Tecniche

Spigole nella bufera

Di Roberto Ripamonti pubblicato il 19/09/11

Una sessione di surf durante una mareggiata forza 5

Erano anni che aspettavo di passare un paio di giorni di surf ed avere davanti una mareggiata di quelle vere per provare a respirare nuovamente le emozioni di un tempo. I troppi impegni, le necessità di seguire altre tecniche di pesca mi hanno tenuto lontano dal surf per troppi anni e solo qualche breve vacanza nelle acque dell’Atlantico sono riuscite a mantenere alta la convinzione che la pesca dalla spiaggia è veramente una delle esperienza più emozionanti e complete che un angler possa vivere. L’autunno appena finito è stato generoso in quanto a pessime condizioni meteo e giorno dopo giorno, il perdurare di pioggia, e vento oltre ogni limite mi hanno permesso di riaffacciarmi al surf nostrano ai predatori con l’idea di mettere in atto tutte quelle strategie e tecniche abbondantemente utilizzate in acque più pescose ma altrettanto difficili da un punto di vista ambientale. Ne è scaturita una eccellente esperienza di pesca in cui il mare è stato generoso e la strategia utilizzata è apparsa quella vincente. A seguire la breve cronaca e qualche spunto di riflessione tecnica.

Un mare forza 5.

Arriviamo ad Ansedonia in maremma e ci troviamo davanti un mare tremendo con una mareggiata che da molti giorni sta flagellando le coste provocando anche qualche danno importante. L’autunno 2008 verrà ricordato certamente per le piogge torrenziali, per le numerose trombe d’aria e per una variabilità del tempo che ha lasciato poche possibilità agli amanti della pesca in genere. I fiumi sono andati presto in piena riversando nelle foci, acqua marrone e tonnellate di detriti. Per chi come il sottoscritto, erano previsti giorni di traina costiera alla leccia amia, una vera maledizione visto che l’appuntamento stagionale con questi grandi predatori è una sorta di rito a cui non voglio rinunciare. Ma la stagione è stata così perturbata da impedire anche soltanto l’idea di salire in barca per cui, serviva trovare qualche bella alternativa. Al primo posto una tanto desiderata sessione di surf ma, anche in questo caso, non una pescata alla ricerca di qualche mormora ma, solo di predatori siano essi i serra, le lecce oppure le spigole. Da qui la ricerca di un posto che mi garantisse qualche attacco e mi permettesse di pescare in una spiaggia profonda ed adatta ad una azione di pesca meno condizionata dalla mareggiata. La lunga spiaggia di Ansedonia, un tempo mia meta preferita per grossi saraghi e spigole mi era subito tornata in mente anche in considerazione dei trascorsi in Maremma quando proprio quella spiaggia mi aveva regalato super prede tra cui una spigola di oltre 8 kg e vari gronchi di oltre 5 kg. Perché no ritentare la sorte in quel posto magnifico?

Doveva solo essere e messa a punto una serie di soluzioni tecniche che servissero a fare un passo in avanti. L’idea era quella di pescare con il vivo, con i trancioni e solo in un secondo momento, avere la possibilità di innescare esche meno selettive quali i bibi. Ma questa alternativa, sarebbe stata quella della disperazione perché preferivo una bella imbiancata a qualche piccola preda insignificante. Questo anche in virtù della presenza di telecamere che riprendevano la sessione per una serie per Caccia e Pesca per la quale sto producendo una mini serie di “RR Fishing Adventures” che vedrà la luce tra qualche mese.

IL primo ostacolo da superare in queste condizioni di mare è stato quello di individuare le aree di pesca anche se la spigola è predatore della battigia e non vi è alcuna necessità di pescare oltre la linea dei 30 metri. Per questo le canne erano state posizionate davanti ad un bel canalone con una forte corrente laterale che da sinistra portava a stendere i terminali a destra. A causa della discreta vorticità e la colorazione dell’acqua era anche stato possibile non lesinare sul diametro del filo per cui, un ricco 035-040mm appariva come l’ideale per presentare le esche tenendole in acqua il tempo più lungo possibile. Soprattutto pescando con un piccolo cefalo vivo, la mia intenzione era quella di aspettare a lungo anche perché se non fosse arrivata una spigola, poteva anche farsi vivo un bel serra sebbene non avessi molte notizie di catture analoghe in quella zona.

Il Running Paternoster

In queste condizioni di elevata turbolenza credo esistano poche alternative nella scelta del terminale poiché i concetti di leggerezza propri del surf nostrano, devono essere messi da parte per fare spazio a impostazioni più tradizionali. L’unica soluzione davvero utile era quella di affidarsi allo “Short rovesciato” o anche meglio definibile come “Paternoster running rig”, prendendo a piene mani dalla tradizione britannica. Questa è praticamente la soluzione universale che, chi scrive, utilizza da almeno venti anni. Peccato verificare che ben pochi angler usano questo magnifico rig co la stessa convinzione.

Se infatti lo short tradizionale è fisso e ha il limite della rilevazione delle abboccate, la versione che sto per descrivere è assolutamente più sensibile e capace di resistere alle situazioni di corrente e moto ondoso fuori dal normale. Non a caso questa è la tecnica che utilizzo nelle acque più vorticose anche in oceano per cui, non avrei mai avuto problemi nel rimanere in pesca correttamente.

L’idea di base dello short scorrevole è quello di disporre di una base su cui collegare il piombo (rigorosamente con spike data la corrente) che rendesse quasi impossibili i grovigli.

Per questa ragione sono ricorso a piccoli trucchi che vado a descrivere con le immagini e cha partono dall’impiego dei “crimp” per diminuire al massimo i nodi e lasciare il terminale, libero e lineare quanto più è possibile.

Tutto sommato la base di partenza è data dal trave su cui collegheremo il piombo perché deve essere   in materiale abbastanza rigido da diminuire notevolmente le possibilità che il finale innescato (molto più sottile) possa aggrovigliarsi. Chiaramente, il trave dovrà essere dello stesso diametro dello shock leader.

 La teleferica.

Per il vivo e una azione di pesca a poche decine di metri dalla battigia non vi è nulla di meglio della teleferica soprattutto se adottiamo alcuni piccoli accorgimenti come ad esempio, il piombare la lenza a monte del collegamento. Questo permette un migliore scivolamento del trave e la possibilità, in presenza di spiagge più ripide. Di andare leggermente più fuori con l’esca.

Il mio trave ideale per queste situazioni non può prescindere da una lenza madre generosa  che limiti i grovigli per cui non esito a scegliere uno 040mm lungo circa 90 centimetri. Per ovviare la presenza di serra che taglierebbero senza difficoltà. Mi vedo costretto ad aggiungere un pezzo di 7 strand da 20 libbre che risulti facile da annodare e discreto nella montatura. Un buon amo dell’1 e comunque proporzionato alle dimensioni dell’esca viva, completa l’armatura. Il collegamento con il trave madre si effettua con una girella e moschettone sotto cui blocco un piombo a sfera da 25 grammi fermato con power gum oppure con qualche giro di filo di rame. Una montatura facile ed assolutamente affidabile. L’azione di pesca è assai semplice poiché si tratta di lanciare un piombo da 5 oz con tanto di spike e mettere tutto in tensione. Quindi si prende il finale con l’esca viva innescata e tramite il moschettone, la si fa scorrere verso l’acqua tenendo la canna sollevata. Tutto qui. Le mangiate dovranno sempre tenere conto che il finale è scorrevole e prima di entrare in contatto con la ipotetica preda bisogna recuperare e far arrivare i moschettone al blocco della lenza, nei paraggi del piombo. Operazione da svolgere velocemente e con delicatezza perché nel frattempo la nostra preda si sta allontanando con la malcapitata esca in bocca.

Emozione!

Una sessione di pesca dalla spiaggia spesso si traduce in una attesa lunga e inutile. Quante volte ho aspettato una singola mangiata per poi vedere vanificato tutto il mio lavoro dalla presenza improvvisa di alghe. Altre volte è invece giunto un premio, qualche volta eccezionale, sempre , tale da farmi amare questa tecnica. Anche in questa occasione le spigole non si sono fatte attendere e dopo circa un’ora di pesca, la canna con il trancio aveva subito un primo attacco e quindi una flessione più decisa. Una bella preda di quelle che non capitano troppo spesso ma, che si era difesa in modo davvero mediocre forse a causa di una ferita che aveva ancora vistosa lungo il corpo, magari a causa di un attacco o chissà cos’altro.. Poi, la seconda sorpresa; la canna con il cefalo vivo aveva subito una violenta flessione al punto da sganciare lo spike. Il tempo di recuperare in tutta fretta con il mio fidato ABU 6500 per entrare in contatto con il finale disteso in acqua con la tecnica della teleferica e comprendere che la lenza era stata messa in bando da una preda. Una seconda magnifica preda per incorniciare una giornata davvero speciale!


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