta. Può sembrare un metodo rozzo, ma funziona. E garantisce l’effetto sorpresa quando tutti i vicini di postazione sono intenti a lanciare e recuperare, creando solo disturbo e baccano in acqua.

Ultimo consiglio per le esche: le camole tenetele in tasca, il miglior calore è quello del nostro corpo!


FacebookTwitterGoogle+Invia per email

Collabora


Ti potrebbero interessare anche: