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Prova in pesca per i Daiwa Infinity Q-A

Di Massimo Zelli pubblicato il 20/03/15

Fece la sua comparsa sul mercato italiano, oramai una decina di anni fà, quello che, non soltanto a mio parere, fu una pietra miliare nel concetto di mulinello: l’Infinity Q. Era commercializzato in due versioni: 2508 e 3000.  Vorrei fare però quel pizzico di dietrologia che non guasta per spiegare taluni dettagli. A fine anni 90 fece la sua comparsa il Team Daiwa S-Cu, un mulinello con carcassa metallica, rapporto di recupero medio basso e bobina larga. Erano caratterizzati da un inedita livrea color champagne e incontrarono il successo del mercato abbastanza rapidamente poichè fu evidente a tutti come le caratteristiche meccaniche espresse rendessero l’azione di pesca molto più confortevole. In quegli anni andavano per la maggiore i rapporti di recupero rapidi e le bobine “long-cast”, quelle tronco-coniche per rendere meglio l’idea. Tali mulinelli lanciavano lontano, avevano discreta capacità di filo e recuperavano molto velocemente a vuoto. Avevano il difetto di piantarsi e sforzare troppo con il pesce in canna: nella maggior parte dei casi non furono longevi meccanicamente, poiché si appoggiavano a chassis in graphite.

Il TD-S Cu fu una rivoluzione, la bobina larga permetteva di bilanciare la diminuzione del rapporto di recupero rendendo alla fin fine la quantità di filo avvolto pari a quella espressa da mulinelli più veloci e con bobine più piccole. Il tutto esprimeva perà un altro pregio: la meccanica più lenta equivaleva a “mettere le ridotte” sul mulinello. Il recupero appariva molto più sciolto e piano piano sui campi gara sia della trota lago, sia della pesca al colpo,  cominciò a vedersi molto meno quel gesto che ai più giovani non è noto, il pompaggio con la canna. Il recupero era talmente liscio che bastava tenere la canna bassa e leggermente angolata per macinare metri soltanto agendo di manovella.

La meccanica stessa era supportata da una robusta struttura in duralluminio, questi mulinelli non erano longevi, erano eterni e tra gli appassionati sono tuttora oggetto di culto e collezione dopo 20 anni. Tutti questi pregi dovevano fare i conti con lo stato dell’arte della tecnologia che in quel preciso momento storico non permetteva strutture pressofuse snelle: questi mulinelli avevano  un peso modesto per quei tempi ed un ingombro tuttavia contenuto ma non si prestavano ancora al passaggio generazionale che poi avvenne con l’infinity Q. L’infinity Q assommava ai pregi precedenti una struttura del corpo dagli ingombri contenutissimi e dal peso molto basso. Il vecchio grigione si attestava sui 280 grammi per la versione 3000 contro i 360 del vecchio TD-S Cu 3003 . Questo consentì in quel periodo una diffusione molto maggiore della taglia 3000 laddove erano storicamente richiesti mulinelli piccoli per contenere il peso. Fu così che si comincio ad assistere alla comparsa sempre più frequente di mega-bobine in tecniche di pesca dove queste effettivamente potevano esprimere un certo vantaggio, senza dover necessariamente essere soggette a pesi importanti del mulinello.  Una bobina larga, fatto salvo i vantaggi espressi fino a questo punto, regala una grande fluidità d’uscita del filo e lo stressa globalmente meno, contribuendo ancora una volta ad un’azione di pesca il più possibile lineare.

Detto questo, i nuovi infinity Q-A, escono a 8 anni di distanza dai vecchi Infinity Q segno che i tempi sono maturi per un’altra ondata di novità tecnologiche volte a migliorare in modo sostanziale il successo avuto da questo mulinello ed a proseguirne il riconoscimento in termini di fiducia che i pescatori gli attribuiscono.

La bilancia ferma a 285 grammi: è un peso  che non si discosta di molto dal vecchio modello e che non dice molto in pesca in termini pratici. La prima novità di cui parlare è il rotore: è in materiale composito ed ha un design piuttosto bilanciato in ragione di una disposizione delle masse più razionale.  Per questa ragione possiede un inerzia rotazionale molto bassa comparata al passato. Lo spunto della manovella migliora molto a vuoto in modo sensibile. Gli spinnofili e gli agonisti di trota lago apprezzerano molto questa caratteristica. Il disegno della carcassa è praticamente invariato, si arricchisce però di guarnizioni di tenuta in punti sensibili di congiunzione. Mantiene l’architettura che basa l’allineamento della meccanica sotto sforzo sugli “engine-plates” due piastre di rinforzo parallele alla ruota dicomando e ortogonali al pignone che con la loro rigidità garantiscono una longevità ancor più elevata del treno di ingranaggi. Questi sono un evoluzione rispetto al concetto digigear precedente: il nuovo ingranamento è Tought drive gear e consiste nell’ispessimento della ruota di comando e nell’aumento della profondità di intaglio dei denti su di essa. Ulteriore novità è l’estensione anche su questo modello del concetto “mag-sealed”. Il pratica sul cuscinetto di rotazione del rotore è stata applicata una struttura a tenuta stagna in cui l’alberino è flottante all’interno ed è immerso in una soluzione d’olio magnetizzato che protegge la meccanica interna da corrosione ed umidità. L’ingresso dell’alberino del corpo è l’unico vero punto debole di un mulinello, con l’utilizzo di questo concetto viene eliminato il problema.

In pesca ho potuto apprezzare un altro dettaglio che in prima battuta mi era sfuggito: ho sempre pensato che la frizione di un infinity fosse un punto d’arrivo da cui tecnologicamente non aspettarsi nessun ulteriore miglioramento nei dieci anni successivi: sbagliavo. I nuovi modelli UTD di frizione mantengono la vecchia modulabilità e scorrevolezza ma aggiungono ad essa uno spunto sorprendente: praticamente l’attrito di primo distacco è inesistente. Ciò è vitale quando si devono gestire finali dello 0.08 con la frizione ben tarata e l’archetto chiuso come per esempio avviene nella pesca in scogliera. Il mulinello è arrivato alla fine della “test session” di pesca invernale a bolognese senza nessun commento negativo. Non ha problematiche di alcun tipo con il freddo e mantiene scorrevolezza e fluidità anche nei combattimenti più impegnativi con pesci presi a lunga distanza o in acque profonde. Si posiziona su una fascia di mercato , quella dei 300/350 euro (street price non valori di catalogo) che pretende il massimo ed in questo caso le pretese non sono disattese. In tutta franchezza, auguro a questo mulinello che contiene lo stato dell’arte attuale della tecnologia altrettanta longevità rispetto al suo predecessore, farà compagnia ai nonni nella sacca delle canne per lungo tempo.


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