Racconti

Purezza... mezza bellezza

Di Massimo Zelli pubblicato il 08/10/12

In estate non riesco mai a pescare soltanto sui cavedani. E’ un fatto acclarato che qualunque cosa inventi gli ospiti a tavola sono tanti e diversi. Non c'è verso. C' è sempre qualche pesce di disturbo che da noia:  leggi gardon, triotti, breme etc... Domenica era il giorno ideale per provare. Era il giorno per provare una delle poche salvezze che annualmente si propongono in un periodo nel quale l’uva non è ancora pronta per essere la linea di separazione tra il cavedano e il resto del mondo ittico.

Siamo a pesca solo in due, io ed un amico con il quale parlo spesso, non peschiamo quasi mai insieme: abbiamo orari diversi, età diverse e purtroppo non sono in pensione come lui. Il caso vuole che oggi ci sia occasione di scambiare quattro chiacchiere di persona anche se ad una trentina di metri di distanza come minimo. E’ uno della vecchia guardia lui, non ama affatto pescare a spalla: quando pesca,  pesca. Non possiede quelle tipiche vie di mezzo che a me piacciono quando la pescata diventa la scusa per una baraccata tra amici. Non so se è meglio o se è peggio a me la cosa non da fastidio per nulla:  prendo più pesce io , prende più pesce lui e stradafacendo ce la raccontiamo anche se “a strilli” e non a sussuri. La mente è sgombra, l'aria un po' troppo calda ma basta fare il primo lancio e tutto l'intorno si può ignorare concentrandosi sul punto di convergenza: quell'antenna fina e brillante che cammina mansueta davanti a noi. Non mi interessa provare a farne un vagone, oggi vorrei vedere poche mangiate, ma di quelle che dico io. E’ ovvio che si prenda un sacco di pesce oggi, è agosto, l'acqua è perfetta, la luce è perfetta, ci saranno in attività tutti i pesci del creato più le formiche, i ragni, gli insetti acquatici e chi più ne ha più ne metta... ovvio che oggi mangia. Non v'è dubbio.

La paura che ho è che mangerà pure  troppo,  lascio volutamente la pastura in macchina: questo già può essere un passo per circoscrivere il volume di catture.  Guardo i cespugli di more che sfiorano l'acqua... il pensiero si concretizza in quei bei chicchi. Sono maturi al punto giusto: alcune sono ancora rosse, altre sono ancora dure. Mi prendo il tempo di una sigaretta per fare una trentina di bacche della consistenza giusta: quelle più morbide ma non troppo.

E’ importante che la mora sia morbida, non soltanto perchè è più catturante e si ha qualche mangiata in più ma anche per una questione di ferrata. L’amo deve poter uscire in un tempo minimo senza incontrare ostacoli. Una bacca dura farebbe perdere qualche pesce di troppo. So già che sopra le more arriveranno dei cavedani, forse qualche carpa ma  tentatare l'onnivoro per eccellenza partendo dal dolce è un “caffè” che mi sveglia più di quello preso qualche minuto fà al solito baretto del paese aperto la mattina presto. L'acqua va da 5 grammi: non ho il problema di saltare i pesci  "di fondo" perchè su quest’esca molti degli indesiderati mangiano soltanto in maniera casuale ed anche rara. Uso una lenza che va proprio da 5 grammi quindi, senza dover inventare nulla di particolare perchè la presentazione sia morbida o leggera o di volata.  Il bello della pesca con la frutta è che soltanto pesci con un lungo trascorso alle spalle fatto di memoria genetica e fisica possono apprezzare certi bocconi.

La breme è un pesce troppo recente come introduzione per lasciarsi ingolosire: probabilmente mangerebbe volentieri anche lei sia la mora, che l’uva, che il sambuco ma non avendo memoria non riconosce queste bacche molto facilmente (e spero che continui a mangiare altro fin quando sarò in grado di tenere una canna in mano) . Per di più dove pesco oggi non ne ho ancora mai avvistate. Il bello della Livenza è che fin’ora il pesce di disturbo è soltanto il carassio, l’alborella, il triotto e la scardola. Il  triotto ha  la bocca troppo piccola per mangaire un acino o una bacca corposa. Mi spiace soltanto per il pigo ma non si può avere tutto la vita.

Resta tra i papabili la carpa:   difficilmente essa mangia in passata a scorrere, posso tranquillamente dire che a meno di allineamenti cosmici particolarmente avversi oggi dovrei essere monopesca. Mi aspetta il mio caro, vecchio, inconfondible, intramontabile, incubo preferito.  La spallinata parte con dei numero 9 ed è una 3x3. La distanza tra i primi due pallini è di circa 18 cm e la  piombatura si sviluppa per un totale di 140 cm. Il finale è lungo 60 cm e porta un pallino del 10 a metà . Tutto perfetto per innescare un bigattino su un’amo del 23. Tutto sbagliato per pescare con le bacche. Questa finezza non è richiesta affatto. Avevo una lenza pronta e la faccio andare bene, tutto qui: stringo tutta la spallinata in meno di 40 cm. Sostituisco il finale dello 0,09 con un più adeguato 0,14 dotato di tubertini 229 n°8, lunghezza 30 cm.  Un torpille secca ed un finale adeguato con un pallino a metà farebbero meglio il  nostro gioco: rifare una lenza oggi che non voglio rotture di pal ... pebre è fuori discussione.

Che il veneto sia un territorio molto religioso l’ho imparato dalla convinzione, la fantasia e la frequenza con la quale la gente bestemmia. In talune persone di particolari zone geografiche nonchè di particolare ignoranza è quasi un intercalare: come per gli inglesi “well” o per gli americani “you know”. Personalmente detesto questi comportamenti, non per la mia particolare sensibilità religiosa, ma per quella artistica una bestemmia deve avere una certa tonalità un certa verve, nonchè una certa motivazione. Usarle a sproposito ne svilisce i contenuti ed il valore.  Il numero di campanili è un’altro indicatore della religiosità dei Veneti  per chi volesse soddisfare le proprie curiosità statistiche.

 I campanili del sile oramai li conosco a mena dito mentre quelli della Livenza a volte li dimentico.  Il campanaro stamattina  trilla come una iena : non ho mai capito se è per richiamare i fedeli oppure convincere i non fedeli a convertirsi rompendogli i le pal ... pebre a morte.  Per un’attimo immaggino la scenetta di una campana di 500 Kg che cade giù per la tromba del campanile intrappolando il campanaro poi però penso che oggi sono tutte elettroazionate e quindi non colpirebbe nessuno ... magari non direttamente ma di rimbalzo chissà.... Mi limito  a tirare  quattro "berci" per dirgli che ho capito e un'altro paio a santa rita e san giuseppe falegname perchè il cassettino in legno del panchetto s'è bloccato con l'umidità e non riesco a prendere l'ago innesca-vermi che uso con la mora.

In macchina ho un paio di graffette in ferro fino che si trasformano in tante cose all'occorrenza. Stanghette per occhiali, fil di ferro per chiudere sacchetti, anelli per chiavi... ago innesca-vermi non era ancora successo: c’è sempre una prima volta.  Dopo poco sono in pesca. Non getto pastura. Non uso il bigattino che ho portato.  Voglio vedere due cose:  1) se il giochino oggi funziona, 2) quanto dura. Per funzionare funziona. La terza passata si trasforma in una tirata secca e continua: una partenza, non una mangiata. Il cavedano non ha cagato  di strisc...ops! Cioè, non ha calcolato minimamente l'amo tubertini 229 del numero 8 e il finale del 14.  Viene al guadino e porta alla pesa 1100. Ottimo pesce per iniziare. Dopo di lui il silenzio.

Soltanto quando decido di radunarli gettando un po 'di pastura e continuando ad usare l'esca di prima riesco ad ottenere una certa continuità. Vado avanti 4 ore buone. Le mangiate non sono tantissime c’è una affondata ogni 10-15 minuti, i pesci tuttavia rispondono bene perchè le affondate sono franche e non mi capita di sprecare bocconi perchè vengono assaggiati malamente: o va, oppure passa indenne, non ci sono vie di mezzo.  Quando tra qualche giorno arriverà il fresco mi sentirò pronto di nuovo al giochino al massacro del bigattino e della lenza farmaceutica... per adesso, divertirmi da ignorante a questo livello è un lusso che mi piace concedermi giusto per staccare da una tensione continua a pesca: è come bere vino per passione aprirei tutti i giorni un amarone o un barolo o un brunello... ma ho imparato che pasteggiare con dell’onesta barbera o un refosco vendemmiato bene ha una sua valenza ed un suo significato.

Piccola nota: il pesce in pastura è arrivato ma è solo scandagliando tratti di fiume piuttosto lunghi e variando tra linee esterne ed interne che sono riuscito a prendere qualche pesce spigolando a destra e a manca.  La piombatura per la pesca a passata con la mora l'uva i pezzi di frutta e anche la crisalide risponde ad un principio solo.  Facile, molto facile.  La lenza deve essere minimale  e non articolata per un discorso assai semplice: vi sono esche che fluttuano e seguono dinamiche di corrente complesse (leggi pane quando la pesca con esso è leggera ed eseguita con bocconi piccoli , bigattino e varianti di esso, pezzetti di verme) e vi sono altre esche che semplicemente ruzzolano sul fondo (la frutta ed altre esche pesanti)

La mora, ma ancora di più l'uva, vanno sul fondo e procedono a balzelli su di esso ruzzolando: una spallinata sarebbe assolutamente sprecata in questo frangente (non dicono che non funzioni ma una torpilla secca fa tutto e lo fa meglio)
la frutta ha un peso che in acqua ferma (chi più chi meno) è quasi neutro con tendenza ad affondare.  Nella pesca a passata in correnti superiori a 3 grammi la taratura va fatta alla perfezione poichè quel minimo di trattenuta che applichi basta a neutralizzare il tutto.

Se peschiamo in passata in correnti lente si dovrebbe  tarare il galleggiante lasciando un po di spazione nella taratura per accogliere l'esca usata. La taratura con la lenza “in ordine di marcia” cioè con l’esca, dovrebbe essere perfetta. Teniamo conto che per pescare con l'uva questa scritta sopra è la teoria.
 In realtà, la maggior parte di chi la pratica in acque profonde lascia sempre il galleggiante appena spiombato anche quando l’innesco è presente. Questo perchè avere una taratura scarsa  porta a ferrare solo quando l'affondata è netta e non sugli assaggi.
Che ci si creda o meno i cavedani assaggiano anche l'uva e riescono a spaccare l’acino senza restare ferrati (fanno la camicia pure con l'uva)

 

 


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