Racconti

Quel suono

Di Daniele Barbieri pubblicato il 14/02/14

Quel suono. Ripetitivo, antipatico, noioso… quel giorno mi sembra musica degli angeli. E’, dopo innumerevoli esami in università, giornata di pesca! Finalmente.

Le montature, già fatte la sera prima, mi danno il buongiorno. In tempo zero controllo il telefono, sia mai che i miei compagni di sventura, Federico e Riccardo, non siano ancora svegli… lo sono. Assonnati, si esprimono in lingue oramai perdute, ma sono svegli.

La moka trema, si lamenta. La capisco. E’ presto per tutti. La libero del suo contenuto, controllo l’attrezzatura, salgo in macchina, scendo, prendo il guadino (si sa mai…) e si parte. Destinazione Rozzano (MI), dove il parcheggio ed il bar di un noto centro commerciale sono pronti ad accoglierci. Arriviamo, più o meno contemporaneamente. Acquistiamo quello che ci manca in un negozio sportivo, poi partiamo. La nostra meta è il canale Muzza, canale che, scopriamo su internet, essere uno dei canali artificiali italiani con la maggiore portata d’acqua. Ottimo per le nostre leggerissime canne da spinning…

Arrivati sul posto, troviamo parcheggio poco distante, e scegliamo il nostro spot. Dopo una rapida consultazione, optiamo per uno dei 3 spot ai quali stavamo puntando. Si comincia. Siamo in corrente, quindi, sapendo che tra le prede ci dovrebbero essere cavedani, lucci, lucioperca, barbi e carpe decidiamo di insediare i predatori. Lanciamo a monte, tempo di iniziare il recupero ed il nostro artificiale è già a valle. Pazienza, vedere un pesciolino che nuota contro-corrente li attirerà (così speriamo). Il tempo passa, di pescatori vicino a noi ce ne sono pochi, e ci pare peschino a fondo; ci chiediamo quale peso debbano mettere per contrastare quella corrente, che rispecchia ciò che avevamo letto prima. Dopo qualche ora di tentativi più o meno infruttuosi, tutti e 3 decidiamo di cambiare qualcosa. I miei due compagni di sventura indossano i waders e tentano di addentrarsi nel canale, io cambio esca e posiziono un minnow 10cm testa rossa. Il mio lancio è simile a tutti gli altri, leggermente spostato a monte, frenato in ricaduta, col recupero iniziato immediatamente, alternato lento e più rapido. Improvvisamente, un peso notevole mi inclina la canna. Cerco di seguire il filo con lo sguardo, e scopro che l’esca è in corrente. “Peccato, ci speravo stavolta” penso tra me e me. Recupero. Il più vicino a me dei miei colleghi, Federico, mi guarda con aria strana e mi chiama ad alta voce. Recupero ancora. Gli dico, con sicurezza, “non c’è nulla attaccato, o è la corrente o ho incastrato da qualche parte”, come già ci era capitato. Continuo a recuperare, e il cimino dà degli strapponi irregolari. Strano, dico io. Molto strano, dice Federico. Si avvicina anche Riccardo. Mentre la mia esca si è avvicinata alla riva, siamo tutti e tre a controllare cosa ci sia che non va. E, dal nulla, qualcosa scalcia l’acqua.

Incredibile ma vero, non era un ramo.

Completiamo le operazioni di recupero con la massima cura. Il cavedano ha assaggiato il mio artificiale solo sulla coda, ma si è agganciato per bene. Foto di rito, misura empirica (circa 1,5 kg, circa 35/40 cm) e poi lo riaffido a Federico che lo rimetterà rispettosamente in acqua, avendo su i waders. Non appena sente il suo elemento, il cavedano fugge di corsa, non facciamo nemmeno in tempo a filmare la sua ossigenazione con una telecamera subacquea che avevamo dietro. Peccato.

L’emozione è tale da impedirmi di pescare per la mezz’oretta successiva. Continuo a ripensare a quel cavedano cicciotto, chissà perché era lì, chissà come ha fatto a vedere la mia esca, chissà perché non ha lottato… sono le principali domande che mi pongo. Ricevo i complimenti dagli amici, e riprendo a pescare. Quando però vediamo che la giornata volge al termine, e l’unica cattura è stata quella, ecco il secondo colpo di genio; in un corso d’acqua poco distante, è pieno di alborelle. Divertiamoci, dicono loro.

Filo, cagnotto, qualche piombino per far scendere il tutto, e siamo in lotta. Subito prendono entrambi, io no. Alla fine saranno 7 le alborelle prese, ovviamente rilasciate immediatamente. Ma io non ne ho presa nemmeno una. Mi sento dire, e rinfacciare ancora oggi: “se non prendi le alborelle non sei un pescatore!”. Vero, probabilmente. Ma, dopo aver scoperto che degli animali, criminali, recentemente hanno sversato rifiuti nel Muzza causando la morte di centinaia di carpe, siluri e tutto il resto, sono contento di aver preso Big Mama, di averla conosciuta almeno per qualche istante.

Per le alborelle, imparerò.


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