Racconti

Sogno di un mattino di fine estate

Di Marco de Biase pubblicato il 26/09/11

Le piogge di questi giorni hanno allontanato l'estate afosa che ci accompagnato fino a metà settembre, regalandoci tanto caldo e fastidiose nottate tra cosce e zanzare, un po' come canta quel grande del Ligabue. Quando una stagione si conclude è tempo di bilanci un po' simili a quelli che un tempo si facevano presso il catasto, con l'impiegato dietro un bancone (la nostra vita) ed il contribuente (noi) in atteggiamento remissivo, quasi in preghiera, che dichiarava l'esito commerciale dell'anno precedente. La mia è ovviamente una similitudine con un ricordo tante volte raccontato da mio nonno ma proprio in questi giorni, con l'avvicinarsi delle nuvole minacciose, mi son chiesto più volte un bilancio di attività piscatorie. Tra i diversi ricordi ancora fervidi nella mente è apparsa una pagina del mio diario che merita un racconto su Pescareonline. Ho voglia di raccontarlo al presente, magari con verbi sconnessi, senza una perfezione stilistica perchè forse non serve al lettore, ciò che conta è farne un report di quelli che nascono dal cuore. Poi... a dirla tutta, si è trattato di un'esperienza importante!  Non fosse altro che, proprio per l'occasione, ho indossato la nuova divisa di POL, senza cappellino però, perchè la ricrescita del mio pelo (traduzione di capello dallo spagnolo) mi impedisce di indossarne uno.

Sono le 20. Tornato a casa dopo il viaggio giornaliero da pendolare, che effettuo due volte al giorno col pullman di linea, mi precipito sul pc e cerco di ritrovare le foto delle recenti battute di pesca in mare. Tra queste scorgo il folder "sabato a mattinata" che racconta proprio il mio primo approccio ad un porticciolo grazioso, quasi da cartolina, con un carattere paesaggistico simile alla costa Amalfitana. Ci troviamo sul Garano, a Mattinata, a due passi da Monte Sant'Angelo dove riposa Padre Pio. Oltre all'itinerario storico-religioso, il Gargano è un paradiso pugliese patrimonio dell'umanità. Località rinomate come la Baia delle Zagare, Pugnochiuso, Rodi Garganico, Vieste e Peschici sono più che meraviglie per i turisti estivi. Come succede in tutte le località balneari, i lidi e le scogliere del Gargano sono deserti in inverno, primavera ed autunno, mentre conoscono un improvviso picco di presenze in estate. Questa è una circostanza favorevole per il pescasportivo che può sicuramente approfittare della vasta disponibilità di spot.

Le ferie di settembre sono state quest'anno un vero e proprio toccasana. Dopo mesi di lavoro ininterrotto, con la stanchezza alle stelle, era davvero necessario staccare per un po' per dedicarsi alla propria passione e dormire... riposare... dormire. L'occasione per riscoprire questo lembo di costa del nord della Puglia non si è fatta attendere. Il papy (non lui, ma mio padre naturale) è impegnato in un'attività lavorativa a Manfredonia tre giorni a settimana e decido di farmi avanti per approfittare dello spostamento quasi per conciliare una pescata improvvisata, anche se in realtà non è da me. Cade perfetto il primo sabato del mese, con un caldo da paura ed una lingua che "esce da fuori", diremmo dalle mie parti. Nonostante la calura e la voglia di rimanere in boxer in riva al mare decido di lasciar spazio al marketing per Pescareonline, indossando la pregevole t-shirt istituzionale, peraltro disponibile sul sito cliccando sul banner apposito. Mi sento così appartenente ad una grande famiglia, specie quando alle 8.30 del mattino arrivo sul posto, presso il molo di Mattinata, dopo aver lasciato il papy a Manfredonia. Tutti mi osservano, forse perchè sono un bel ragazzo, credo ( con dose di modestia a palate). Invece no, mi squadrano per l'arsenale da guerriglia che mi porto dietro, composto da un panchetto, un fodero  portacanne, una borsa ed un cavalletto per le foto. 

Capisco che i pescatori locali non sono molto abituati al confronto forse perchè la pesca sul Gargano è spesso dilettantistica, con i turisti che provano a passare qualche ora in riva al mare, senza lo spirito della ricerca tecnica. Ho due canne con me, una da fondo che monterò a ledgering ed una da galleggiante, la bolognese Tubertini 5EX, all-round per tante occasioni che fa spesso da apripista per itinerari sconosciuti, dove c'è da optare per un attrezzo leggero ma allo stesso tempo resistente ed affidabile. Il rondò parte con la canna da fondo, montata secondo uno standard del ledgering: pasturatore block-end a saponetta da 20 grammi, anti-tangle rigido, perlina, girella senza moschettone e terminale dello 0,12 con amo Tubertini Serie 19 n° 15. Ultimamente ci sto andando di fino, alla ricerca della regina, l'orata. Pescare con un amo tondo, piccolo e a gambo corto come il mio preferito è una scelta obbligata. Noto sempre più che il pesce vive l'ambiente acquatico con timidezza, forse perchè riceve una forte pressione piscatoria o cambia le proprie abitudini. Sono lontani gli anni '90 quando l'orata la si pescata col granchio o la cozza e l'amo del 4 o del 6. Adesso sembra che il mare sia diventato ultra-light, peggio della pesca al cavedano. Chi c'è, c'è. Chi non c'è, non c'è. E noi ci siamo. Ci regoliamo e proponiamo sempre più lenze avanguardiste, con la speranza che l'esemplare da foto abbocchi, per la gioia di tutti. 

Dopo aver riempito il pasturatore, effetto un lancio di perlustrazione, per sentire un po' la fisionomia del fondale sotto il braccio, grazie alle tensioni del monofilo che si scaricano lentamente sulla canna. Al secondo lancio lascio l'attrezzo sul treppiedi e regolo il filo con qualche giro di mulinello. Si può partire, sono le nove del mattino e ci ho messo un po' per abituarmi. La voglia di fare una pescata multicanale mi stimola con l'esperimento della bolognese, quasi da alternativa alla cannetta da fondo, lasciata lì quasi a riposo, nell'attesa che l'orata big sized possa strapparla via in mare, castigandomi per tutte le sorelle pescate nei mesi precedenti. Apro anche la bolognese da appoggiare sul panchetto tra una pausa e l'altra. In bobina ho uno 0,16 e ci monto un galleggiante a goccia da 3 grammi piombato con due semplici pallini spaccati 1,5 grammi seguiti da una girella tripla ed un lungo spezzone di 120 cm dello 0,12 , con amo del 12 serie 2 Tubertini. In realtà non so perchè ma qualcosa mi ha spinto a testare la bolognese. Avevo il sentore che le sorprese non sarebbero mancate. E così è stato...

Il caldo incalza, la temperatura supera i 35° percepiti e sembra di essere nel Sahara, con il mare come l'olio e la montagna aspra che chiede vendetta assieme agli ulivi che danzano in posa pregando per la pioggia. Mi vien voglia di buttarmi in acqua, accasciandomi su uno scoglio che violentemente mi faccia provare l'ebbrezza del gelo sulla pelle perchè è questo ciò che mi serve, nient'altro. Il brivido di adrenalina arriva in un modo diametralmente opposto, con la partenza istantanea del galleggiante alla seconda fiondata di bigattini. E' una leccia! "beh iniziamo bene" , penso. Secondo lancio, seconda attesa. Mi guardo intorno, non credo ai miei occhi. Essere in un paradiso a settembre, in un giorno di ferie a settembre, un mese con i suoi colori, col mare azzurro e la terra bruna, pronta per l'autunno. I miei pensieri sono interrotti da una seconda partenza, questa volta più deludente, trattasi di uno sparide, il classico sarago sparaglione. Ne giunge una terza, la prima vera preda del giorno, dopo una pasturazione più accurata, accompagnata da una modifica della lenza. Scorgo, infatti, alcuni movimenti in superficie e, da vecchio lupo di mare, comprendo che qualche aguglia si sta divertendo sotto il mio naso. La profondità ora è minima, quasi al metro e mezzo, con una lenza che scende vorticosamente verso il fondo, ma che spiomba se intercettata dal piccolo pesce col becco allungato. Improvvisamente , dopo la distesa della lenza sulla superficie, il galleggiante stara. Tac! Presa, è lei. Vola, saltella, si dimena. Alla fine ho la meglio su di lei e la slamo accuratamente. Prima di rimetterla in acqua tento almeno 5 pose con l'autoscatto, sperando un risultato gradevole per tutti gli amici di Pescareonline ed il caro Gionata. 

Dove eravamo? Ah si... certo. Si continua con una seconda aguglia, un po' più piccola che merita la libertà immediata. Poi una terza di taglia ridotta. Non importa, il carosello deve ancora arrivare ma i segnali premonitori sono buoni. Improvvisamente vedo una zuccata sulla punta della tre pezzi! Sono seduto sul panchetto ed ho la bolognese sotto il braccio, mi è impossibile catapultarmi verso la feeder rod a due passi da me ma faccio la pazzia con uno scatto felino. Alla ferrata ampia segue un'azione di pompaggio blanda, abbastanza leggera. Comprendo che non si tratta del solito pesciotto ma di qualcosa di "bell' fatt" . Il pesce imprime alcune forti sollecitazioni, specie quando i recuperi rallentano. Ne approfitto per godermelo ancora un po', mentre qualche spettatore partecipa all'azione. Alla visione dello sparide a pelo d'acqua un cumulo di bimbi si precipita presso la mia postazione e, con tanta difficoltà, riesco a guadinare l'orata. Non per i suoi tentativi finali di fuga ma per qualche bontempone che mi ruba il guadino e si offre volontario per salpare la preda. Lasciamo stare...roba che succede solo d'estate nei moli affollati dai turisti che sembrano non aver mai visto un pesce.

"Ehi giovane ma... tu che sei della CIA?" Esordisce così un pescatore, dall'accento fortemente leccese. E' incredulo, forse per il pesce, forse per i miei tentativi di autoscatto col cavalletto per il quale sono davvero negato. Sembra non capire che quelle foto servono a qualcosa. Gli dico che "Sono un giornalista...". "Ah, ho capito. Beh e fai vedere allora bei pesci sul giornale" dice l'amico. "Non mancherò", le mie ultime parole. Si fa da parte ed osserva il mio rimettermi in moto con la canna da feeder che ahimè non riceverà più momenti di gloria. La bolognese riparte ardita verso la sfida contro le aguglie. Un primo lancio dopo la pausa-cattura manca l'obiettivo. L'aguglia segue il galleggiante nella fase di recupero, attacca l'esca ma non la ingoia. Spettacolo! Cambio il bigatto, ormai è tutto maciullato e ne servono due a bandiera, innesco classico per permettere una penetrazione efficace dell'amo nella piccola bocca del pesce. Al lancio successivo la ferrata decisa sulla spiombata del galleggiante non perdona. Un'altra aguglia che si dimena e cade vittima dell'agguato. Siamo a quota cinque se non erro. I bimbi con paletta e martello in plastica dietro di me esultano "papà, papà! L'ha preso! Ma è un pesce spada!" . Sorrido dentro me perchè in fin dei conti sono anche io uno un bambino che gioisce ad ogni cattura di un mare avaro ed ingrato che, talvolta, si ricorda di me, quando proprio non me l'aspetto. 

Cosa dire... ne prendo altre, contandone una decina con una nutrita serie di mangiate a vuoto e qualche disastrosa fuga dell'ultimo secondo sotto i miei piedi, ma il divertimento c'è. Meritatamente smonto l'arsenale e mi concedo un buon drink che ammazza la sete dal bar. Cammino tra la gente, tra le belle pupe che prendono il sole e mi guardano come se fossi un marziano. Ho sulla spalla destra il fodero e la borsa a tracolla, sulla sinistra l'appoggio per il panchetto e nella mano sinistra il nassino con i pesci che sacrificherò degnamente sulla mia tavola. Qualche volta mi sarà pure concesso! Il bar mi sembra quasi un miraggio, un'oasi in un sabato africano che è colmo di foschia da calura. Entro e chiedo al barman di donarmi una buona lattina, "bella assituata", termine quasi tecnico per il dialetto locale che merita decisamente una menzione speciale. La coca sgronda bollicine ed il ghiaccio l'accompagna nel mio stomaco, la mia mente però è ancora lì, a quei piccoli pesciotti marini che tanto mi hanno emozionato da farmi sentire ancora vivo, col loro sapore pungente dal carattere deciso. Sbrano anche una busta di patatine e bevo, dimenticando momentaneamente l'afa che attanaglia la zona. Salgo in auto e mi dirigo verso Manfredonia, il papy mi aspetta per tornare a casa dopo il suo turno in clinica.

Sembra ancora di esser lì, eppure è mezzanotte passata.

Mi chiedo; sto forse sognando?


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