Tecniche

Spinning negli invasi delle briglie, prima parte

Di Roberto Granata pubblicato il 10/06/12

La pesca a spinning, notoriamente è praticabile in una grande varietà di ambienti. In questo e nel prossimo articolo prenderemo in considerazione gli invasi delle briglie o delle cascate che formano, appunto, uno slargo, spot ricchi di occasioni propizie come pochi altri.

CONFORMAZIONE DELL’INVASO

E’ molto importante, per affrontare con profitto questi ambienti, conoscerne la loro conformazione. Vi so-no diversi modi per farlo, tra i quali, ad esempio, esplorarli in periodi di magra. Ciò è possibile però se abbiamo a che fare con un corso d’acqua non soggetto a piene devastanti che, ovviamente, ne cambierebbero la conformazione ed, altrettanto ovviamente, se abbiamo la possibilità di recarci ogni tanto in quel luogo. Ammettendo tutto ciò, la nostra esplorazione con livelli bassi ci permette di conoscere ogni buca, ogni anfratto ed ogni piede di terra (ossia i dislivelli creati dall’erosione della corrente). Questi ultimi si rivelano spot micidiali, perché i dislivelli (soprattutto se il resto dell’invaso è abbastanza “piatto”) sono luoghi di passaggio della fauna ittica ed, al tempo stesso, di agguato per i predatori, che proprio sotto lo scalino che forma il dislivello trovano la tana per tendere le loro “scorribande” ed anche qualche angolo dove poter stazionare con corrente di minore intensità. Viceversa, se affrontiamo questi invasi con livelli piuttosto alti, è importante osservare bene il movimento dell’acqua e le vene di corrente (non soltanto quella principale). Infatti, la prima idea che salta nella testa osservando un invaso della cascata sopra-stante, soprattutto se di acqua ne scende parecchia, è quella di pescare verso la fine dell’invaso, dove la schiuma e la corrente sono quasi un ricordo. In un buon numero di occasioni la scelta si rivela azzeccata ma in altre, invece, ci meravigliamo del fatto che in “un posto così” abbiamo catturato poco o niente. A mio avviso i motivi sono essenzialmente due: od in quella zona la conformazione del fondale non era il massimo (poca acqua, nessuna vena di corrente, fondale uniforme, ecc.) oppure il livello ed il movimento dell’acqua erano tali da creare zone migliori in altri punti dell’invaso.

COGLIERE L’ATTIMO

In ogni caso, a prescindere da tutto ciò che abbiamo visto e vedremo, conviene sempre “essere i primi” a pescare in questi invasi sul finire della piena, specie se isolata e di una certa rilevanza. A volte le acque ci appaiono ancora marroni ma, ad un attento esame (meglio se immergendovi un artificiale), potrebbero essere già pescabili. Ad ingannarci è spesso il riflesso del sole e/o il suo contrasto sul fondo od, ancora, l’osservazione fatta da punti sbagliati e magari di fretta. Come detto pocanzi, poi, una piena “isolata”, cioè non collegata ad altre è di norma nettamente più proficua, perché i pesci, inizialmente un po’ “frastornati” da questa nuova situazione, risalgono nell’invaso e tendono a rimanervi, mentre in caso di piene “collega-te” fra di loro, la fauna ittica si è più abituata alla situazione e non reagisce, o reagisce in modo minore, ad una situazione che non è più una “novità”. Ma quali sono gli stimoli che i pesci “da spinning” sfoggiano du-rante queste piene? Inizialmente un po’ tutti, perché un aumento di livello spesso li porta a presagire che di lì a poco potrebbero arrivare condizioni proibitive sia per cibarsi che per “sfogarsi” in altri modi. E’ facile intuire quindi che il momento, finchè le acque rimangono pescabili, è molto redditizio e si presta all’uso di svariate tipologie di artificiali. La fase seguente è rappresentata dalla piena vera e propria, con acque a vol-te davvero impescabili, ma occhio agli angoli dell’invaso; la foce di un rigagnolo, un’insenatura più riparata delle altre ed anche un campo od un boschetto allagato possono ospitare fior di esemplari, spesso in acque decisamente meno scure. A seguire vi è poi la fase finale della piena, sicuramente la migliore. Tornano buoni spot che erano impraticabili (e che noi magari conoscevamo, come visto all’inizio), se ne sono creati altri e sono risaliti altri pesci dal corso d’acqua sottostante all’invaso, più “allupati” che mai, visto il problematico periodo che si lasciano alle spalle. Meglio di così…
Nel prossimo appuntamento continueremo il discorso su questi pescosi e fantastici ambienti.


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