Tecniche

Serra e Lecce con il vivo 1° parte di 2.

Di Roberto Ripamonti pubblicato il 27/10/09

 

Trainare per lecce e pesci serra con il vivo sta diventando una sorta di fissazione anche se ammetto che ogni stagione si fa più difficile perché al progressivo diminuire della presenza di altre specie interessanti per la pesca sportiva, sono sempre più coloro che si dedicano a questi splendidi avversari. Nonostante la aumentata presenza di angler che trainano sotto costa nella speranza di uno strike, le cose rimangono comunque sostanzialmente positive per cui è ancora difficile trascorrere un pomeriggio senza perlomeno vedere l’attacco di uno di questi predatori e sentire la frizione che parte d’improvviso. Poi vi sono le giornate speciali e d’improvviso, anche il tratto di mare che sembrava quasi morto, regala attacchi con buona continuità e emozioni davvero uniche. Parlare di lecce e di pesci serra, seppur nelle forti differenze che esistono tra questi due predatori, significa entrare in un sistema di pesca simile, spesso identico e dal quale ogni attacco lascia inizialmente con il dubbio. E’ questione di pochi secondi per arrivare a capire cosa sta attaccando il malcapitato pesce esca ma, quegli istanti sono un concentrato di emozioni che spesso è difficile riuscire a descrivere pienamente. Si tratta di una pesca prevalentemente costiera e nei pressi delle foci di corsi d’acqua o lagune anche se, soprattutto per i serra, la loro presenza è oramai estesa a tutte le linee costiere.

 

L’attrezzatura di base.

Serra e leccia amia sono pesci di alto valore sportivo e la bellezza della loro pesca sta nell’impiego di attrezzature adeguate ed in grado di rendere il combattimento emozionante e su un piano quasi paritetico sebbene questo sia quasi impossibile visto che noi abbiamo canne, frizione, motore e guadino mentre loro si debbono solo affidare alle pinne e null’altro. Ma con i giusti attrezzi è veramente possibile trascorrere alcune ore emozionanti a pochi metri dalla costa e con pochi accessori. Dopo aver iniziato a pescare con canne da 30 libbre e analoghi mulinelli, mi sono reso conto che era davvero possibile vivere una giornata di pesca in piena tranquillità anche affidandosi a modelli più leggeri e disegnati in modo differente rispetto alle classiche canne da traina da 6-7 piedi. Per questa ragione già tre anni fa misi gli occhi su modelli di canna da almeno 8 - 8 ½ ft che meglio di tante altre si prestavano all’azione di pesca che intendevo portare avanti. Il modello di canna che mi interessava doveva avere le seguenti caratteristiche;

-          lunghezza 2,40 – 2,70 m

-          potenza 12- 20 libbre

-          azione potente di punta ma con cimino morbido

-          possibilità di utilizzare intrecciati

 Attualmente, per quel che ho potuto vedere vagando per cataloghi e negozi, vi sono alcuni modelli interessanti che centrano perfettamente le mie pretese e sono prodotte da Penn attraverso la linea Dynabraid, la Fox International con il modello Braidbuster ed alcuni modelli di Eurostar.

Anche sui mulinelli ho fatto un passo indietro per cui sono arrivato ad una coppia di 15 libbre  che fino ad oggi non hanno fatto egregiamente il loro dovere senza farmi rimpiangere i 30 libbre con cui avevo avuto ottimi risultati negli anni passati. Semmai il discorso si amplia nella scelta tra treccia e nailon e qui mi trovo in mezzo al guado perché non ho ancora trovato abbastanza punti a sfavore del nailon oppure, a farmi preferire il dyneema. Vediamo quindi alcuni pro e i relativi “contro” a giustificare questa titubanza.

-          Ferrata. Vince chiaramente il dyneema sia pescando a galla che in profondità con piombo guardiano. Le mangiate sono dirette e  l’amo  penetra in profondità con facilità. La reazione sulla treccia è spesso furibonda se non abbiamo accumulato esperienze per cui occhio alla prima grande fuga.

-          Combattimento. Qui subentrano i gusti e le esperienze personali. Il nailon regala un piacere vecchio che sa di pesca, non fa rumore se non il suo fruscio che attraversa gli anelli ed ammortizza da solo gran parte degli errori. In queste fasi il dyneema nelle sue varie forme è violento, la canne subisce traumi continui e la frizione fatica a distribuire lenza quando necessario. Le spire intrappolate sono un rischio sempre presente per cui bisogna avere confidenza con il mulinello e mantenere la tensione di recupero per una distribuzione omogenea e compatta.

-          Abrasione. Vince spesso un buon nailon il quale però perde nella lotta contro il tempo per cui la sostituzione è d’obbligo almeno due volte l’anno mentre gli intrecciati, sono eterni o quasi )ma costano molto di più..)

 Vi sono poi delle sensazioni particolari che il nailon regala e la treccia no, soprattutto, quando si tratta di serra durante i tanti salti che questi sviluppano nel combattimento. Ogni evoluzione del pesce deve essere controllata mantenendo la canna bassa questo credo, sia noto a tutti ma, il nailon sembra forzare meno sulla tenuta dell’amo e fuoriesce dall’acqua più velocemente di un intrecciato che per forza di cose dovrà essere più grossolano quanto a diametri. Questa affermazione deve però essere spiegata visto che la forza del sintetico sta nel maggior carico a parità di diametro. Questo è indiscutibile ma trova un grosso limite nei mulinelli a bobina rotante e nella distribuzione delle spire durante i recuperi ed i riposizionamenti dell’esca. Questi infatti avvengono differentemente da come potremmo farlo con i piedi in secco e quindi, con la massima precisione per cui sia la tensione che la distribuzione delle spire è certamente più grossolana. Se carichiamo la bobina di un 15 libbre useremo probabilmente un monofilo di diametro compreso tra 035 e 040mm mentre con analoga resistenza, la treccia da 15-20 libbre avrà uno spessore attorno allo 020-026mm. Se proviamo a caricare un mulinello con una treccia di quel diametro, subito ci rendiamo conto di  quanto sia difficile mantenere una tensione tale che la treccia si distribuisca in modo omogeneo e compatto. Spesso infatti, alla prima trazione violenta, possiamo osservare l’intrecciato penetrare  tra le sue stesse spire bloccandosi o tagliandosi.. Quel che è peggio è che in questa situazione , il mulinello si blocca , il pesce continua a tirare e la treccia non si rompe certamente facilmente mettendoci in chiara difficoltà. Immaginiamo che questo mi sia successo su una treccia di diametro 038 sulla prima partenza di una grossa leccia che quasi mi ha tolto la canna di mano ed ecco spiegato perché se uso questo materiale la mia scelta va verso le 80 – 100 libbre costringendomi ad usare un finale in nailon da 15 metri minimo per poter operare all’interno di categorie di filo compatibili con le prede che sto cercando. Non si storca il naso davanti a questi diametri perché sono gli stessi che si usano in determinate tecniche di esca con artificiali anche in acque interne dove le prede, non sono certo potenti come quelle di mare!

 

Ferrare subito o aspettare?

Questa è una domanda sulla quale si possono sviluppare alcuni interessanti dibattiti perché ognuno ha la sua esperienza personale e spesso non è disposto a cambiare idea. Recentemente leggevo un articolo sull’argomento e mi trovavo ad essere solo parzialmente d’accordo con le teorie del collega autore che sosteneva la necessità di tenere la frizione totalmente aperta per permettere al predatore di attaccare e quindi, tornare sulla preda oramai tramortita cosa che, le ricciole fanno spesso quando attaccano grossi pesci. Ma le leccie ed i serra? Pescando con il vivo i comportamenti di serra e lecce sono abbastanza imprevedibili anche se l’azione si sviluppa quasi sempre nello stesso modo. In linea di massima infatti è possibile intuire (spesso sbagliandosi) che almeno un predatore è in avvicinamento all’esca semplicemente perché questa comincia a muoversi in modo violento trasmettendo colpi secchi sulla cima della canna. Immediatamente dopo questa fase,  ci aspettiamo l’attacco e guardano la zona in cui nuota il vivo si possono facilmente individuare spruzzi d’acqua e la stessa esca che viene colpita in modo che spesso schizza fuori in modo scomposto. La canna trasmette colpi forti e noi, non sappiamo cosa fare perché sembra quasi che i predatori stiano giocando con noi. Qui entra in gioco la nostra esperienza la scelta di avere una canna leggermente più lunga con la quale siamo più alti rispetto al piano dell’acqua e possiamo avere un contatto più diretto con il nostro terminale. La mia scelta in genere tende a cedere filo ed aspettare che il serra o la leccia prendano l’esca in bocca e si allontanino decisamente portando via lenza dalla frizione che appositamente ho aperto. Quindi entro in contatto con il pesce, chiudo parzialmente il mulinello o quanto meno, blocco la bobina con la dita e ferro un paio di volte con decisione aspettandomi la reazione. Questa è in genere, la situazione meno piacevole e più difficile da gestire perché spesso l’attacco iniziale si trasforma in rifiuto da parte dei nostri amici che si allontanano anche se l’esca viene lasciata libera di muoversi senza alcuna trazione ulteriore. A volte infatti, non appena si apre la frizione per lasciare l’esca in balia del predatore, si ottiene il rifiuto della stessa quasi che l’attacco finale scaturisca solo se si continua a trainare.

Vi sono occasioni in cui l’attacco è invece deciso e potente, in certe situazioni addirittura violento al punto che la frizione esplode in un gemito. Qui il pesce si è allamato da solo e noi possiamo solo aggiungere ulteriore pressione e confermare la ferrata. Ma, questa situazione si sviluppa solo se inizialmente abbiamo predisposto la frizione del mulinello in modo da avere una certa resistenza che aiuti l’autoferrata cosa assai più difficile se , avessimo lasciato la frizione troppo aperta. La risposta, dal mio punto di vista è quindi “frizione abbastanza chiusa” fermo restando che dovremo prendere la canna in mano ed aprirla non appena andremo a vivere la prima situazione descritta.

 

Comportamento durante il combattimento.

Tra lecce e serra , fatta eccezione una prima fase di dubbio, le differenze sono notevoli.

La leccia ,  che è animale che raggiunge dimensioni spesso fantastiche, parte subito dalla parte opposta alla direzione di moto della barca e scende in profondità portando via 30-50 metri di filo sin dal primo istante. Questa è la vera fase cruciale nella quale un nodo mal fatto fa rompere il finale oppure, una trazione eccessiva, predispone alla successiva slamata. Assecondare questa fuga iniziale in modo quasi passivo mi pare la soluzione migliore anche perché se il pesce pesa 15-20 kg non è che si possa fare molto di più. La seconda fuga della leccia è assai meno potente e il combattimento, pur sviluppandosi in profondità non presenta più reali problemi fino a quando la preda non    arriva sotto la barca. In queste fasi la stessa forma del pesce l’aiuta ad aumentare la resistenza che se è passiva e ci impedisce di sollevare si trasforma in fughe rapide e rabbiose se abbiamo avuto troppa fretta. In queste fasi basta poco a rompere il finale; un contatto con la barca, con il guadino, un nostro movimento scoordinato oppure, il non essere pronti ad aprire la frizione nel momento opportuno possono portare al disastro.

Differente è il comportamento dei serra che sono sempre piuttosto spettacolari e producono salti in sequenza. Il combattimento non si svolge in profondità se non nella fase finale in cui il serra punta qualche volta sul fondo per poi riprovare la via del verticale, quando incontra resistenza da parte nostra. Il problema principale è quindi il controllo dei salti a cui si deve reagire nell’unico modo possibile per non allentare la tensione; tenendo la canna bassa e con la cima in senso opposto a quello del salto. Se non siamo pronti a reagire e rimaniamo passivi il rischio di slamata diventa alto anche se questa situazione in verità è assai più comune pescando con il popper a galla che non con un tandem di ami.

 

nella prossima puntata: "vivo è meglio" "i rig e le montature"


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