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Prime tocche in torrente

Di Roberto Barbaresi pubblicato il 19/02/09

 

Cari giovani amici, voglio introdurvi alla conoscenza della pesca al tocco, una tecnica con le esche naturali molto redditizia per insidiare le trote nei torrenti, cercando di illustrarvi gli attrezzi, le lenze e le esche, che sono maggiormente utilizzate.
Partiamo dalle nozioni di base: la definizione di “pesca al tocco” identifica una tecnica nella quale l’abboccata del pesce viene avvertita attraverso una serie di vibrazioni (le tocche appunto) che si trasmettono grazie ad un diretto contatto tra esca, vettino della canna, mano del pescatore, complice la mancanza di un dispositivo galleggiante di segnalazione e un’opportuna tensione della lenza. La più praticata nei torrenti di piccole e medie dimensioni è quella cosiddetta “sottocanna”, prevede cioè di raggiungere i luoghi di stazionamento delle trote manovrando una lunga canna atta solamente a sostenere e/o appoggiare sul fondo una lenza adeguatamente piombata a contrastare la forza della corrente, controllandola continuamente sotto la punta. L’efficacia di una simile azione si manifesta sopratutto nei torrenti montani dalla morfologia discontinua, dove le frequenti variazioni di profondità e velocità della corrente richiedono un perfetto controllo della lenza in ogni momento, reso possibile proprio grazie all’applicazione del concetto “canna lunga e filo corto”.

 

L’ATTREZZATURA

L’attrezzo specifico per ottimizzare l’azione di pesca sopra descritta è la canna teleregolabile, che si può paragonare ad una comune telescopica munita di anelli scorrifilo, dotata di dispositivi denominati “blocchi” o “boccole” di teleregolazione che permettono di utilizzarla in pesca anche solo parzialmente estesa. L’evoluzione tecnico-agonistica ha portato alla realizzazione di canne molto lunghe, fino a 13 metri, ma chi inizia dovrà orientarsi su attrezzi meno impegnativi (e molto meno costosi) di 6-7 metri, muniti di almeno 3 teleregolazioni che la renderanno utilizzabile a partire da una lunghezza minima di 3-4 metri. Con una canna del genere si riuscirà a sondare con molta precisione i torrenti di piccole dimensioni, ma anche quelli più grandi dove fosse possibile agire gambe in acqua, ricordandosi sempre di muoversi con accortezza e procedere da valle verso monte per non essere visti dalle trote, potendo allargare ulteriormente il raggio d’azione mediante brevi lanci da sotto e controllando la lenza a canna alta. La scelta del mulinello si rivela molto più semplice, in quanto ha la sola mansione di contenere una scorta di lenza, tanto che alcuni utilizzano dei semplici recuperini in plastica. Diventa sottinteso che tutti i modelli di uso comune, meglio se di taglia mediopiccola e quindi meno ingombranti, possono compiere questa essenzialità. Va caricato con del monofilo fluorescente di diametro 0,22-0,25 millimetri che garantirà sufficiente robustezza e visibilità. Per aumentare quest’ultima si può montare un segnafilo (in commercio ne esistono vari modelli) con l’ovvia accortezza di posizionarlo in modo che rimanga ben al di sopra della superficie dell’acqua.

 

LE ZAVORRE

Vediamo ora gli elementi distintivi di tre diverse piombature quali la corona, il pallettone e la spiralina.

LA CORONA è una piombatura distribuita per una certa lunghezza della lenza, permette efficaci trattenute in corrente e una presentazione molto naturale dell’esca ma richiede una certa esperienza per riuscire a governarla correttamente senza aggrovigliarla nel fondale. E’ costituita da una serie di pallini di piombo spaccati (3-4 mm di diametro) fissati in uno spezzone di monofilo (30-100 cm di lunghezza) collegato a due girelle per una facile e immediata sostituzione. Modificando il numero e la dimensione dei pallini, nonché la loro vicinanza e la distribuzione lungo la lenza, si ottengono infinite varianti di comportamento.

IL PALLETTONE rappresenta la piombatura più concentrata, a volte insostituibile per penetrare le forti e turbolente correnti superficiali, ma anch’esso deve essere controllato senza distrazioni, pena irrisolvibili incagli tra i sassi. Va montato scorrevole sulla madre lenza (o uno spezzone di essa) con l’unica avvertenza di inserire un robusto gommino salvanodo prima di collegare la girella che sorregge il terminale. Esistono anche pallettoni muniti di cappucci in plastica che lo rendono intercambiabile senza dover ogni volta smontare la lenza. Vanno scelti, secondo le circostanze, di peso compreso tra 5 e 20 grammi.

LA SPIRALINA di filo di piombo è una zavorra concentrata in pochi centimetri di lunghezza, molto versatile nonchè facilmente gestibile da chi inizia. Difficilmente si incaglia anche se lasciata in balìa della corrente, permettendo di ampliare il raggio d’azione oltre la lunghezza della canna. Scelta di peso adeguato alla forza della corrente (3-10 grammi) permette passate molto naturali rasenti il fondo ma in alcune circostanze non consente le necessarie trattenute proprio perché riceve troppa spinta dall’acqua. In commercio si trovano spiraline di varie fogge e pesi, anche con guaina passafilo interna, allungate e sottili da far scendere meglio in corrente, corte e tozze per una pesca maggiormente statica. Naturalmente solo con la pratica si potranno comprendere appieno le differenze di comportamento delle zavorre descritte, acquisendo la necessaria padronanza dell’insieme ed intuendo quella più adatta all’esigenza del momento, per poi guidarla con precisione in prossimità del fondale fino a raggiungere il raggio visivo delle trote in caccia o le proverbiali “tane” in cui si nascondono.

TERMINALI, AMI ED ESCHE

I finali da utilizzare vanno approntati con nylon trasparente di misura inferiore al filo di bobina, e di eventuali spezzoni che portano la zavorra, innanzitutto per non rischiare di perdere l’intera lenza in caso di incaglio. Diametro di 0,12-0,14 mm in presenza di acque cristalline e trote molto diffidenti, fino a 0,18-0,20 mm con acque più scure e/o supposta presenza di esemplari di taglia. La lunghezza ideale alle circostanze del momento può variare da 20-25 centimetri, che fornisce maggior precisione in tratti irregolari con molte tane nonché nelle piccole acque, fino a 40-50 centimetri per torrenti dai fondali più sgombri e uniformi, guadagnando in naturalezza. Gli ami vanno scelti di dimensioni proporzionali all’esca che intendiamo utilizzare, dal numero 10-12 a filo fine per esche piccole e delicate come vermetti d’acqua, portasassi ed altre larve raccolte in loco, al numero 6-8 per l’innesco di una o due camole del miele, fino al numero 4 se si intendono utilizzare grossi lombrichi e pesciolini.

UNA PESCA PER TUTTI

Abbiamo visto come, con pochi attrezzi ed accessori, il pescatore è pronto per cimentarsi nella pesca al tocco e percepirne le enormi potenzialità. Se si esclude il costo della canna e di un abbigliamento adeguato, comprendente un buon paio di stivali cosciali, le altre spese sono davvero di poco conto. Del resto, come risaputo, nella pesca in torrente è più importante il senso dell’acqua (e buone gambe) di lenze ed attrezzature sofisticate. Le trote poi, quelle vere, sono pesci esclusivi nel loro comportamento, schivi e territoriali, istintivi e diffidenti allo stesso tempo. Riuscire a raggiungerle esattamente dove stazionano ed avvertirne l’abbocco, le prime tocche sulla mano che sorregge delicatamente la lenza, procura sensazioni uniche, senza considerare quelle derivate dalla suggestiva bellezza di certi ambienti montani che, da soli, appagano la voglia di avventura insita in ognuno di noi. L’avvio di stagione è imminente ed avremo la prima opportunità per provare, anche se va detto che nel giorno dell’apertura, e nel periodo immediatamente successivo, i rigori dell’inverno, le portate abbondanti, la scarsa attività delle trote e la quantità di pescatori sulle sponde, potrebbero ulteriormente aumentare le difficoltà. Poco male, l’importante è impratichirsi, anche osservando dove e come pescano gli altri “tocchisti”, chissà che qualcuno non possa aiutarvi con preziosissimi suggerimenti pratici, infondendovi il coraggio necessario ad insistere, le prime belle catture faranno il resto.

GLI ULTIMI CONSIGLI

Pochi e semplici accorgimenti per l’incolumità propria e delle trote allamate. La montagna deve essere sempre rispettata e temuta, occorre rivolgere particolare attenzione alle condizioni climatiche ed ambientali in relazione con la morfologia del torrente che intendiamo affrontare, ne consegue che è sempre meglio essere accompagnati. Inoltre va ricordato che la trota, apparentemente robusta ed immortale, si rivela piuttosto delicata. Ferite sanguinanti causati da profondi ingoi, e/o ripetute manipolazioni nel tentativo di slamarla, potrebbero rivelarsi letali. Sfavorevoli circostanze della pesca con le esche naturali che possono essere ridotte con la pratica ed opportuni accorgimenti.

Ecco gli ultimi consigli:

- Proteggersi adeguatamente dal freddo e dalle intemperie, la battuta di pesca potrebbe diventare una sofferenza dopo poco tempo, in caso di neve o ghiaccio evitare sponde rocciose o scoscese, prima di avventurarsi in acqua valutarne la profondità e la forza della corrente.

- Manovrando a canna lunga va sempre rivolto uno sguardo verso l’alto per accertarsi che non ci siano pericolosissime linee elettriche, quando ci si sposta lungo il torrente è buona norma accorciare la canna o procedere tenendola bassa.

- Preferire ami ed esche di grosse dimensioni per cercare di ritardare l’ingoio, tenere la lenza sempre in tensione per poter percepire subito l’abbocco della trota.

- Ferrare sempre con tempestività, in particolare se si avvertono tocche ravvicinate e confuse (tremolii) che spesso indicano trote di piccole dimensioni. Bagnarsi le mani per non ustionarle, maneggiarle con garbo e cautela, recidere immediatamente il finale nel caso di ingoio profondo.

- Gli esemplari che si intende trattenere, nel pieno rispetto dei limiti di misura e quantità consentiti dai regolamenti, vanno uccisi immediatamente per sottrarli ad inutili sofferenze.

- Evitare quanto possibile di procedere in acqua, in qualche zona è proprio vietato durante i primi mesi di pesca. I fondali ciottolosi del torrente potrebbero infatti ospitare tardivi nidi di frega e relative uova o larve appena schiuse.

 


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