Itinerari Italia

Riserva No-Kill del fiume Cavaliere - Quando una favola diventa realtà

Di Luigi Colucci pubblicato il 26/06/13

Se un giorno davanti al bar parlando delle solite sbruffonate da pescatori vi raccontassero la storia di un fiume a carattere torrentizio, un tipico fiumiciattolo appenninico che per anni è stato vessato da diverse forme di inquinamento ma dove ancora schiude l’Ephemera Danica, la regina delle effimere e simbolo della Pam Italiana. Se vi raccontassero che tale fiume è lungo forse meno di una trentina di chilometri e che oltre mille insetti acquatici lo infestano nelle sere di giugno e dove si prendono ancora, e nonostante tutto, trote selvatiche lunghe anche 70cm e che superano i 2kg di peso? Un fiume dove la media delle catture si aggira sui 50 centimetri? E se aggiungessero che tali trote enormi vivono in branco, al contrario di ogni legge della natura che vuole la trota selvatica un pesce territoriale, e vi raccontassero che su una lama tali pesci mostruosi anziché inseguire alborelle e vaironi, preferiscono starsene pinna a pinna una accanto all’altra a magiare tranquille ogni sorta di moscerino minuscolo che passa a pelo d’acqua? E se vi raccontassero che quando allamati questi pesci il più delle volte compiono combattimenti assurdi, saltano fuori dall’acqua come salmoni, vi portano via filo e backing dal mulinello e tranciano via lo 0,18mm come fosse un filo di seta?

…ecco se vi raccontassero una storia così cosa pensereste?
E’ quello che hanno raccontato tempo fa a me davanti al bar, e quando ho sentito questa storia ovviamente l’ho presa come la classica “balla” del pescatore sbruffone che ingigantisce le cose. La più classica delle sbruffonerie.
Eppure sono qui oggi a raccontarvi la storia di un fiume senza tempo, un posto senza eguali, qualcosa che, io stesso faccio fatica a descrivervi perché entrerei immediatamente nella categoria dei pescatori che raccontano frottole… quasi me ne vergogno. Ma c’è poco da fare, se non mi credete non vi resta che andare sul fiume Cavaliare a Macchia di Isernia in Molise, parcheggiare in piazza sotto le mura del castello Normanno di epoca medievale, entrare nel bar e fare il permesso per il tratto no-kill gestito dall’Associazione Pesca Ambiente Molise, recarvi sul fiume senza troppe pretese, perché come ogni no-kill che si rispetti i pesci non sono facili, e lasciare che la giornata faccia il suo corso… alla sera potreste tornare alla macchina sconvolti da ciò che ha attaccato il vostro amo e da quanti pesci NON siete riusciti a portare a guadino e fotografare.

Un’avventura da ricordare

Dopo questo preambolo voglio narrarvi quanto è accaduto a me e ai miei amici di pesca solo poche settimane fa perciò occhio alle foto e al video qui riportati.
Siamo partiti da Avellino io e il caro amico di avventure Antonio Centrella (autore di molte delle foto equi presenti e di alcune scene del filmato) verso le 7.30 di mattina, in meno di due ore siamo arrivati in piazza a Macchia d’Isernia dove ci attendeva un altro amico che da tempo vive anche lui ad Avellino, Americano D.O.C. della Louisiana ma innamorato dell’Italia e della pesca a mosca… il mitico Douglas J.Rhodes. Preso il caffè e pagato il permesso giornaliero di 15 euro, Douglas ci ha portati sul fiume e ci ha fatto da guida mostrandoci dove parcheggiare e come raggiungere il fiume. In verità la zona è ampiamente tabellata e sul tesserino c’è una splendida mappa comoda e intuitiva che permette di raggiungere le aree di parcheggio facilmente.
Una volta sul fiume Douglas ha preferito discendere il fiume e pescare tranquillo mentre io e Antonio ci siamo dati alla risalita verso la parte alta del no-kill.
Appena visto il fiume e aver scorto la presenza di cavedani enormi, mi sono reso conto di quanto le caratteristiche del fiume, se pur non dalla portata eccezionale, fossero tipiche delle acque da ciprinidi e non da salmonidi. Pensai maliziosamente tra me e me “ecco… qua sarà difficile vedere una trota!”.
La mattinata l’abbiamo trascorsa a pescare a ninfa sotto un sole cocente, cambiando frequentemente le nostre esche perché il fiume sembrava senza vita. Le imitazioni da me costruite e che utilizzo spesso pescando in high-sticking per la prima volta facevano cilecca… il nulla cosmico! Ecco che tutte le “balle” raccontatemi mi tornavano alla mente e ovviamente ero praticamente pronto ad una critica feroce alla “Gordon Ramsay” su questa nuova riserva, quando dopo circa tre ore e oramai depresso, iniziai a provare dei prototipi di ninfe che avevo costruito per acque infestate dai tricotteri.
La svolta! Verso le 2 di pomeriggio aggancio la prima trota sui 30cm e fin qui nulla di notevole, poi, poco a monte in una buca fonda e corrente sostenuta ecco spuntare il primo mostro. Combattimento al limite della rottura del filo e pesce spiaggiato al volo… una bellissima trota con tre fasce nere tipiche della mediterranea del bacino del Volturno attorno ai 50 cm, ma larga come una botte. Guardandola mi chiedevo se ci fosse un addetto che veniva un paio di volte alla settimana a lanciare del pellet alle trote come si fa negli allevamenti, perché vi giuro era larga e pesante da non credere. Aveva delle pinne pettorali che sembravano ali, lunghe 5/6 cm senza ombra di segni causati da traumi da allevamento. Pesce selvatico in tutto e per tutto.
…Forse al Bar non mi avevano proprio preso in giro…
La giornata continuò risalendo e agganciando pesci per tutto il pomeriggio, molti dei quali saltavano come matti tentando di tuffarsi nei cespugli a bordo riva (e ci riuscivano spesso) altri che conoscevano ogni sasso e ogni radice dove tranciare il filo e altri ancora che tiravano con una forza tale e con una costanza nella trazione da non poter far altro che pregare di non rompere anche l’attrezzatura… è così che fino alle 6 di sera abbiamo perso la maggior parte dei pezzi grossi.
Tornati alla macchina lascio la canna 9.6 per coda 4 con cui ho pescato a ninfa e prendo la 8.6 con coda 3 per vedere cosa accadeva la sera durante la schiusa. Antonio più incredulo di me e con meno catture di me alle spalle decide di divertirsi a Tenkara. Da diversi anni ormai pratica questa disciplina sulle acque del sud Italia maneggiando attrezzature Giapponesi come fossero giocattoli ma che, ad onor del vero, danno delle soddisfazioni immense e dopo averlo visto più volte all’opera penso che presto vi racconterò qualcosa sulla Tenkara.
Tornando a noi, montate le nuove attrezzature andammo sul fiume e come da indicazioni, ecco che i pesci sono tutti in attività e fino alle 9 di sera ci sono tre ore buone di divertimento.
Risaliamo di nuovo gli spot della mattinata e là dove il fiume sembrava morto, d’improvviso si era animato di mille bollate e mille pesci di ogni stazza, ma soprattutto di pezzi dai 50cm in su tutti in fila lungo le correnti o ai bordi della lame che bollavano su una schiusa mista di piccole effimere e tricotteri. Placidamente venivano fuori dall’acqua con tutta la testa e spesso con tutta la schiena a mò di piccoli squali famelici… uno spettacolo mozzafiato. Io decido di battere un calmo e lento sopra-briglia da solo, mentre Antonio 100 mt da me sta insegnando alle trote di una lama un po’ più bassa e meno cespugliosa, quali sono gli insetti muniti di amo che farebbero bene a non mangiare!
Io inizio studiando la situazione, monto un terminale dello 0,16mm ma molto robusto e scelgo un’emergentina di effimera su amo del 16. Punto la prima “trotona” ultima del branco e più vicina a me per evitare che ferrandola mi disturbi le altre poco più a monte e quindi di rovinare lo spot.
Armato di belle speranze e di una attrezzatura di cui mi fidavo lancio senza troppe pretese… passata della mosca a pelo d’acqua ed ecco che l’avversaria sale su come se nulla fosse a prender la mia imitazione. Ferro e… boooom, l’acqua esplode! Salti di 1 metro fuori dall’acqua, la canna piegata fino al manico, il pesce che tira senza sosta saltando verso i rami che sporgono sull’acqua risalendo la corrente. Riesco a tenerlo ed ecco che cambia strategia, giù a capofitto verso un albero sommerso, intuisco la manovra abbasso la canna col cimino nell’acqua e tiro al limite della tenuta del filo ma testata dopo testata, centimetro di coda dopo centimetro ceduto sento qualcosa toccare il filo… la radice! Ennesima testata e filo tranciato… Delusione immensa… depressione alle stelle. Mi siedo a bordo fiume e cerco di capire cosa fare mentre la scena si ripete nella mia mente. Nel frattempo nella lama tutto tace e i pesci hanno smesso di bollare dal gran baccano del combattimento. Resto seduto e decido di aspettare… è ancora presto, non sono neanche le 8.00 di sera e mi auguro che torneranno a bollare.
Detto fatto, ecco che nello stesso punto, un metro più su, inizia a bollare la sorella gemella di quel pesce mostruoso allamato poco prima. Rifaccio il terminale, rimonto lo 0,16 che aveva tenuto bene se non fosse stato per la radice e di nuovo un’emergentina come esca. Ai primi lanci non risponde e decido di passare ad un’emergente su amo del 18. Pensavo tra me e me: “questa volta la inseguo e la guadino prima che gli vengano in mente strane idee!”.
Lancio e immediatamente la scena si ripete. Bollata, ferrata, salti a risalire verso la sponda e i rami a pelo d’acqua, io stavolta avanzo in acqua seguendola e senza cedere filo, arriva il cambio di strategia, fuga verso l’albero sommerso e le radici ma ormai io sono a pochi metri, mi vede e capisce che sotto l’albero non riuscirà ad arrivare e allora… cambia idea, risale verso un angolo della sponda opposta dove scorgo la rete metallica di quei famosi “gabbioni” pieni di massi che vengono costruiti per arginare il fiume al posto dello squallido cemento dell’edilizia fluviale post anni 50. La trota punta dritta verso la rete metallica, io inizio a correrle dietro non potendola forzare di più perché ero di nuovo al limite della tenuta del filo ed ecco che le sono a poco più di un metro. Ma sorpresa delle sorprese, la trota dinnanzi ai miei occhi basiti si infila a pelo d’acqua e di muso in uno dei buchi della rete e inizia a scuotere la testa con violenza…prima, seconda, terza testata e il filo cede!
Tutt’oggi provo un profondo senso di vergogna a raccontare questa storia perché assomiglia tanto alle famose “balle” ed esagerazioni che mi raccontavano al bar… e ci somiglia talmente tanto da aver capito da quel momento in poi che non erano frottole. In questo fiume i pesci sono eccezionali. Combattenti degni di memoria, pesci instancabili e cattivi come pochi dove prenderne uno significa aver vinto una vera e propria battaglia che ti tornerà alla mente ancora e ancora per molto tempo.
Sinceramente ricordo molto di più i pesci che non sono riuscito a fotografare, di quelli altrettanto degni di rispetto che poco dopo presi sempre nello stesso luogo pescando stavolta con lo 0,18mm e con una effimera, una Olive, montata su amo del 20. Ricordo che il filo era più spesso della larghezza dell’occhiello dell’amo e che impiegai un bel pò per farcelo passare. Ricordo che Antonio era lontano e come potete vedere nel video sono stato costretto a filmare da solo i pezzi da 50 e 60 cm presi quasi col buio, poggiando la videocamera a terra e mostrandovi i pesci da un’angolazione tutt’altro che “fotogenica”.
Discendendo il fiume nel tornare alla macchina, pensavo di potermi vantare con Antonio di aver preso una 60cm a secca ed averla filmata. Un pesce da 1,5kg o più… ma Antonio e la sua diabolica Tenkara avevano fatto meglio! Un pesce da 70cm attorno ai 2kg di peso etto più, etto meno...un pesce zebrato, con tre bande nere come la pece, macchia preopercolare e pinne pettorali da quasi 10 cm. Il famoso “pesce della vita” quello che si racconta ai nipotini al posto delle favole prima di addormentarli.
Un pesce da favola…in un fiume da favola…

Info e Viabilità

Per informazioni sulla viabilità, come raggiungere il fiume, il costo dei permessi, gli alloggi e quant’altro consultate il sito dell’Associane qui -> http://www.pescaambientemolise.org/index.html


Il video lo trovate a questo link -> https://www.youtube.com/watch?v=l2OAtgBSedk





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